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Perché Amazon resta fuori dalla corsa per l’e-commerce del lusso

L’industria del lusso ha scoperto l’e-commerce. Ma con trasparente snobismo, fa muro contro l’indiscutibile dominatore del settore, cioè Jeff Bezos che, per ora, sembra troppo impegnato a conquistare i supermarket per badare alle manovre delle griffe, assai sospettose nei confronti di Amazon. Può essere questa la chiave di lettura di un week end ricco di novità storiche per il commercio che verrà.
La prima, naturalmente, riguarda l’offerta pubblica di acquisto lanciata ieri da Richemont su Ynap, valutata circa 5,3 miliardi. Il colosso del lusso di Johann Rupert (Cartier, Mont Blanc, Van Cleef & Arpels, Jwc e altri marchi leader) ha accettato di pagare 38 euro per i titoli ancora non posseduti per un totale di 2,7 miliardi di euro. Una cifra valutata equa dal mercato, che si è subito allineato al prezzo (37,54 euro l’attuale quotazione) senza che si sia palesata l’ombra di un’offerta concorrente. Anzi, come ha fatto notare Les Echos (posseduto da rivali di Lvmh) sul titolo erano in corso da tempo manovre al ribasso: basti dire che diversi broker si sono affrettati a rivedere al rialzo il target da 31 a 38 euro. Ma anche questo è un segnale che le grandi firme hanno ormai eletto l’e-commerce come il principale terreno di confronto. Chi non l’ha fatto per tempo, profondendo tutte le energie nella rete dei negozi fisici, specie in Asia, (vedi Ferragamo o Tod’s), oggi soffre. Gli acquisti online sono destinati infatti a raccogliere buona parte della domanda nei prossimi anni passando dal 9 al 24% del totale del mercato globale. Non a caso, su questo terreno sono scesi in campo tutti i big: oltre a Richemont, c’è Lvmh che ha lanciato con molte ambizioni il 24 Sèvres, mentre Prada e Gucci hanno avviato la vendita via web in Cina, JD.Com ha acquistato una quota in Farfech, il competitor più tenace di Ynap e il private equity Apax ha dato il via a Matchesfashion.com.
Altri segnali indicano che la clientela più ambita (quella dal portafoglio più capiente) ha ormai superato la diffidenza per il commercio elettronico. L’ultimo report del Financial Times dedicato a gioielli e orologi di lusso segnala il crescente successo delle offerte sulla rete, lontano da occhi indiscreti. Una qualità gradita soprattutto dal pubblico femminile (ma non solo) che va a caccia di prodotti esclusivi, magari a sconto. A favorire l’offerta, poi, è il marketing sempre più raffinato ed efficace sulla rete, capace di trainare le vendite a suon di testimonial vincenti soprattutto di fronte al pubblico dei millennial. Esemplare, al proposito, la case history del colosso Usa della bellezza Estée Lauder, che deve parte del suo successo in Cina alla testimonial Yang Mi, interprete di “Amore eterno”, il serial più seguito su Weibo, il sito più popolare tra le consumatrici cinesi. Ma proprio dal ceo di Estée Lauder, l’italiano Fabrizio Freda, è arrivato all’assemblea dei soci il warning a Jeff Bezos: stai alla larga dal business del lusso. “Noi stiamo attenti alla tutela del nostro brand che non vogliamo svilire con un’offerta confusa, segnata dalla guerra degli sconti e delle promozioni – ha dichiarato il manager che ha portato il colosso dei cosmetici a valere 46 miliardi di dollari dai 6 del 2009) – perciò lavoriamo solo con i distributori che rispettano i nostri standard. Sì ad Alibaba, no ad Amazon”. Un rifiuto ancor più piccato è arrivato da Nicholas Hayek, il padre dello Swatch cui fanno capo alcuni brand leader dell’orologeria. Dopo mesi di colloqui Hayek ha rotto le trattative con Amazon valutando insufficienti le garanzie contro la vendita di orologi contraffatti su Amazon. “Noi portiamo valore al loro e-commerce – ha tuonato l’industriale – ma adesso loro devono imparare a rispettarci”.
La guerra fredda, per ora, continua anche perché i duellanti, per ora, battono strade in parte separate. Il mondo del lusso, magari adottando la tecnologia della Blockchain (già sono in corso i primi esperimenti) punta a proteggersi contro furti, falsi ed imitazioni senza perdere il contatto con il mondo virtuale. Amazon, al contrario, mira sempre di più alla conquista del mondo fisico. Domenica scorsa, a Seatlle, ha aperto i battenti al pubblico dopo sei mesi di sperimentazione il primo Amazon Go!, supermercati senza commessi o cassiere in cui il cliente si serve da solo con il semplice click dello smartphone. Il sistema è basato su risparmio del tempo: si possono ordinare cibi o bevande all’ingresso per poi ritirarli all’uscita. Il conto? verrà recapitato a domicilio, senza code o altri contrattempi. O forse no, visto che il cronista del New York Times, che ha sperimentato lo shopping, ha verificato che, ahimè, per ora il sistema non funziona. Ma l’ombra di Bezos fa lo stesso paura. Per ora non a Richemont o a Lvmh ma senz’altro a Wal-Mart o agli altri leader del commercio tradizionale. Come Carrefour, che ieri ha annunciato un gigantesco piano di ristrutturazione per spostare, tempo tre anni, almeno il 20% del fatturato nel commercio elettronico. Insomma, Amazon vuol conquistare il carrello della spesa. Per le boutique ci sarà tempo.

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