Articolo apparso sul numero di novembre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
È possibile creare armonia tra la sostenibilità economica di una società farmaceutica e l’interesse pubblico del diritto alla salute? E ancora, come è possibile sostenere la ricerca e le persone che operano in campo Stem, in modo che possano generare soluzioni a beneficio di milioni di pazienti? Sono queste le domande complesse a cui oggi sono chiamati a rispondere enti pubblici, istituzioni e aziende. In questo contesto una prospettiva innovativa è quella fornita da Gilead, società biofarmaceutica americana che opera nel campo delle life sciences, attiva nella ricerca, sviluppo e commercializzazione di terapie innovative, principalmente per il trattamento di malattie infettive come Hiv, epatite e Covid-19, oltre a patologie oncologiche e infiammatorie. La sua missione è migliorare la vita dei pazienti con farmaci rivoluzionari e accessibili. In Italia è presente dal 2000 e conta oltre 260 dipendenti. Per raccontare le iniziative messe in atto nei campi della sostenibilità, dell’accesso alle cure e delle persone, Forbes ha intervistato Gemma Saccomanni, senior director, public affairs, e Silvia Miliani, senior director, hr di Gilead Sciences Italia
Saccomanni, i criteri esg stanno assumendo sempre più importanza nella governance di Gilead. Quali sono le attività e i risultati di questa impostazione?
GS – Per noi sostenibilità significa soprattutto health equity: il nostro approccio è di andare al di là del mettere a disposizione terapie, vogliamo che ci sia equità di accesso a questi trattamenti innovativi. Siamo tra i primi al mondo, nell’industria farmaceutica, per iniziative a beneficio dei paesi a basso reddito. Una delle iniziative principali è la concessione di licenze per produrre un farmaco per la prevenzione dell’Hiv a produttori genericisti, che potranno metterlo a disposizione in 120 paesi. Recentemente abbiamo donato anche cinquemila trattamenti del nostro farmaco per il Covid-19 al Rwanda per trattare l’epidemia di virus Marburg, patologia simile all’Ebola. Inoltre, nel campo dell’ambiente siamo stati riconosciuti, secondo gli Accordi di Parigi, tra le biotech più sostenibili.
Quali attività sta portando avanti Gilead per promuovere relazioni e progetti con interlocutori pubblici e istituzioni?
GS – Lavoriamo molto con istituzioni e associazioni locali. Abbiamo coinvolto 112 centri, con 180 studi clinici, a beneficio di oltre 180mila pazienti. Fare ricerca clinica è importante per garantire alternative terapeutiche ai pazienti. Sosteniamo un continuo confronto con l’Aifa e le istituzioni. Abbiamo attivato diverse iniziative, ad esempio insieme alla Regione Puglia, che eroga test Hiv gratuiti attraverso la campagna ‘Facciamolo tutti’, presentata di fronte alle sedi dei concerti, per intercettare i giovani, che spesso non sono informati rispetto alle conseguenze dell’Hiv. Promuoviamo inoltre la ricerca indipendente: in 13 anni abbiamo erogato oltre 11 milioni di euro a progetti di ricerca sostenuti da enti attraverso il fellowship program. Riteniamo il terzo settore un soggetto cruciale nel contesto sanitario, e per questo sosteniamo con un altro bando le associazioni pazienti, a cui abbiamo versato oltre 5 milioni di euro.
Quali principi guidano l’azienda nel trovare l’equilibrio tra interesse pubblico e legittimo interesse privato?
GS – È importante per noi rendere sostenibile l’innovazione. Per questo cerchiamo percorsi innovativi anche per l’accesso ai trattamenti. In Italia, ad esempio, abbiamo portato il farmaco per curare l’epatite C, proponendo un accordo innovativo di prezzo-volume, che riduce il costo, a seconda dei volumi di trattamento. In questo modo è stato possibile incentivare il trattamento di più pazienti, riducendo il rischio di interventi successivi, come i trapianti. Questo modello ha cambiato il paradigma tra costo e investimento. Un altro esempio è il payment at result. Quando abbiamo portato terapie Car-T per il trattamento di alcuni tumori, per primi abbiamo negoziato un pagamento secondo risultato.
Miliani, quanto pesa il capitale umano in un’azienda come Gilead e quali strategie state adottando per attrarre e mantenere talenti?
SM – Le persone sono la mente e il cuore di questa azienda e lo dimostrano i numeri, tra cui la proporzione tra persone e fatturato. Abbiamo ottenuto poi altri risultati di cui siamo orgogliosi: l’85% dei dipendenti sono laureati, il 100% sono assunti a tempo indeterminato, le donne rappresentano il 59%. L’85% delle donne sono quadri o dirigenti. Abbiamo promosso fondi per il wellbeing, che significa sport, ma anche supporto psicologico e assistenza ai dipendenti e ai familiari nelle diverse fasi della vita, dal recupero delle dipendenze al sostegno tramite avvocati per divorzi, successioni, fino all’identificazione di Rsa. Offriamo inoltre programmi di coaching, corsi di inglese e una gamma di servizi a 360 gradi sulle persone. Infine, stimoliamo i leader alla diversità di opinioni, per limitare i bias e generare un fattore di arricchimento.
Quali attività dovrebbero essere sostenute da istituzioni e aziende affinché sempre più giovani intraprendano carriere Stem?
SM – Sarebbe utile creare percorsi che permettano di conoscere le opportunità del mondo Stem, promuovendo un maggiore dialogo tra scuole e aziende. A livello globale promuoviamo un percorso che forma talenti sulla programmazione farmaceutica. A livello interno, invece, vige un programma che permette ai dipendenti di misurarsi su ruoli differenti, con un impegno dal 25 al 100%, per un periodo dai tre ai 12 mesi. Siamo convinti che investire in questi percorsi di crescita e formazione continua sia la chiave per preparare i nostri talenti alle sfide del futuro.
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