Einstein scrisse una frase bellissima sul talento: “Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la vita a credersi stupido”. Gli studi che facciamo, l’ambiente lavorativo che ci scegliamo, il lavoro che facciamo devono essere il più possibile vicini a quello che sappiamo fare al meglio, al nostro talento naturale. Confrontandoci con la realtà, ovviamente, ma senza rinunciare ai nostri sogni in partenza, ascoltando chi siamo davvero. Certo è che ognuno di noi ha un talento: il punto fondamentale è riconoscerlo, valorizzarlo e utilizzarlo nel contesto giusto, altrimenti non riesce a emergere mai. Il bagaglio scolastico e professionale giusto, con le skill giuste, hard e soft, nel posto giusto: questa è la condizione necessaria per la riuscita professionale. Non è ancora sufficiente però, come sappiamo. È proprio vero: il credere nelle proprie risorse, e il non ascoltare il nostro autosabotatore interno, sono altrettanto fondamentali.
Cos’è l’autosabotatore interno? Ciascuno di noi ha dentro di sé una voce, a volte molto autodistruttiva, che ci arriva da lontano, e che, quando siamo li li per fare una cosa più complessa, più difficile di quella cui siamo abituati, ci dice “Ma chi pensi di prendere in giro, non ce la farai mai!”, e via con altre negatività varie, che ci impediscono di cogliere appieno delle nuove opportunità che la vita ci offre. È una voce interna che colpisce tutti: mi è capitato ad esempio di ascoltare uno speaker di grande interesse, che diceva cose interessanti, col tono giusto, convincendo la platea. Quello speaker, un manager, aveva appena iniziato un coaching con me: era un perfetto comunicatore, ma il suo autosabotatore interno gli diceva: “Ma va, non scherzare, tu non sai parlare in pubblico, lo sai benissimo, come ti è venuto in mente di credere di esserlo?”. L’idea del manager, che aveva condiviso con me, era quella di dover migliorare le sue skill di comunicazione: in realtà, tecnicamente erano perfette, quello che non andava – che poteva e doveva essere migliorato – era identificare il suo autosabotatore interno, che non gli permetteva di riconoscersi il talento e le capacità che indubbiamente aveva e riconoscerlo quando entrava in azione.
Non contrastarlo, assecondalo: è importante riconoscerlo, e trasformare l’autosabotatore interno in un alleato, con cui si convive tranquillamente, perché si è imparato a vivergli a fianco. È molto importante lavorare su di sé e identificare il proprio autosabotatore: intanto perché negli anni ci abituiamo a lui, e non ci accorgiamo neppure più che c’è. Soprattutto, la cosa più terribile è che l’autosabotatore mette in atto piano piano tutte le condizioni perché l’autoprofezia del fallimento si avveri: ci impedisce di avere il successo che ci meriteremmo, e a volte ci fa avere dei comportamenti evitanti, per impedirci di confrontarci con un eventuale insuccesso, che vivremmo come una catastrofe, anziché come un normale accadimento della vita.
Vittima dell’autosabotore è, ad esempio, chi vive il copione dell’eterna Cenerentola (o Cenerentolo), che sta sempre a spazzare, perché qualcun altro andrà sempre al ballo al posto suo: quel ballo cui pensa di non meritarsi di partecipare. Nella favola arriva un principe, nella realtà arriva una nuova consapevolezza di sé, a volte attraverso l’insight di un coach, che ci fa vedere finalmente le cose in modo diverso.
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