Nicoletta Luppi
Leader

Famiglia, lavoro e solidarietà come mantra, i vaccini come orgoglio: la storia di Nicoletta Luppi, ad di Msd Italia

Articolo tratto dal numero di aprile 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Ama la musica, tutta la musica, ma soprattutto il rock. “Mi dà ritmo”, dice. Ama fare attività fisica in palestra o andare in bicicletta al parco – “sono modenese e per noi la bici è una specie di prolungamento delle gambe”, scherza. Ama soprattutto la sua famiglia e ama tantissimo il suo lavoro. Eppure, quando ha cominciato, Nicoletta Luppi, oggi presidente e amministratrice delegata per l’Italia di Msd, uno dei gruppi farmaceutici più grandi del pianeta (circa 1 miliardo di euro di fatturato in Italia e oltre 60 miliardi di dollari nel mondo), non avrebbe mai immaginato che sarebbe andata così.

“La mia avventura in Msd è cominciata quando stavo facendo il primo master in business amministration alla Luiss”, racconta Nicoletta. “Venivano varie aziende a presentarsi e venne anche la Msd Italia, offrendo la possibilità di fare un colloquio. Stavo finendo il master alla Luiss e contemporaneamente avevo cominciato a lavorare per una società di consulenza che mi impegnava molto. Però stavo tanto tempo sui libri e non avevo mai realmente lavorato fino ad allora. Così compilai le schede che avevano lasciato i dirigenti Msd e venni convocata per partecipare a una selezione che avrebbe potuto consentirmi di ricoprire una posizione non ben definita. Alla fine rimanemmo in due, ma l’altro finalista era un ingegnere uomo e, secondo me, era destinato a vincere facile. Direi che mi ero quasi rassegnata, tanto che andai in vacanza a Rimini con la mia famiglia. Invece, proprio mentre ero in vacanza, mi arrivò una telefonata: mi voleva incontrare il presidente e amministratore delegato dell’epoca, Umberto Mortari”.

Così, con curiosità e orgoglio Nicoletta accettò un ruolo molto diverso da quello che pensava di fare. Era stata assunta come informatrice scientifica del farmaco, la prima donna assunta in tale ruolo. Decise di lasciare la consulenza per un’opportunità che le consentiva di studiare medicina, una materia che l’ha sempre appassionata. E poi aveva finalmente la possibilità di imparare un mestiere. Addosso aveva però una grande responsabilità, perché il giudizio su di lei, unica donna, sarebbe stato decisivo per decidere se avere altre donne, in quel ruolo, in Msd.

I primi passi in Msd

“All’inizio non è stato facile: proseguendo nel mio percorso di crescita, in cui ho sempre dovuto dimostrare il doppio, sono approdata in un leadership team di soli uomini dove tutti indossavano la stessa cravatta del presidente”, racconta la manager. “C’erano anche personalità brillanti e di grande ispirazione, ma era una sorta di club. Per di più quando sono arrivata ero incinta di sette mesi, con il pancione. Devo tanto al presidente Mortari che sicuramente era molto avanti rispetto ai tempi. Se oggi mi guardo indietro, vedo che sono riuscita a realizzare quello che volevo. Il mio ideale era avere una famiglia, dei figli e un lavoro che mi avrebbe consentito di esprimere le mie potenzialità. È stato possibile in quest’azienda dai valori alti che partono dal vertice, e ho lottato perché accadesse”.

Poi però la Nicoletta circondata da uomini ha saputo farsi spazio tra loro e conquistare la vetta. “Sono cresciuta all’interno di Msd Italia”, racconta, “e mi hanno affidato prima una business unit, poi due sister company, poi ho guidato una joint venture. In seguito ho avuto l’opportunità di lasciare il business e di creare una divisione di market access and commercial operation. Mi è stato anche consentito di uscire contrattualmente da quest’azienda, pur rimanendo nel perimetro Msd, guidando per la prima volta come general manager una joint venture con Sanofi sui vaccini. Alla fine, dopo quattro anni, mi hanno richiamato qui per diventare la nuova presidente e amministratrice delegata”.

L’importanza della diversità

Ed è riuscita a finalizzare la visione corporate di un’affiliata all’insegna della massima espressione di principi come la diversità, l’equità e l’inclusione, introducendo una forte presenza femminile in azienda anche nei ruoli apicali. “Sì, però valorizzo anche la figura maschile. Per me quello che conta è la ricchezza delle diversità. Il merito è centrale, perché nel momento in cui ho persone diverse all’interno di un’organizzazione, e le faccio stare tutte quante bene, mi danno il massimo. Mi piace lavorare con un team composto da persone più differenti possibile, con esperienze diverse, che sono uno specchio della realtà che c’è fuori, perché sentire quello che c’è fuori è fondamentale per portare avanti la nostra missione straordinaria, che è quella della salute. E non si può sbagliare quando si parla di salute. Finora questo approccio della diversità e dell’inclusione ci ha premiato tantissimo”.

