articolo tratto dal numero di Ottobre di Forbes
“Nell’antica Grecia i filosofi potevano dedicarsi alla riflessione e allo sviluppo del pensiero perché erano sollevati dai lavori fisici, attribuiti agli schiavi. Parimenti oggi la tecnologia consente ai gestori di concentrarsi sulla strategia, liberandoli da una serie di compiti che rischiano di compromettere la validità delle scelte d’investimento”. Giovanni De Mare, director Italy sales di AllianceBernstein, fa un paragone storico per sintetizzare i grandi cambiamenti in atto nel settore del risparmio gestito.
Ultimamente si parla spesso di big data: cosa sono e in che modo possono risultare utili?
Parliamo di una tecnologia che consente di mettere ordine tra i miliardi di dati che quotidianamente transitano in azienda in maniera disaggregata affinché si trasformino in indicazioni utili a chi deve prendere delle decisioni.
Ci può fare un esempio che sia comprensibile anche ai non addetti ai lavori?
Buona parte delle società quotate sui mercati regolamentati pubblica su base trimestrale l’andamento dei propri conti. Parliamo di 8mila aziende solo negli Stati Uniti, diverse decine di migliaia se includiamo anche Europa e Asia, ciascuna delle quali realizza su base trimestrale e annuale documenti anche di centinaia di pagine. In questi report ci sono numeri di immediata comprensione, penso all’evoluzione dei ricavi e all’utile o perdita, ma anche riflessioni del management su come si sta muovendo l’azienda a livello strategico. È chiaro che nemmeno chi fa il gestore di professione ha la possibilità di leggere tutte queste analisi nei dettagli.
E invece la tecnologia sì?
I big data consentono ad esempio di rilevare se il management, all’interno della nota allegata ai conti, si limita a riportare frasi generiche come “nel trimestre abbiamo aperto nuovi negozi” o se, invece, offre indicazioni dettagliate in termini di numeri e sulle ragioni di una scelta anziché un’altra. L’esperienza insegna che le aziende più attente a fornire indicazioni di dettaglio, ad argomentare sono quelle che nel tempo ottengono le performance migliori.
Si tratta quindi di un lavoro quantitativo, come l’esempio dell’antica Grecia che ha fatto all’inizio?
Non solo, dato che questi software sono in grado di interpretare le informazioni fornite. Ad esempio l’apporto che può dare ai conti una novità riguardante la linea di produzione o i rapporti con la distribuzione, così come l’eventuale diversificazione geografica.
Quindi, con tecnologie sempre più precise, il gestore in carne e ossa è una figura destinata a sparire?
Assolutamente no. La macchina offre risposte razionali e in questo è di grande aiuto in tema di investimenti, dato che la mente umana inevitabilmente soffre di condizionamenti (l’esperienza passata, l’umore del mercato e così via) che possono portare a scelte sbagliate. Detto questo, il tocco umano, la sensibilità del professionista, restano decisivi per valutare se le opportunità indicate dalla macchina lo sono davvero.
Parliamo di voi. In che modo utilizzate i Big data?
Principalmente attraverso due piattaforme nate nel 2016. La prima, denominata Prism, consente di fare analisi fondamentale: i nostri analisti del credito possono condividere le proprie opinioni sui singoli emittenti in modo coerente, comparabile e quantificabile tra settori industriali, categorie di rating e aree geografiche, rendendo così possibile confrontare rapidamente ed efficacemente i meriti di emittenti simili durante la costruzione del portafoglio. La seconda, Alpha, aiuta i trader di Ab a prendere decisioni migliori e più informate in merito ai livelli di prezzo ai quali dovrebbero essere scambiati titoli meno liquidi e illiquidi, aggregando differenti dati di mercato esistenti in un’unica interfaccia utente. L’obiettivo è di essere in grado di acquistare obbligazioni per i portafogli dei clienti al prezzo più basso e venderli al prezzo
più alto. La liquidità è la prima questione che influenza nel reddito fisso la capacità del manager di creare alpha (capacità di generare profitto
ndr).
Con tutto il denaro che le banche centrali stanno riversando sui mercati, la liquidità non dovrebbe essere una preoccupazione…
In linea di massima oggi non c’è questa preoccupazione, ma si ricorda cosa successe nel 2008?
Tutti volevano vendere e nessuno comprare.
Esatto. Amministrando i soldi dei nostri clienti, non ragioniamo sull’oggi, ma abbiamo il dovere di considerare anche le possibili sorprese. Lo abbiamo detto fin qui: l’obiettivo è minimizzare le possibilità di errore.
Il diavolo si nasconde nei dettagli, recita un vecchio adagio…
Ed è proprio così. Del resto, il sostegno delle banche centrali non potrà durare ancora per troppo tempo, altrimenti c’è il rischio che si formino bolle destinate poi a esplodere, con danni per tutti.
Alla luce di quanto fin qui detto, qual è il vostro stile d’investimento?
Partiamo da un presupposto: siamo pagati dai clienti per offrire un valore aggiunto rispetto alle gestioni passive tanto di moda nell’ultimo periodo. Per questo i nostri portafogli sono molto ristretti. Nelle strategie concentrate parliamo di circa 20 posizioni in quella Usa e 35 nel fondo globale.
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