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Cultura

Il collezionismo secondo Maurizio Canesso, tra i maggiori mercanti d’arte italiana

Corrono gli anni ’80, gli studi di economia ne farebbero un uomo della finanza. Un giorno, però,  entra in un negozio di antiquariato, ne subisce il fascino e vira verso l’arte.

Maurizio Canesso: chi è uno tra i maggiori mercanti d’arte italiana

Forte di tre decenni di attività, Maurizio Canesso brilla tra i maggiori mercanti d’arte italiana al mondo, con galleria a  Milano, a un soffio dal quartier generale di Armani (in via Borgonuovo) e a Parigi, a un minuto dal Louvre. Per festeggiare il trentennio, Canesso ha rimpatriato alcune opere che vedremo esposte nella sede di Milano dal 23 maggio e a Parigi dal 15.

Tornano a casa tele di Evaristo Baschenis, Bernardo Strozzi, Alessandro Magnasco, Gian Paolo Lomazzo, Giuseppe Bonito, Gaspare Travesi, Tanzio da Varallo e di altri mastri del Barocco e del Rinascimento italiano. Queste e altre opere sono state acquisite e poi finite in collezioni private e musei: dal Metropolitan di New York al Getty Museum di Los Angeles, Capodimonte a Napoli, Uffizi a Firenze, Gallerie dellAccademia a Venezia, Louvre a Parigi e Abu-Dhabi, tra i tanti.

Il mercato dell’arte oggi

Con Canesso facciamo il punto sulla situazione del mercato d’arte, esplorando anche temi di natura socio-economica. Perché avere un Fontana o un Baschenis in casa è privilegio per poche tasche, identifica con un battito di ciglia lo status economico di chi li possiede,  e ancor prima l’opera d’arte comunica gusti, valori, modi di essere e di vivere suggellando l’appartenenza a un’élite culturale.

Non per nulla, l’ambizione di tanti collezionisti è comparire tra i top collector delle riviste di riferimento, da ARTnews ad ArtReview o Art+Auction. Esperti di settore spiegano che in tal senso gli italiani sono discreti e riservati, non amano ‘gridare’ i propri beni.

Il 13% dei collezionisti raccoglie arte moderna

Così come statistiche spiegano che il 13% dei collezionisti raccoglie arte moderna. I vecchi maestri, quelli che riempiono le gallerie di Canesso, sono quindi una rarità. Qual è dunque l’identikit del collezionista che varca la soglia delle gallerie di Canesso? “Ama la storia, divora i libri, è incline allo scavo e al dettaglio, è schietto e deciso”, spiega il gallerista.

“Fino al 2008 le fondazioni bancarie acquistavano l’arte dei propri territori riportando opere di grandissima qualità nei luoghi dove erano nate, tutelandole dunque. Poi la crisi del 2008 ha impresso una svolta: ora le fondazioni non acquistano più in modo prioritario i beni locali. È un peccato perché le nostre città vantano validissimi pittori, magari dai nomi meno tuonanti di altri per il collezionismo internazionale ma che concorrono alla costruzione dell’identità culturale della comunità” .

A che punto è il mercato italiano

Le opere di Canesso superano i 70 anni di vita: su alcune di loro pende una spada di Damocle, una legge che è la croce dei collezionisti di casa nostra. Si tratta del meccanismo della notifica, residuo della legge Bottai del 1939, messo a punto per evitare l’espatrio di opere italiane verso la Germania di Goering.

In sintesi accade che se oggi una soprintendenza decide che un’opera è di interesse artistico e storico, la vincola. E così, per aggirare il problema, chi può sposta le opere all’estero prima del compimento dei 70 anni. “Questa è una delle restrizioni che blocca il mercato italiano, e se da un lato la clientela italiana ha possibilità di comprare sul nostro mercato a un prezzo inferiore rispetto al mercato internazionale, in compenso l’opera non potendo espatriare è limitata a  una circolazione nazionale.

Un quadro cui è vietato di superare la corona delle Alpi si rivolge a un pubblico di 60 milioni di persone, il che  è un grande impedimento. Il collezionista italiano ha a disposizione una fonte maggiore di approvvigionamento e a prezzi modici, può avere manufatti di altissima qualità a fronte di un investimento contenuto. Certo, se vuol competere col mondo intero e comprarsi un Botticelli esportabile nel mondo, deve considerare che l’investimento potrebbe arrivare ad essere fino a dieci volte tanto”.

