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Perché il welfare aziendale va inteso come un investimento, non come un costo

Articolo tratto dal numero di marzo 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

Non solo uno stipendio competitivo, ma anche un ambiente che favorisca benessere e crescita. Cambiano le esigenze dei lavoratori e le aziende sono chiamate ad adeguarsi. Ne abbiamo parlato con Gianluca Spolverato, managing partner dello studio legale Wi Legal e founder di Laborability e di Dritto.

Il welfare aziendale avanza, ma fatica a diffondersi ad ampio raggio: a suo avviso cosa manca?

Va inteso come un investimento, non un costo. Le aziende che lo capiscono aumentano la propria attrattività e riducono il turnover, con un impatto diretto sulla produttività e sulla riduzione dei costi. Oggi i lavoratori non cercano solo uno stipendio competitivo, ma un ambiente che favorisca il loro benessere e la loro crescita. In quest’ottica, il welfare non è solo una questione di benefit economici: include la flessibilità, la formazione, il supporto alla genitorialità e persino servizi di assistenza psicologica.

Con vantaggi anche per le aziende.

C’è un aspetto fiscale da non sottovalutare: molti strumenti di welfare sono esenti da tassazione, sia per il lavoratore che per l’azienda. Tradotto in numeri, ogni euro investito in welfare ha un valore superiore rispetto a un euro erogato in busta paga. Chi oggi ignora questa opportunità sta semplicemente sprecando risorse. A questo proposito, strumenti innovativi come Dritto rappresentano una soluzione strategica per le imprese. Grazie alla sinergia tra competenza umana e tecnologia, il nostro configuratore Dritto permette alle aziende di semplificare l’accesso a bonus e incentivi pubblici, mettendo a disposizione dei dipendenti fino a 1.000 euro in più all’anno senza aumentare il costo del lavoro. Si tratta di un’opportunità concreta per trasformare il welfare in un vantaggio competitivo reale.

In base alla sua esperienza, come si può trasformare il welfare in un reale strumento di engagement?

Il welfare aziendale è efficace solo se viene percepito e utilizzato. Spesso le aziende investono in benefit senza preoccuparsi di farli conoscere e, di conseguenza, si trovano con strumenti inutilizzati e dipendenti che neppure sanno di avere diritti e opportunità a disposizione. La comunicazione interna deve essere chiara, coinvolgente e mirata. Non basta mandare un’e-mail con un elenco di benefit: serve una strategia che renda il welfare parte integrante della cultura aziendale. Strumenti come sessioni di domande e risposte, video esplicativi e testimonianze di colleghi che hanno usufruito dei servizi possono fare la differenza.

Quali strategie possono adottare le aziende per garantire che il welfare venga percepito come un reale valore aggiunto?

Un benefit che non viene utilizzato è, di fatto, inesistente. E il problema non è solo nella comunicazione, ma anche nell’accessibilità. Se un dipendente percepisce il welfare come qualcosa di difficile da ottenere, semplicemente lo ignora. Le aziende devono adottare un approccio user-friendly, creare una figura di welfare coach aziendale, che affianchi i dipendenti nell’utilizzo dei benefit, o implementare piattaforme digitali intuitive che guidino passo dopo passo nell’accesso alle misure disponibili. Sono strategie vincenti.

 

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