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In America la spinta per riportare tutti in ufficio sta rallentando

Questo articolo è apparso su Forbes.com

Meno lavoratori vengono richiamati in ufficio, in quella che gli esperti definiscono una “stabilizzazione” della battaglia sul lavoro remoto.

Quest’anno la stagione del ritorno a scuola non sarà accompagnata da un’ondata di ordini di ritorno in ufficio. Negli ultimi quattro anni il Labor Day (la festa del lavoro statunitense, che si celebra il primo lunedì di settembre, ndt) non ha rappresentato solo la fine dell’estate, ma anche l’inizio degli sforzi per far tornare i dipendenti negli uffici fisici. Con ancora anni di locazione degli edifici previsti dai contratti e i crescenti timori degli amministratori delegati sulla produttività del lavoro da remoto, i datori di lavoro hanno spesso fatto coincidere gli ordini di ritorno in ufficio con il Labor Day, quando la maggior parte dei bambini è tornata a scuola e i viaggi estivi finiscono. Quest’anno, tuttavia, la spinta è molto più contenuta.

“Siamo passata da ‘quinta battaglia annuale per il ritorno in ufficio post-Labor Day’ a ‘quinta scaramuccia annuale per il ritorno in ufficio post-Labor Day’”, dice Brian Elliott, consulente per il futuro del lavoro.

“Una soluzione intermedia funziona davvero”

Anche se ai dipendenti di aziende come Kohls e Walmart è stato chiesto di tornare in ufficio quest’autunno, gli esperti che si occupano di lavoro ibrido dicono che, a livello aneddotico, osservano meno discussioni sull’argomento questo settembre. Anche negli anni scorsi le politiche sul ritorno in ufficio non hanno prodotto grandi cambiamenti nei comportamenti: il tasso di occupazione degli edifici si è stabilizzato intorno al 50% dall’inizio del 2023, secondo dati di Kastle Systems, e i picchi di gennaio e settembre, quando in genere avvengono le spinte al ritorno in ufficio, sono stati seguiti in genere da un riassestamento sui valori pre-picco nelle settimane seguenti.

Nel frattempo molto dirigenti dicono di aspettarsi che il loro posto di lavoro diventi più flessibile nel prossimo anno, anziché il contrario. Un sondaggio condotto ad agosto da Zoom ha riscontrato che l’82% dei dirigenti prevede di rendere il suo lavoro più flessibile nei prossimi due anni. “Si è arrivati a capire che una soluzione intermedia funziona davvero”, dice Elliott.

Rob Sadow, cofondatore e amministratore delegato di Scoop, una società di software per la gestione del lavoro ibrido che pubblica il Flex Index (un rapporto e database che tiene traccia delle politiche delle aziende), dice che gran parte dei datori di lavoro è andata oltre i modelli pienamente da remoto o pienamente in presenza, e ora si concentra sulla ricerca del giusto numero di giorni in ufficio o del giusto approccio alla flessibilità per la sua forza lavoro. Le aziende pensano sempre più a ciò che conta come giorno in ufficio (per esempio, se gli incontri con i clienti fuori sede debbano essere conteggiati) e si chiedono se queste decisioni debbano essere prese a livello di azienda, di reparto o di team.

“Non è solo questione di qual è la politica”, dice Sadow. Molte aziende, dice, hanno faticato a far rispettare politiche rigorose di lavoro interamente in ufficio. “La convinzione che i dipendenti torneranno alla routine dei cinque giorni in ufficio, almeno negli Stati Uniti, appartiene oggi a una minoranza ristretta”.

Come cambia il mondo del lavoro

La spinta più debole post-Labor Day di quest’anno non sorprenderà chi ha seguito il processo a lungo termine di stabilizzazione del numero di giorni in cui le persone lavorano in ufficio. I dati dell’economista della Stanford University Nick Bloom mostrano che, prima della pandemia, meno del 10% dei giorni di lavoro interamente pagati era svolto a casa. Il dato è salito fino a un picco del 60% durante la pandemia, ma si è poi assestato intorno al 30% o poco sotto dalla metà del 2022.

Nel frattempo una buona parte delle oltre seimila aziende nel database di Flex Index – circa il 38%, secondo il rapporto del terzo trimestre – ha ora “politiche ibride strutturate”, in cui i dipendenti devono lavorare in presenza uno specifico numero di giorni. Una netta differenza rispetto all’inizio del 2023, quando il 49% delle aziende chiedeva ai dipendenti di essere sempre presenti e solo il 20% aveva una politica ibrida strutturata.

Una tendenza simile si riscontra anche negli annunci di lavoro. Mentre coloro che cercano un impiego si preparano alla tradizionale impennata di assunzioni di settembre, la quota di annunci per lavori da remoto o ibridi sta salendo, secondo un rapporto di metà anno pubblicato ad agosto dalla società Robert Half. La quota di annunci per lavori sempre in presenza è scesa al 67% nel secondo trimestre del 2024, contro il 75% dello stesso periodo dell’anno scorso, mentre le quote di lavori ibridi o totalmente da remoto sono salite, rispettivamente, al 22% e all’11%, contro il 14% e il 10% del 2023.

Questione di fiducia

Gli esperti dicono che, al di là del fatto che le politiche ibride richiedano la presenza una volta a settimana o una volta a trimestre, vedono più aziende spiegare ai lavoratori perché devono andare in ufficio, nel tentativo di motivare politiche più stringenti sulla presenza. “Vediamo più tempo [in ufficio] non negoziabile”, dice Laurie Chamberlain, presidente e responsabile del reclutamento dell’ufficio statunitense di Lhh, una società di consulenza manageriale. “Ma non vediamo molte richieste di lavoro in presenza cinque giorni a settimana o di orari 8-19 con solo lavoro in ufficio”.

In un momento in cui la maggior parte dei dipendenti statunitensi resta poco coinvolta e riceve meno promozioni, alcuni datori di lavoro potrebbero abbandonare le richieste di lavoro in presenza riconoscendo che questa politica potrebbe erodere la fiducia residua tra lavoratore e azienda. Deborah Lovich, managing director di Bcg che guida il suo programma sul futuro del lavoro, dice: “Nulla dice ‘Non mi fido di te’ quanto un obbligo di ritorno in ufficio e l’introduzione del monitoraggio con badge”.

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