Articolo tratto dal numero di settembre 2021 di Forbes Italia. Abbonati!
“La vigna va protetta prevenendo e non curando”, spiega Andrea Machetti, amministratore delegato di Mastrojanni. Per lui, che vive quotidianamente il rapporto con terreno, vigna e cantina, è un mantra che determina da sempre le scelte di produzione aziendale. Partendo dalla massima tutela della biodiversità, ottenuta con un’attenta scelta della densità di piantumazione e qualità dei cloni, con rese in uva che non superano mai i 60 quintali per ettaro per il Brunello e i 70 per il Rosso.
Nei 39 ettari vitati, la vigna viene curata attraverso il sostegno organico alla terra. In Mastrojanni, il terreno è contaminato da humus e dal lavoro dei lombrichi, utilizzando poi collagene idrolizzato per stimolare al massimo le radici della pianta e il microbioma. Per questo, le viti non vengono utilizzate per i primi quattro anni; per contrastare malattie e parassiti tipici della produzione vinicola vengono utilizzati prodotti con zolfo e rame raffinati in quantità minime assieme ad azeolite, che vanno a integrare l’impiego di alghe marine e di minerali come calcio e magnesio per irrobustire le parti legnose e la buccia degli acini. La cura maniacale si trasferisce alle foglie, idratate anche di notte mediante l’utilizzo di alghe brune, per contrastare gli effetti del caldo e stimolare la fotosintesi.
L’allevamento della vite non è realizzato tramite il diffuso metodo del cordone speronato bensì con quello a doppia forcella, che permette di rinnovare sempre la pianta evitando infezioni da ripartenza dal vecchio impianto, oltre a ridurre le difficoltà di cicatrizzazione delle ferite. Per la fermentazione dei vini vengono utilizzati per la maggior parte lieviti autoctoni; a oggi l’azienda ne sta selezionando di propri attraverso una partnership importante con l’Università di Firenze. Per Mastrojanni non solo l’approccio e il rispetto della pianta e dell’ambiente vanno nutriti attraverso le migliori pratiche di agricoltura sostenibile, ma il forte legame con il terreno toscano e la sua millenaria storia viene alimentato recuperando spazio e produzione ai vitigni storici, in parte dimenticati dalla richiesta di mercato dei vitigni internazionali. Così, negli ultimi sei anni l’azienda ha deciso di investire ulteriormente per ridare lustro e consenso a un vitigno storico, il ciliegiolo, e nell’ultimo anno è stato dato spazio anche al trebbiano, recuperando tradizione e metodologia di gestione di queste due espressioni vinicole, riportandole in produzione.
Oltre ai canoni di salvaguardia della biodiversità e dell’agricoltura sostenibile, si è sempre investito nelle opere di servizio e nelle strutture con una modalità bio-sostenibile. Ne sono esempio la cantina di affinamento, la bottaia e la nuova cantina di vinificazione, realizzate seguendo scrupolosamente i canoni della bio-edilizia. Le buone regole del costruire, rispettando tradizione e unicità del territorio, hanno poi trovato continuità nella realizzazione della nuova cantina di vinificazione, terminata nel 2018, con copertura di legno di castagno e tetto in tegole e coppi, come vuole la tradizione toscana.
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