Innovation

Viaggio nella Robot Valley, il distretto genovese della robotica e dell’automazione

Articolo tratto dal numero di ottobre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Val Polcevera è termine talmente spigoloso e aspro che diresti uscito dalla penna di Eugenio Montale, l’aedo della Liguria. Genuinamente genovese, ma poco spendibile a livello internazionale, il nome è stato scalzato da Robot Valley, prescelto per identificare questa vallata dove la robotica, in  alleanza con l’intelligenza artificiale, sta proiettando nel mondo una città schiva, parsimoniosa e sobria, che fa ma non dice.

E così, a un soffio dal nuovo viadotto Genova San Giorgio, sorto tra le ceneri del Ponte Morandi, sta prendendo forma il distretto della robotica più significativo d’Europa, emanazione delle eccellenze del territorio: in primis l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), quindi l’università, il Cnr, istituti di ricerca e un nugolo di aziende. Distretto che contribuisce a fare dell’Italia un’eccellenza nel campo della robotica e dell’automazione, settore che conta oltre 104mila imprese sparse nel Paese, 429mila addetti e un fatturato che nel 2023 è stato di circa 7,6 miliardi di euro. Siamo il terzo Paese al mondo per valore di esportazioni di robot industriali.

Nel distretto della robotica e dell’automazione

L’epicentro di tale ecosistema, l’Iit, è stato fondato 21 anni fa per promuovere lo sviluppo e l’alta formazione tecnologica del Paese, un lascito dell’asse Giulio Tremonti-Letizia Moratti. La Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia, con due sedi all’estero e 16 in Italia, di cui cinque nella sola Genova, ha testa e cuore nel Center for Convergent Technologies (Cct), che è la più grande infrastruttura di ricerca all’interno della rete dell’istituto ed è la sede dove, nel 2006, ha avuto inizio il progetto.

Quindi il Center for Human Technologies (Cht), che sviluppa tecnologie per la salute umana, la riabilitazione e l’interazione uomo-macchina; il Center for Joint Industrial Research (Cjir), lanciato nel 2020, che ospita i laboratori di robotica industriale; il Center for Robotics and intelligent systems (Cris), dove vengono studiate e sviluppate le principali piattaforme di robotica dell’istituto; il Center for Synaptic Neuroscience and Technology (Nsyn), che si occupa dello sviluppo di tecnologie innovative applicabili nell’ambito delle neuroscienze.

La storia

Riavvolgiamo il nastro. Nel 2005, Roberto Cingolani ne assumeva la direzione e con il 2006 venivano costruiti i laboratori, avviando l’attività scientifica. Nel 2011 la prima startup dell’Iit (3Brain GmbH) nel campo delle neuroscienze,  nel 2017 altra startup – Movendo Technology – finanziata con 10 milioni di euro dal gruppo Dompé, l’anno successivo BeDimensional, dedicata alla produzione dei materiali bidimensionali, avrebbe raccolto 20 milioni di euro di investimenti privati.

Nel 2023, nell’area di San Quirico, è stato inaugurato il Cris, con 12 milioni di euro di investimento per una struttura che ospita linee di ricerca che vanno dalla chirurgica all’industriale, cioè dagli esoscheletri riabilitativi all’esplorazione spaziale. È nella sede di San Quirico che convergono le competenze dell’Iit in tema di robotica, e se gli scienziati robotici dell’Iit sono 468, “l’80% è concentrato in questo centro, con l’idea di fare massa critica”, spiegò Giorgio Metta,  attuale direttore scientifico, al taglio del nastro. 

Un distretto che guarda al futuro

Da due anni nel distretto è stato lanciato Raise, acronimo di Robotics and AI for Socio-economic Empowerment, un progetto dove la robotica si salda con l’IA a favore di uno sviluppo socio-econonico sostenibile, con la benedizione del Pnrr e una dote da 110 milioni di euro. Entro il 2025 verranno realizzati prodotti, servizi o prototipi nel campo della sanità, dell’ambiente, della vivibilità della città e del porto, attingendo alle competenze consolidate sul territorio.

