Articolo di Danilo D’Aleo apparso sul numero di novembre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
I progressi in materia di intelligenza artificiale generativa degli ultimi anni monopolizzano da tempo il dibattito pubblico, tra entusiasmo, curiosità e qualche preoccupazione. Anche il mondo della pubblicità, da sempre orientato all’innovazione e alla ricerca del vantaggio competitivo, non poteva restare indifferente a questa trasformazione tecnologica, guardando da subito alle potenziali applicazioni della cosiddetta GenAI. Ma è davvero questa la direzione verso cui gli inserzionisti dovrebbero indirizzare energie e risorse?
Gli strumenti di intelligenza artificiale generativa si basano su large language model (llm) sempre più avanzati. “Come suggerisce il nome, i llm sono in grado di imparare dal linguaggio: hanno dimostrato notevoli capacità di apprendimento a partire da dati espressi sotto forma di testo”, dice Ilaria Zampori, vp Italy & Spain di Quantcast. “Ecco perché, ad esempio, ChatGPT riesce a generare alla velocità della luce testi su una vastissima gamma di argomenti e in una moltitudine di linguaggi. E in questo è straordinario, ragion per cui i marketer utilizzano l’IA generativa per elaborare prime bozze, personalizzare messaggi, sintetizzare documenti. Eppure questa tecnologia, per quanto affascinante, non è la risposta ai problemi dell’advertising. Perché molti degli ostacoli che il settore deve affrontare ogni giorno – o meglio, milioni di volte ogni secondo – derivano da dati non basati sul linguaggio, ma sui numeri. Fortunatamente, i llm non sono l’unico strumento a nostra disposizione”.
Oggi molte applicazioni dell’IA, dai veicoli autonomi alle più avanzate dsp, adottano una serie di approcci di machine learning che organizzano e sfruttano una varietà di segnali per raggiungere obiettivi predefiniti. Questi algoritmi imparano dagli esempi e dai feedback ricevuti e ciò li rende particolarmente efficaci nell’individuazione di pattern complessi e in continua evoluzione: “Proprio ciò che serve per creare esperienze pubblicitarie pertinenti per miliardi di consumatori”, commenta Zampori. “Applicati al programmatic advertising, questi algoritmi in continuo apprendimento possono analizzare dati per prevedere gli interessi dei consumatori e identificare schemi in tempo reale, anche di fronte ai cambiamenti più repentini”. Ed è qui che entra in gioco il sodalizio tra marketer e IA: “Il primo aggiunge le proprie competenze verticali, come la specifica degli obiettivi aziendali, l’identificazione delle priorità, la formulazione di strategie, la considerazione dei vincoli di consegna, l’allocazione del budget e la definizione degli approcci di misurazione. La seconda trova automaticamente i potenziali clienti in base al loro comportamento online e mostra loro l’annuncio più appropriato, con un bid ottimale, per massimizzare le prestazioni della campagna. Il risultato è una pubblicità pertinente ed efficace”.
Nell’ambito del programmatic, l’applicazione del machine learning diventa poi determinante laddove i dati provenienti da terze parti perdono sempre più valore. L’IA è cruciale per una comprensione quanto più accurata possibile dei dati sull’audience, “soprattutto in uno scenario in cui i consumatori frequentano ambienti progressivamente più cookieless”, dice Zampori. “La deprecazione dei cookie di terze parti è solo l’ultima delle repentine trasformazioni che da sempre caratterizzano il nostro settore. Di fronte a un panorama così mutevole e frammentato, gli inserzionisti potrebbero essere tentati di rifugiarsi nei walled garden delle big tech, che assicurano risultati con facilità e velocità. C’è però un intero open internet, ampio e diversificato, a loro disposizione, in cui gli utenti passano la maggior parte del proprio tempo. Un’occasione imperdibile per i brand. Ecco perché il grande proposito di Quantcast è aiutarli a raggiungere, in modo altrettanto semplice, il proprio target anche al di fuori degli ecosistemi chiusi dei colossi tech”.
Una missione in cui l’intelligenza artificiale ricopre un ruolo di primo piano sin dalla fondazione dell’azienda, nel 2006, con il lancio del primo tool di misurazione dell’audience basato sul machine learning, Quantcast Measure, e che tutt’oggi resta cardine della dsp del brand, Quantcast Advertising Platform, recentemente rinnovata per supportare un maggiore numero di aziende nella sfida dell’advertising online. “Le piattaforme tradizionali sono ancora troppo complesse e time consuming”, aggiunge Zampori. “Il nostro obiettivo è trasferire l’efficienza e la semplicità dei walled garden nell’open internet, anche per advertiser e agenzie indipendenti di ogni dimensione. Oggi siamo in grado di offrire in un’unica piattaforma di facile utilizzo le nostre migliori tecnologie basate sull’IA, permettendo a una platea sempre più ampia di raggiungere tempestivamente e con messaggi pertinenti l’audience ideale”.
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