Vittorio Grilli
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La storia di Vittorio Grilli, l’ex ministro che Caltagirone e Milleri vorrebbero a capo di Mediobanca

Articolo tratto dal numero di aprile 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

Qualcuno, nei palazzi romani, dice che è il banchiere più vicino al cuore del governo Meloni. Certamente, se la vulgata risponde al vero, lui in nessun modo lo ostenta e tantomeno lo conferma, attento com’è a viaggiare sotto i radar della notorietà. In quella zona dove, però, da sempre si tessono i fili del vero potere, che coniuga gli affari con la politica. Affari tanto più importanti quanto più si porta la casacca di una delle banche americane più importanti e, al contempo, di uno degli istituti più blasonati e più influenti del mondo. Milanese, classe 1957, nato da Massimo, imprenditore, e Maria Ines Colnaghi, biologa all’Istituto dei tumori, Vittorio Umberto Grilli si è laureato in economia alla Bocconi nel 1981. Quindi ha conseguito un master e un dottorato in economia all’Università di Rochester, nello stato di New York. Dal 1986 al 1990 è stato ricercatore a Yale, dal 1990 al 1994 al Birkbeck College dell’Università di Londra.

Draghi e il ministero

Nel 1994 si è legato a Mario Draghi che, da direttore generale del Tesoro dal 1991, tre anni dopo lo ha chiamato al ministero come capo della direzione per le privatizzazioni. Incarico che ha lasciato nel 2000 per passare a Credit Suisse. Non a caso al fianco di Draghi, operando dalla strategica cabina di regia del ministero di via XX Settembre, Grilli ha gestito le più delicate partite economico-finanziarie relative alle grandi privatizzazioni di quegli anni e si è visto di conseguenza spalancare il mondo delle grandi banche d’affari. Tuttavia dal 2002 è tornato al ministero come ragioniere generale dello Stato e dal 2005 al 2011 è stato direttore generale al dipartimento del Tesoro del ministero dell’Economia. Nel 2011 è stato nominato viceministro dell’Economia e delle finanze del governo Monti, carica che ha mantenuto fino al 2012, quando è diventato ministro.

Il richiamo dell’investment banking

Ma il richiamo dell’investment banking è tornato a sedurlo. Così nel 2014 è stato nominato presidente corporate & investment bank per l’area Europa, Medio Oriente e Africa di Jp Morgan, la più importante banca americana, guidata da Jamie Dimon. L’anno prima, a seguito della diffusione di documenti relativi al procedimento giudiziario di divorzio dall’ex moglie Lisa Caryl Lowenstein, è stato accusato da alcune testate giornalistiche di aver aperto conti correnti in una delle Isole del Canale, località considerata dal governo italiano un paradiso fiscale. In risposta a tali articoli ha pubblicato sul sito del Tesoro le sue dichiarazioni dei redditi, da cui si evince che tali conti erano stati aperti nel 2001, quando risiedeva a Londra, e che erano sempre stati regolarmente dichiarati alle autorità fiscali.

Nel 2017 è arrivata la sentenza sulla causa di divorzio, considerata rivoluzionaria (infatti viene ricordata come ‘sentenza Grilli’): per la prima volta viene introdotto nella giurisprudenza il principio che nella determinazione dell’assegno di mantenimento dell’ex coniuge deve essere garantita solo l’autosufficienza economica della controparte, e non più il mantenimento del precedente tenore di vita, non essendo dovuto nulla all’ex coniuge nel caso che questi abbia un’adeguata disponibilità di risorse finanziarie e patrimoniali.

Vittorio Grilli e Mediobanca

Gossip a parte (Grilli si è poi sposato in seconde nozze con Alessia Ferruccio, dirigente Consip conosciuta al ministero dell’Economia), il banchiere ha schierato Jp Morgan al fianco di Mps nell’Ops su Mediobanca, operazione molto cara al governo Meloni ma anche a Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri, che guida Delfin, holding degli eredi di Leonardo del Vecchio. Negli ultimi anni Grilli ha lavorato a numerosi dossier di peso legati a doppio filo alla politica, come il riassetto delle autostrade (ha finanziato i Benetton per acquisire il pieno controllo di Atlantia insieme al fondo Blackstone, diventato anche azionista di Autostrade per l’Italia insieme a Macquarie e a Cassa depositi e prestiti) e la vendita della rete di Tim a Kkr. Così nessuno si stupirebbe se proprio Caltagirone e Del Vecchio lo portassero a guidare Mediobanca, una volta espugnato il fortino della finanza milanese. Sarebbe la palla in buca, l’obiettivo di ogni buon golfista, come lo è Grilli.

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