Articolo tratto dal numero di settembre 2021 di Forbes Italia. Abbonati!
di Mirko Crocoli
Dopo 15 anni in Formula 1 con i team Minardi, Prost, Jordan, Renault, Toyota e Lotus, Jarno Trulli – classe 1974, 256 gran premi in Formula 1 – è tornato nel suo Abruzzo per unirsi a un progetto ambizioso: assieme a un gruppo di esperti, vuole produrre vini di altissima qualità. Le tradizioni del Podere Castorani sono antichissime. Azienda agricola risalente al 1793, fu dapprima una tenuta di caccia, portata in dote dalla nobile Adelina Ruggeri De’ Capobianchi al marito Raffaele Castorani, chirurgo di fama mondiale e inventore della prima tecnica d’intervento sulla cataratta. Passò poi ad Antonio Casulli, accademico di origine sarda vicino all’imperatore giapponese Hirohito, che seppe portarlo al massimo splendore. Dopo un periodo di crisi, a dargli nuova linfa è intervenuta l’attuale gestione, che ha promosso un restyling giovanile e si occupa di tutte le fasi di realizzazione: dalla raccolta delle uve al concepimento del prodotto, dalla promozione alla commercializzazione, fino all’elegante grafica che contraddistingue le etichette.
Il complesso si trova a 350 metri di altitudine, nel comune di Alanno, in provincia di Pescara, ed è incastonato tra il Parco nazionale della Majella e la costa adriatica. Da qui escono bottiglie – in prevalenza Montepulciano d’Abruzzo, ma anche Trebbiano e Malvasia – che, secondo l’équipe di Trulli, narrano la bellezza delle colline. Sono numerosi i riconoscimenti già ottenuti: da quelli delle guide Gambero Rosso e Duemilavini alla Shanghai International Wine Challenge. “L’età media dei vigneti supera i trent’anni e tutta la superficie viene coltivata con metodi di agricoltura biologica, senza uso di pesticidi e fertilizzanti chimici”, precisano dall’azienda. La tradizione, dunque, incontra l’innovazione, fondamentale per guardare al domani.
“L’amore per i vini della mia terra mi è stato trasmesso da mio nonno Gaetano, che li produceva nella cantina sotto casa”, racconta Trulli. “Ho iniziato a coltivare questa passione nel 1998, quando ho rilevato il Podere Castorani. Negli ultimi vent’anni abbiamo fatto un percorso incredibile, che ci ha portati a essere tra i produttori abruzzesi più apprezzati”.
Da un lato kart, Formula 3 tedesca, Formula 1, Formula E, sempre alla ricerca del millesimo di secondo. Dall’altro, il silenzio e la quiete delle cantine. Come si conciliano queste due passioni?
Il punto d’incontro è l’amore per l’eccellenza. Non importa se ricerchi i millesimi in pista o attendi il giorno giusto per la raccolta: è la passione che metti nella ricerca del miglior risultato che accomuna i due mondi, apparentemente così lontani. La mentalità vincente acquisita in pista serve anche negli affari. E anche in un settore tradizionale come quello del vino bisogna approfittare delle tecnologie di ultima generazione, nonostante alcuni aspetti restino fedeli a una ritualità millenaria.
Come si porta un’azienda agricola antica come Castorani nel futuro?
Gli ultimi fasti della Castorani risalivano al periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, quando la villa era ancora usata come casino di caccia. Dopo la seconda guerra mondiale, il podere e la villa furono abbandonati. La parte viticola, per fortuna, ha resistito, così abbiamo ereditato un corredo di vecchie vigne che caratterizzano le nostre produzioni di maggior pregio. Oggi fare vino significa diventare tutori del territorio, della sostenibilità: sono questi i passaggi chiave per proiettare la Castorani verso il futuro.
Quanto contano tecnologia e innovazione – due cardini del mondo dei motori – nel settore del vino?
Bisogna avere il coraggio di perseguire le proprie idee e, talvolta, superare la tradizione. Per fare un esempio concreto: da un lato vinifichiamo tutto in vasche di cemento, nel rispetto della nobile tradizione europea; dall’altro, abbiamo acquistato una sofisticata pressa sotto vuoto per l’estrazione dei mosti che danno vita ai nostri vini bianchi e rosati. E penso che siamo stati i primi in Abruzzo a utilizzare un braccio robotico antropomorfo per la formazione delle pedane di vini da spedire ai nostri clienti. Siamo un’azienda che corre come una F1 ed è bello pensare che la proiezione verso il futuro serve a riavvicinare i nostri clienti al territorio. Abbiamo anche un compito educativo: assieme al vino, veicoliamo la conoscenza dei luoghi in cui produciamo le uve. Castorani è sempre aperta e pronta ad accogliere chi vuole conoscere un luogo incantevole tra le montagne Abruzzesi. Non vorrei sembrare retorico, ma il nostro futuro è ricco del nostro passato.
In quali paesi del mondo esportate? Il mercato italiano regge bene o la concorrenza straniera è un problema?
Anche per via dei miei trascorsi in F1, abbiamo sviluppato soprattutto i mercati esteri: Stati Uniti, Canada, Europa, Brasile, Africa, Australia, Giappone, Cina. Il mercato Italiano è ancora marginale per noi, perché siamo stati molto impegnati all’estero e, negli ultimi anni, nei lavori di ampliamento dei locali di cantina, dove abbiamo sviluppato una parte dedicata all’accoglienza. Durante il Covid, in particolare, sono stati i paesi stranieri che hanno continuato ad acquistare i nostri vini a permetterci di non affondare. In termini di qualità, l’azienda si è posizionata in una fascia alta, in termini di quantità di vendite abbiamo il potenziale e la necessità di continuare a crescere. Per questo continuiamo ad investire sui vigneti, la cui superficie cresce anno dopo anno.
Quante persone ruotano intorno all’azienda?
Abbiamo una trentina di collaboratori tra vigne e cantine. In cantina c’è maggior bisogno di qualifica, ma anche il lavoro nei campi, in apparenza più semplice, è ricco di insidie che solo gli esperti possono superare.
Che impatto ha avuto su di lei e sulla vostra azienda il Covid-19?
Il mercato italiano ha sofferto molto. Noi produciamo vini di alta qualità, che sono stati tra i più penalizzati dalle chiusure. A livello personale, io e la mia famiglia, così come i nostri collaboratori, siamo stati molto rispettosi delle prescrizioni governative. Possiamo vantarci di non aver registrato – a oggi – nessun caso di malattia in azienda. Non ho mai temuto il peggio, in ogni caso. Guardo con fiducia al futuro e mi vaccinerò a breve.
Se dovesse indicare un solo segreto per i suoi vini, quale sceglierebbe?
In realtà non ci sono segreti. Certo, lavoriamo le uve Montepulciano in cemento e questo è un aspetto caratterizzante della nostra produzione. Assieme, però, alla qualità delle uve, figlie di un territorio circoscritto della provincia di Pescara, chiamato Casauria, che aspetta con ansia il riconoscimento della Docg.
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