Articolo apparso sul numero di ottobre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
A Cremona non si vive di sole glorie, per intenderci del tridente Stradivari-Amati-Guarneri: costruttori dei più prestigiosi strumenti ad arco al mondo, dunque violini, viole, violoncelli e contrabbassi. Manufatti oggi dal valore milionario, considerato che per uno Stradivari – fra i tre marchi il più conosciuto – si spende dai 5 milioni in su, con prezzo medio intorno ai 10 milioni. Esempio tra i più recenti: uno Stradivari del 1714 è stato battuto all’asta per 15,4 milioni di euro. Apparteneva a Tokuji Munetsugu, fondatore di una catena di ristoranti di curry in Giappone. Una cosa è certa: con il nuovo millennio, il valore di questi strumenti ha conosciuto un’impennata.
In questa realtà di 71mila abitanti si studia e conserva sì il miracoloso passato, ma per replicarlo nel presente. Ne sono prova le 180 botteghe di liutuai e archettai (costruttori di archetti), la presenza del Museo del Violino Antonio Stradivari, che è scrigno del passato e allo stesso tempo centro di ricerche e produzioni, come il festival Stradivari. Altra emanazione del Museo è il Concorso Triennale Internazionale di liuteria, il più qualificato e qualificante a livello globale, tanto che per gli addetti ai lavori è semplicemente ‘l’Olimpiade’. Poi c’è Cremona Musica, manifestazione dedicata agli strumenti musicali d’alta gamma con oltre 350 espositori, per la metà stranieri, e un’affluenza di 20mila visitatori fra operatori e musicisti.
Premesso che l’ur-violino è un’invenzione del bresciano Gasparo da Salò, il primo violino con le caratteristiche che oggi gli riconosciamo venne messo a punto nel 1570 da Andrea Amati, padre nobile della scuola cremonese di liutai che splendette per almeno due secoli, affossandosi invece nell’Ottocento e inizi Novecento. La fiamma veniva ravvivata con la fondazione, nel 1938, della Scuola Internazionale di Liuteria, che iniziò a calamitare a Cremona studenti da ogni dove, che, una volta formati, ieri come oggi spesso decidono di stabilirsi qui, avviando proprie imprese.
Tanto fermento ne fa una delle capitali mondiali della musica, la numero uno in tema di liuteria: manifattura di lusso che vale circa 8 milioni di fatturato, con 5,5 milioni di export (così gli ultimi dati disponibili del 2019), indotto e vantaggi reputazionali. Lo stesso museo porta in città 115mila visitatori l’anno, di cui il 40% stranieri, come ricorda la direttrice Virginia Villa, un vulcano di iniziative che tanto ha fatto e fa per la città. Nel tempo si è creata una filiera della musica per cui si producono e vendono strumenti e si fa musica. In particolare nell’auditorium Arvedi, grembo sonoro pensato per accogliere strumenti secolari che qui trovano le stesse condizioni di umidità e temperatura del caveau che li custodisce.
La sala è all’interno del Museo del Violino, in un edificio che Giovanni Arvedi, magnate dell’acciaio, fece restaurare a proprie spese nel 2013 (si parlò di 12 milioni). Questo capitano d’azienda contribuisce in modo significativo al bilancio, di circa 2 milioni, della Fondazione del Museo, che inoltre vive grazie al sostegno del Comune, della Fondazione Stauffer, dell’Associazione Industriali Cremona e della società Alpas, oltre che ai ricavi propri. Vi sono poi i Friends, gruppo internazionale di collezionisti che prestano strumenti al museo e lo finanziano riunendosi per la cena settembrina, che è pure pretesto per tessere relazioni di valore. Il museo custodisce le raccolte provenienti dal museo stradivariano e la collezione ‘Gli archi di Palazzo comunale’, due laboratori di ricerca in collaborazione con il Politecnico di Milano e l’Università di Pavia.
Una galassia di artisti
Essere uno dei liutai di Cremona – dal 2012 patrimonio immateriale Unesco – ha un tale valore da attrarre liutai da ogni angolo del mondo, in particolare dal Giappone, che arrivano per poter fregiare i loro manufatti di questo marchio. Settanta botteghe iscritte alla Camera di Commercio hanno un titolare straniero, spesso ex allevo della scuola di liuteria.
Si impara sui banchi di scuola e nelle stesse botteghe. È il caso – fra i tanti – di Lorenzo Cassi, che nel 2001 ha creato la sua bottega con la moglie, Kathrin Streiff. I due operano su modelli classici cremonesi, bresciani e veneziani, con predilezione per Giovan Battista Guadagnini. Cassi si è formato alla Scuola di Liuteria di Cremona sotto la guida di Vincenzo Bissolotti, nella cui bottega mosse i primi passi.
Roberto Cavagnoli agli strumenti moderni affianca quelli di foggia barocca, quindi copie e strumenti antichizzati. Nel 2006 ha ottenuto il terzo premio nella sezione violoncello al concorso di liuteria.
È argentino Hector Marcelo Cavanna, classe 1961. Forte di competenze nel campo della manutenzione e riparazione di pianoforti, dal 2007 ha frequentato la Scuola di Liuteria, e dopo il diploma con il massimo dei voti ha iniziato a vincere medaglie d’oro in vari concorsi. Impiega acero dei Balcani e abete rosso di risonanza della Valle di Fiemme, con resine naturali crea lui stesso le vernici.
Edgar Russ, attivo da 40 anni, ha creato nella propria bottega una squadra internazionale. Al suo fianco opera la coreana Minjeong Kang, in Italia da 25 anni, i primi dei quali spesi nella scuola di liuteria Stradivari, co-fondatrice della bottega.
È a un soffio dalla casa di Stradivari la bottega di Lucas Fabro (1991), anche lui appassionato di musica e lavorazione del legno, con competenze affinate alla Scuola di Liuteria di Cremona, ma anche presso la croata Tonewood.
Edmund Henri Honoré Loeiz, francese, vive e lavora a Cremona dal 1978. Nel 1988 ha vinto il primo premio del concorso Omaggio a Stradivari in edizione unica, presieduta da Salvatore Accardo e Francesco Bissolotti. Il violino vincitore è stato donato a Massimo Quarta, oggi concertista e allora miglior allievo dei corsi della Stauffer. Edmund Henri Honoré Loeiz realizza copie da originali antichi. È anche docente.
Marco La Manna si è formato alla Scuola civica di liuteria di Milano. Specializzato nella costruzione di chitarre jazz manouche, classiche e acustiche, fa restauro e manutenzione di strumenti moderni e antichi a corda pizzicata. Ha allestito il proprio laboratorio all’interno di un antico mulino ad acqua.
Poiché la verniciatura è la fase più lunga e complicata della realizzazione di uno strumento, “prepariamo noi stessi le vernici in laboratorio, seguendo le ricette tramandate dalla tradizione dei grandi maestri liutai” spiegano Nicola e Migiwa Lazzari. Nicola, medaglia d’oro alla quarta edizione dell’Olimpiade di Cremona, nel 2015 ha fatto parte della giuria: sigillo alla carriera. La moglie Migiwa, giapponese, dopo la laurea in tromba a Tokyo, prima lavorò nella bottega del Maestro Masato Sato, quindi venne a Cremona facendo apprendistato con Lazzari “che già conoscevo per fama in Giappone”, dice. Sodalizio a un certo punto a 360 gradi, siglato da un matrimonio.
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