Collezionare come investimento futuro

Collezionare bellezza procura piacere estetico, benefici emotivi e intellettuali, è inoltre un investimento che genera aspettative finanziarie.

A prescindere dalle motivazioni dacquisto, che sia per piacere personale, per prestigio sociale, investimento o speculazione finanziaria, i collezionisti fanno bene al sistema dellarte. Senza di loro le gallerie non troverebbero la propria ragion dessere,  a cascata le fiere e in primis gli artisti. Sono il motore del mercato e il mercato irrora il sistema dellarte.

Il volume d’affari dell’arte è pari a 1,46 miliardi di euro

Lindustria dellarte genera un volume daffari pari a 1,46 miliardi di euro, con un impatto complessivo economico sul Paese di 3,78 miliardi di indotto. Una filiera produttiva fatta di gallerie darte, antiquari, fiere, case dasta, allargandosi a quanti si occupano della logistica, quindi assicurazioni, restauratori, artigiani. E un mondo che conta 36 mila addetti.

Questi i dati emersi dalla una ricerca di Nomisma. L’industria dell’arte chiede però più fluidità dei processi, sburocratizzazione, in sintesi: il salto che colmi la distanza che ci separa dagli altri Paesi.

Cosa rema contro i collezionisti

Sono almeno 6 i nemici giurati dei collezionisti e più in generale del sistema dell’arte italiano. Per esempio il sistema fiscale e, più in generale, la libera circolazione delle opere darte fra Italia, UE ed extra UE, così la pensano 8 operatori d’arte su 10.

Un altro freno è costituito dallincertezza del quadro normativo sulla tutela e leccessiva burocrazia (79%), lassenza di una strategia di lungo periodo pianificata a livello nazionale (73%) e limposizione fiscale per il sistema arte (68%).

La richiesta corale è quella di semplificare la  normativa sullexport, ridurre l’Iva sulla compravendita e semplificare la  normativa sullacquisto di opere vincolate. Operazioni che darebbero ossigeno al mercato, agli artisti e allarte italiana.

Chi sono i collezionisti italiani

Quanti sono i collezionisti italiani? Non vi sono dati ufficiali, ma incrociando i dati di gallerie, fiere ed aste si deduce che siano intorno ai 7mila. Questo suggerisce Guido Guerzoni esperto di economia dell’arte,  docente alla Bocconi.

Intesa Sanpaolo ha condotto una ricerca per ricavare profili, tendenze, gusti, collocazione geografica dei collezionisti di italiani. Lo ha fatto in collaborazione con Artissima, fiera d’arte contemporanea di Torino, attingendo a un database di 4.700 persone.

Secondo quest’indagine, una bella fetta di collezioni ha un valore tra i 100mila e un milione di euro. “I collezionisti più facoltosi”, spiega Guerzoni, “investono in questi beni l’8% del patrimonio, con un 4% destinato a gioielli, preziosi, oggettistica, e il restante all’arte”.

Stando alla Barclays Ledbury Research, i paperoni cinesi stanziano per le collezioni il 17% del patrimonio, i sauditi il 17%, i brasiliani il 15%, gli inglesi il 7%, gli americani il 9%, e più la percentuale si alza e più dominano gioielli e metalli preziosi.

Il budget annuale degli italiani

Il budget annualmente destinato dagli italiani agli acquisti non supera i 50mila euro nel 67% dei casi e per l85% rimane comunque inferiore ai 100mila. La maggioranza dei collezionisti (88%) acquista in media ogni anno meno di dieci nuove opere. 

Quanto alle professioni, i collezionisti di casa nostra si muovono tra finanza, mondo legale e imprenditoria, oltre il 50% vive tra Lombardia (30,7%) e Piemonte (21,2%), quindi Lazio (9,1%), Emilia-Romagna (4,2%) e Veneto (3,5%). Le tre aree urbane più dinamiche sono Milano (23%), Torino (16%) e Roma (9%), ma c’è poi una diffusione capillare nelle ricche provincie.

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