Msd è un’azienda moderna, molto attenta al sociale, al rapporto con i dipendenti, a quello con il territorio. In sostanza è un’azienda leader nel segmento esg e molto attenta alla cultura del give back, vissuto in due dimensioni: dall’azienda e dai suoi dipendenti. “Facciamo tanto non solo per i dipendenti, ma con i dipendenti”, dice Luppi. “Se abbiamo dei progetti distintivi di welfare è perché non solo ci riuniamo attorno al tavolo del mio leadership team, ma abbiamo il nostro gruppo che si chiama Welltogether, che raccoglie tutti gli input dai dipendenti che si impegnano volontariamente, portano delle idee e dei suggerimenti che vengono valutati ed eventualmente finanziati. In sostanza aggiungiamo molto di più rispetto a quello che già lo Stato consente. Abbiamo tantissimi progetti che vanno in questa direzione. Un esempio su tutti: assumiamo anche donne incinte e riconosciamo il congedo parentale retribuito al 100% anche per i papà”.

Sembra quasi un amarcord della sua esperienza iniziale in Msd. “Vorrei restituire quello che ho ricevuto di buono da quest’azienda”, spiega Nicoletta con un sorriso. “Insieme ai dipendenti cerchiamo di restituire anche alla comunità. Facciamo tantissime iniziative. Una per tutte? Quella per pulire Roma. Però attenzione: il nostro è un volontariato a carico dell’azienda, impegnata in prima persona. Infatti, quando i nostri dipendenti fanno attività di volontariato, sono regolarmente pagati, praticamente diventano manodopera a disposizione della comunità”.

Una passione per i vaccini

Tutte queste attività si aggiungono poi a quelle corporate. L’azienda ha inventato un farmaco contro la cecità fluviale (oncocercosi), una piaga che affligge intere popolazioni soprattutto in Africa e in America latina, che non ha lo scopo di essere commercializzato, ma semplicemente di aiutare delle popolazioni povere: l’intervento decisivo di Msd – attraverso la più longeva partenrship pubblico-privato al mondo – ha eliminato la cecità fluviale in nove paesi. E ora focus su un altro obiettivo, molto ambizioso: abbattere la mortalità materno-infantile del 70% nel mondo, con un investimento di 650 milioni di dollari in dieci anni in partnership pubblico-privato.

I vaccini, tra i tanti prodotti innovativi dell’azienda, sono quelli che indubbiamente a Nicoletta piacciono di più, perché offrono un’opportunità straordinaria. “Con l’utilizzo dei farmaci tradizionali”, spiega, “vengono sostanzialmente ripristinate le condizioni più accettabili di salute, oppure si guarisce. Invece il vaccino è quello che non ti farà mai conoscere la malattia. Non solo: mentre protegge te, protegge gli altri. Tra i tanti abbiamo anche vaccini contro il cancro, come quello contro l’epatite B e quello contro il papilloma virus. Ecco, vorrei poter dire ai miei figli e a tutti i cittadini che il nostro lavoro consentirà loro di non conoscere proprio alcune malattie”.

Investire nella salute

Risultati che nascono da un grande lavoro di ricerca finanziato con ingenti fondi. Msd fa investimenti in ricerca pari al 31% del fatturato (circa 13,5 miliardi nel mondo e oltre 100 milioni in Italia). “Attenzione”, spiega Luppi, “la ricerca è solo focalizzata sull’innovazione. Abbiamo un doppio approccio: da una parte ricerchiamo tutto ciò che c’è di innovativo e andiamo solo su piattaforme innovative; ma dall’altra parte cerchiamo di risolvere quel bisogno di salute ancora inespresso”.

A proposito di finanziamenti, forse è arrivato il momento di ripensare alle priorità in materia di spesa e di bilanci pubblici. “Investire in salute produce un impatto positivo olistico, con tante derive positive sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile”, sostiene Luppi. “Guardiamo solo all’impatto dell’innovazione farmaceutica in Italia: i risultati sono straordinari, non solo in termini di outcome clinici, grazie all’innovazione che è già in commercio, ma anche per i benefici che possono derivare per i pazienti italiani dalla sperimentazione clinica e dall’uso compassionevole dei farmaci, che rendono disponibile già oggi l’innovazione che arriverà nel futuro, per una risposta ancora più tempestiva ai bisogni di salute, anche grazie alle quasi duemila collaborazioni attive con ospedali e centri di ricerca”.

La filiera della salute è un settore ‘sano’, la cui produttività in ricerca farmacologica sta raggiungendo traguardi storici, come nel 2023, con 55 nuove molecole approvate dalla Food and Drug Administration americana, il secondo miglior risultato negli ultimi 30 anni. E gioca anche un ruolo determinante e strategico nella crescita economica del Paese, tanto che il settore farmaceutico vale almeno il 2% del Pil. Ma, nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, l’Italia deve aumentare la propria attrattività in quei settori che possono garantire un vantaggio competitivo, una crescita sostenibile nel Paese e importanti benefici per i pazienti. Secondo Nicoletta infatti, “le meritorie e apprezzate misure messe in atto, sino a ora, dal nuovo governo non sono sufficienti ed è cruciale la definizione di una nuova governance della spesa farmaceutica pubblica”.