Un progetto coordinato dal tridente Iit, Cnr e Università di Genova. Si lavora per realizzare sistemi robotici, dispositivi e ambienti intelligenti per la cura della persona anche da remoto, tecniche per l’accumulo e la distribuzione di energia e sistemi di monitoraggio e prevenzione di rischi naturali e antropici per gli ecosistemi urbani, terrestri, marini e costieri. A Genova, città-nave, è poi cosa naturale studiare sistemi di monitoraggio e di simulazione, tecnologie robotiche e di IA per la logistica e la sicurezza in ambito portuale e marino. 

Gli altri progetti

Nel frattempo è stato creato RoboIT, primo polo nazionale per il trasferimento tecnologico della robotica, su cui Cdp Venture Capital, il fondo per l’innovazione di Cassa Depositi e Prestiti, ha investito 40 milioni, mentre Pariter Partners, oltre a co-investire, supporta l’accelerazione imprenditoriale dei ricercatori, affiancandoli nelle fasi di sviluppo dei prototipi e durante la costituzione delle società. Gli attori del RoboIT sono, di nuovo, l’Iit di Genova, le università di Verona e di Napoli e la  Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Tra le creature genovesi più eclatanti ricordiamo Pepper, il robot umanoide progettato per interagire con gli esseri umani. Lanciato nel 2014 dalla SoftBank Robotics, è stato perfezionato all’Università di Genova, anche con un importante apporto della giovane Lucrezia Grassi. E già spopola in alcune Rsa italiane. Altro robot umanoide è AlterEgo, frutto del lavoro congiunto dell’Iit e del centro E. Piaggio dell’Università di Pisa: un robot open source che ha due braccia in grado di manipolare in modo sicuro ed efficiente l’ambiente circostante e può essere comandato da remoto e fornire assistenza domiciliare o in ospedale.

L’anno scorso l’Iit ha celebrato i 20 anni di attività con il robot umanoide ergoCub, frutto di un progetto triennale da 5 milioni in collaborazione con Inail, che riconosce visivamente oggetti e azioni ed è in grado, per esempio, di ricevere e consegnare oggetti. ErgoCub è usato per favorire l’integrazione delle macchine nell’ambiente di lavoro.  

L’onda della robotica

In testa alle aziende operative nella Robot Valley svetta – per dimensioni e fama – Leonardo, attivo con la sua rete di Labs. 

ReWing è una startup nata dalla ricerca Iit lanciata nel 2022 da Jacopo Zenzeri, Maddalena Mugnosso e Amel Cherif. È dedicata alla commercializzazione e allo sviluppo di dispositivi altamente tecnologici per la riabilitazione sensomotoria di pazienti con disabilità ortopediche o neurologiche. I primi prodotti di ReWing sono dispositivi robotici per la riabilitazione degli arti superiori. Grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale, questi dispositivi si adattano automaticamente alle esigenze del paziente, garantendo il giusto equilibrio tra il livello di assistenza e la partecipazione attiva. La piattaforma software ReWing AI interconnette tutti i dispositivi ReWing per combinare ed elaborare i dati provenienti dai diversi dispositivi per valutazioni e scelte terapeutiche complete e accurate.

Il team di Exsensia (altra startup nata dalla ricerca Iit) sviluppa, produce e commercializza software e strumenti flessibili e innovativi che consentano la programmazione intuitiva di sistemi industriali automatizzati o robotici composti da diversi sensori, dispositivi finali e robot multipli. Questa tecnologia permette l’utilizzo di diversi tipi e marche di sistemi robotici anche a utenti non esperti, semplicemente eseguendo il singolo software e algoritmo di Exsensia. Il team sta sviluppando una piattaforma software che può essere installata su qualsiasi pc industriale e gestita attraverso un’interfaccia web multipiattaforma da diversi tipi di dispositivi, come smartphone, tablet e schermi tradizionali.

Fu David Corsini a fondare Telerobot Labs, poi acquisita (nel 2016) dal gruppo friulano Danieli Officine Meccaniche, che l’ha ribattezzata Danieli Telerobot Labs, ramo aziendale che progetta e ingegnerizza le macchine robotiche al servizio dell’industria siderurgica. Da Telerobot Labs sono usciti robot che bonificano edifici dall’amianto, ispezionano i gasdotti nel mare a duemila metri di profondità o i forni di fusione. Nel 2018 ha ricevuto il premio Innovazione Smau per aver messo a punto un guanto robotico per la riabilitazione della mano. Attraverso una semplice programmazione, il guanto muove le dita e accompagna i movimenti adattandosi alle esigenze del paziente in riabilitazione attiva e passiva. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .