di Antonio Ravenna
La personalizzazione è oggi la massima priorità per i marketer. Ma per offrirla — in modo scalabile, veloce e affidabile — serve molto più della sola creatività. È necessaria una supply chain dei contenuti intelligente che sappia fare leva sulle potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale. E così abbiamo esplorato come Ibm e Adobe — partner da oltre vent’anni — stanno rendendo possibile questa trasformazione, per sé stesse e per i propri clienti.
Per farlo, abbiamo incontrato Jonathan H. Adashek, senior vice president marketing and communications di Ibm Corporation e Stephen Frieder, chief revenue officer di Adobe a margine della tavola rotonda The Next Frontier of Marketing and Communications: How to accelerate your growth trajectory with generative AI.
Come si sta evolvendo la partnership tra Ibm e Adobe? E quali risultati concreti avete già visto nell’aiutare le aziende a intraprendere un percorso di trasformazione con l’intelligenza artificiale?
“La partnership tra Adobe e Ibm è una delle più importanti per noi, sia strategicamente che operativamente”, spiega Stephen Frieder, chief revenue officer di Adobe. “Molte delle nostre piattaforme, come Adobe Experience Platform, sono basate su tecnologie Ibm. E negli ultimi tre anni, questa integrazione si è evoluta in modo significativo”. Jonathan Adashek conferma: “Anche per noi in Ibm, Adobe è uno dei partner strategici principali. La relazione che abbiamo costruito ha trasformato non solo il nostro modo di operare come team marketing, ma ci ha permesso di collaborare con i clienti in un modo completamente nuovo. L’Intelligenza Artificiale sta cambiando la creatività, la funzione marketing e la possibilità di fornire contenuti non solo personalizzati, ma anche rilevanti lungo tutto il customer journey. E soprattutto di farlo in modo efficiente, efficace e autentico, riflettendo l’identità del brand”.
So che avete trasformato anche il marketing interno di Ibm utilizzando l’Intelligenza Artificiale generativa, riducendo il time to market per i contenuti web del 75%. È corretto?
“Avevamo 43 sistemi diversi per la gestione degli asset digitali. Siamo passati a uno solo. Un cambiamento enorme in termini di efficienza”, racconta Adashek. “Oggi, grazie a strumenti come Firefly, i nostri designer possono dedicarsi a progetti più creativi, di fare cose più interessanti ed entusiasmanti, riducendo drasticamente il tempo impiegato per contenuti derivati”. Un numero colpisce più di tutti, e va al di là di quanto immaginavamo: «La creazione di un banner digitale richiedeva sei settimane, sette team e nove passaggi. Oggi bastano sei minuti — comprensivi di compliance legale. È un miglioramento del 99,9%”.
Cosa differenzia l’approccio di Ibm all’intelligenza artificiale rispetto ad altri player? Penso anche alla gestione dei dati e alla possibilità di utilizzare l’intelligenza artificiale in locale.
“Costruiamo modelli su misura per ciascuna azienda, utilizzando i suoi dati proprietari”, spiega Adashek. “La maggior parte delle imprese non ha bisogno di un modello che scriva poesie o traduca in lingue esotiche. Serve efficienza, rilevanza e sicurezza. I nostri modelli sono meno costosi da addestrare e più performanti: sono “fit-for-purpose”, permettono alle aziende di valorizzare i propri dati e con minori costi”. Fondamentale anche l’approccio aperto e trasparente: “L’innovazione migliore nasce da ecosistemi aperti. E i dati proprietari devono restare sotto il controllo delle aziende”.
Adobe condivide questa visione: “Un punto importante da aggiungere a quello che ha detto Jonathan è che per noi è fondamentale che sia tutto fatto in modo sicuro e protetto”, afferma Frieder “è un valore condiviso sia per Ibm che per Adobe; a differenza di altri player sul mercato che utilizzano dati non di prima mano, per noi è una priorità. Inoltre, inseriamo l’intelligenza artificiale nei flussi di lavoro già esistenti, per migliorarli senza stravolgerli”.
E i creativi? Sono destinati a essere sostituiti?
“Assolutamente no”, ribatte Frieder “L’Intelligenza Artificiale libera tempo per la parte più nobile del lavoro creativo, automatizzando attività ripetitive e poco gratificanti”. Adashek entra nel merito con un esempio concreto: “Se un’azienda ha 100 prodotti e vuole creare 5 asset per ognuno, in 11 lingue e per 10.000 clienti… siamo a oltre 55 milioni di contenuti personalizzati. Solo l’intelligenza artificiale può gestire questa mole di lavoro in modo sostenibile”.
Ma quindi, perché Adobe ha scelto proprio Ibm per costruire la sua piattaforma AI-driven?
“È stata una scelta costruita nel tempo”, racconta Frieder. “Il team Ibm ha sempre mantenuto le promesse. Siamo partner sin dai primi passi di watsonx e molte soluzioni le abbiamo co-sviluppate”.
Un ultimo consiglio per i Chief Marketing Officer che vogliono adottare pienamente l’intelligenza artificiale: da dove dovrebbero iniziare? Immaginate che abbiano una tela bianca davanti a sé…
“Si parte dai dati”, afferma Adashek. “Devono essere “puliti”, ben organizzati e allineati con gli obiettivi di business. Una volta fatto questo, il resto della roadmap si definisce di conseguenza. Pensa che oggi solo l’1% dei dati aziendali è incluso in un modello e la maggior parte delle aziende, anche senza usare modelli, utilizza meno del 50% dei propri dati”. Frieder aggiunge: “Va individuato uno use case concreto e realizzabile oggi. Uno degli errori che vediamo è che alcuni team marketing cercano di fare troppo, troppo in fretta. E così perdono rapidamente credibilità. Invece bisogna trovare un ambito dove si può generare valore di business in pochi mesi. Solo così si conquista la fiducia del Cfo, del Ceo, dell’It per investire e crescere in modo credibile”.
Guardando al futuro, entrambi concordano: la rilevanza e l’orchestrazione dell’esperienza saranno le vere sfide.
“La qualità creativa conterà ancora di più, non bastano i volumi per stabilire brand e posizionamento”, spiega Frieder. “Ma i consumatori si aspettano che tu li conosca, che tu offra contenuti rilevanti in ogni fase del loro percorso, su qualsiasi canale”. Adashek rincara: “Non basta personalizzare. Bisogna essere rilevanti. Se entro in un negozio, con l’app installata — o se ho accettato i cookie, ho dato il consenso — il negozio dovrebbe sapere che io compro sempre una determinata cosa. Solo così si crea una connessione autentica”. “Concordo”, continua Frieder. “Che si tratti di compagnie aeree, banche o squadre sportive, il punto è: bisogna sapere chi è il cliente e dove si trova nel suo percorso”.
Entrando nel vivo degli esempi, tra i casi più significativi, Adobe cita Marriott, che ha ridotto da settimane a due giorni l’approvazione dei contenuti, con un aumento sensibile del ritorno dell’investimento. Ibm, invece, racconta l’iniziativa interna “Client Zero”. “Abbiamo risparmiato 3,5 miliardi di dollari in due anni grazie all’Intelligenza Artificiale e all’automazione in marketing, HR, supply chain, legale e oltre”, conclude Adashek. “Testiamo le soluzioni su noi stessi, così possiamo offrire ai clienti un’esperienza già validata”.
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