LEGGI ANCHE: Il circolo virtuoso della salute: perché la sanità è un investimento e non un costo

La salute in Italia

Ogni anno la differenza tra la spesa effettiva e le risorse stanziate per la farmaceutica è superiore a 2 miliardi di euro, ma non certo perché spendiamo troppo, anzi. Basti pensare che la spesa farmaceutica italiana pro capite è inferiore del 22% alla media europea. Negli ultimi cinque anni è cresciuta del 2% all’anno, mentre altre voci di spesa pubblica sono aumentate del 4%; i prezzi dei farmaci sono più bassi rispetto ad altri paesi e i tempi di accesso alle nuove cure ancora troppo lunghi (14 mesi nazionali, più circa dieci mesi in media per l’introduzione nei prontuari regionali).

“Al nuovo governo riconosciamo di aver previsto, con l’ultima legge di bilancio, un significativo aumento delle risorse destinate alla Sanità pubblica”, sostiene la manager. “A differenza di altri paesi, il finanziamento straordinario che è stato allocato sulla sanità in ragione della pandemia non è stato distratto, ma è rimasto sulla sanità. E sono convinta che confronti semplicistici, come il rapporto del finanziamento della spesa sanitaria pubblica sul Pil, non siano indicatori attendibili o rappresentativi della realtà. Al tempo stesso, però, è innegabile che la crescita della spesa sanitaria pubblica in Italia sia stata inferiore, negli ultimi anni, a quella dei principali paesi dell’Unione europea: rappresenta una grave criticità anche in funzione dell’inverno demografico. La legge di bilancio 2024 ha previsto anche un ulteriore ribilanciamento dei tetti di spesa farmaceutica pubblica. Ma il peso del payback è diventato ormai insostenibile e difficilmente giustificabile alle nostre case madri. Negli ultimi sei anni, il payback a carico delle aziende farmaceutiche è stato pari a circa 7 miliardi di euro. E il 98% del payback è pagato dalle aziende a capitale estero. Il pagamento del payback è un segno tangibile del senso di responsabilità del settore e del superamento del periodo di conflittualità, a livello di ricorsi legali, che ha caratterizzato un periodo della recente storia”.

La salute ha bisogno di investimenti e di innovazione. Ma l’innovazione, al tempo stesso, ha bisogno di un ecosistema attrattivo. E Luppi ha le idee chiare sulle azioni da intraprendere per incentivare l’innovazione e consentire al comparto delle life sciences di continuare a crescere. “C’è bisogno di una visione di medio-lungo periodo per il settore delle life sciences e un impegno, condiviso e stabile, da parte del governo e dell’industria; un ambiente conducive to innovation con incentivi garantiti nel tempo; una forza lavoro talentuosa e dotata delle competenze richieste dal settore; un ambiente di ricerca & sviluppo avanzato e un’efficace protezione dei diritti di proprietà intellettuale; un contesto favorevole per partnership pubblico-privato, un ecosistema di collaborazioni intersettoriali e open innovation in network”.

La formula di Nicoletta Luppi

Ma Luppi ha le idee chiare anche su cosa bisognerebbe fare. “In quanto parte attiva e di valore dell’ecosistema della salute”, dice, “vogliamo essere anche portatori di proposte guidate da questo senso di responsabilità: chiediamo che la salute sia mantenuta in cima all’agenda politica e istituzionale. In Europa, guidando la revisione farmaceutica all’insegna del progresso, esattamente come riflesso nel position paper del governo italiano alle proposte della Commissione europea; in Italia, aumentando progressivamente le risorse destinate al Sistema sanitario nazionale, facendo leva sulle opportunità di ammodernamento e realizzando la trasformazione digitale, per fornire salute e servizi di alta qualità tempestivamente e per tutti. Auspichiamo, inoltre, l’adozione di una strategia italiana per le life sciences in grado di posizionare la ricerca e la filiera industriale sugli standard internazionali più avanzati, rendendo il Paese più attrattivo nei confronti degli investimenti esteri”.

Luppi è anche convinta che “sia necessaria la definizione di una nuova governance per il settore farmaceutico con un nuovo modello di finanziamento della spesa farmaceutica pubblica, che premi e incentivi l’innovazione, anche grazie all’inclusione dei farmaci con innovatività condizionata all’interno del Fondo per i farmaci innovativi, che è capiente. Inoltre, è necessario riconoscere nella spesa sanitaria un asset strategico per il Paese e, di conseguenza, rivedere i criteri di contabilizzazione almeno di una quota della spesa sanitaria – quella destinata all’immunizzazione – in conto capitale e non come spesa corrente perché mi vaccino oggi, per essere protetta per tutta la vita, come nel caso della prevenzione dei tumori correlati all’Hpv o nel caso della vaccinazione antipneumococcica”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .