Coordinamento tra diritto nazionale ed europeo, controlli più efficienti, rafforzamento delle difese degli operatori, infine maggiore certezza e proporzionalità del sistema sanzionatorio. Sono i punti di forza della riforma doganale secondo l’analisi di Sara Armella, professore di Diritto doganale e fondatrice dello studio legale Armella & Associati.
Iniziamo dallo scenario: come va l’export italiano e come impatta sull’economia del nostro Paese?
Anche se a ritmi meno sostenuti rispetto al 2022, i dati del 2023 sulle vendite oltrefrontiera sono risultati positivi. La propensione all’export del Paese è stimata dall’Istat al 35,2% del Pil e, per il terzo anno consecutivo, la crescita della Penisola è stata superiore a quella delle principali economie dell’area euro. Le vendite all’estero di merci hanno superato dell’8m6% il livello pre-covid del 2019 e la bilancia dei pagamenti è tornata in attivo per 10 miliardi, pur in un contesto di generale rallentamento degli scambi a livello internazionale. L’export si conferma, dunque, un motore fondamentale per l’economia nazionale.
Quali sono a suo avviso i punti di forza e di criticità della nuova riforma doganale?
La legge approvata nell’estate dello scorso anno per la prima volta include nel perimetro della complessiva riforma fiscale anche la riscrittura del diritto doganale, fondamentale per un’economia come la nostra che importa anche molto dall’estero. Quattro sono le direttrici della riforma: chiarezza normativa e coordinamento tra diritto nazionale ed europeo, controlli più efficienti e coordinati, rafforzamento delle difese degli operatori, maggiore certezza e proporzionalità del sistema sanzionatorio. Il primo passo della compliance doganale è la comprensione delle regole e la loro chiara individuazione.
Su questi aspetti come incide la riforma?
La norma riscrive completamente le regole applicabili: si passa da oltre 400 articoli di legge sparsi in varie fonti normative, alcune risalenti al 1896 e altre disseminate in varie finanziarie, a 122 articoli, ripartiti per argomento. Un aspetto importante è il coordinamento con la normativa europea, che non è più affidato alle imprese, essendo ora il legislatore a chiarire quando sono applicabili le norme comunitarie e quando, invece, quelle nazionali. Questo significa che non è più necessario coordinare la lettura delle fonti europee e nazionali per individuare la regola applicabile al caso concreto: un risparmio di tempo e di risorse, che elimina gran parte degli errori, causa di diffuse irregolarità e sanzioni.
Ritiene che questo possa dare una spinta ulteriore all’export nazionale?
C’è un tema importante che la riforma affronta, anche in un’ottica di competitività: l’efficientamento dei controlli doganali. Per effettuare un’operazione di importazione o esportazione gli operatori devono presentare, oltre alla dichiarazione doganale, fino a 68 istanze a 18 amministrazioni diverse, per ottenere autorizzazioni, permessi o licenze. La riforma prevede, in via generale, l’applicazione del concetto di “single window”, un’unica interfaccia per gli operatori, che devono presentare tutte le informazioni una sola volta alle amministrazioni pubbliche interessate dall’operazione.
Come cambiano, invece, i diritti del contribuente?
La riforma propone l’introduzione dei principi dello Statuto dei diritti del contribuente anche in ambito doganale. Questo obiettivo viene perseguito attraverso il rafforzamento del diritto di difesa già nella fase di controllo doganale in linea, mediante un’interlocuzione preventiva con le autorità doganali e il riconoscimento del diritto di esprimere il proprio punto di vista anche durante il procedimento amministrativo di accertamento. Il rafforzamento della posizione dell’operatore contempla l’introduzione del diritto di chiedere la ripetizione delle analisi in laboratorio, se l’esito non è ritenuto corretto dall’imprenditore e con la necessità di motivare tutte le decisioni doganali, anche con riferimento alle difese espresse dall’impresa, attraverso un obbligo di motivazione rafforzata.
Infine si interviene anche sul sistema sanzionatorio doganale italiano: quali potrebbero essere i benefici di questi cambiamenti?
L’adeguamento delle sanzioni amministrative al principio costituzionale di proporzionalità è un tema importante della riforma, tenuto conto che le sanzioni attuali prevedono penalità fino al 1.000% dei diritti accertati e che, con la riforma, la sanzioni varieranno dall’80 al 150%. Un segnale importante anche per allineare il sistema sanzionatorio a quello degli altri Paesi europei ed evitare distorsioni dei traffici verso i porti del nord Europa.
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