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Come organizzare riunioni efficaci nell’era del lavoro agile

(Shutterstock)

di Aura Tiralongo, content manager Sherpany

Che i cambiamenti sperimentati durante il lock-down fossero destinati a restare, era già stato previsto. Lo scorso aprile, nella puntata del podcast “This is working”, Bill Gates svelava la nuova parola d’ordine della fase post-coronavirus: “adattamento”. Una strada segnata, a suo avviso, da una nuova normalità, da un mutato concetto di presenza, e dal definitivo passaggio di società e aziende al digitale. Proprio l’adattamento al digitale diventa il perno di un cambiamento di paradigma che investe anche e soprattutto le realtà imprenditoriali, trasformando abitudini a lungo consolidate e forzando storiche resistenze. Un cambiamento previsto da Gates a tutto vantaggio della digitalizzazione aziendale riguarda la sicura diminuzione dei viaggi di lavoro, con ripercussioni specifiche sulla cultura e sull’organizzazione delle riunioni. Del resto, che il “meeting management” – vale a dire la capacità di organizzare processi di riunione efficaci ed efficienti – costituisca un fattore importante per il benessere dei dipendenti e delle imprese, è questione da anni ribadita da fonti accreditate e da casi di studio dedicati.

Dal canto suo, l’Italia sembra convincersi solo ora della necessità di una gestione razionale delle riunioni, dopo aver sperimentato i meeting da remoto e aver preso confidenza con il lavoro agile e i suoi (fino ad oggi per nulla scontati) principi. Dopo il decreto del governo che raccomanda “il massimo utilizzo di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza”, è apparso chiaro che il modello agile rimarrà una modalità irrinunciabile, che andrà ben oltre la possibilità di lavorare da remoto. A cambiare sarà probabilmente la mentalità. E non sarà un’imposizione. L’Osservatorio Lockdown di Nomisma rileva che a chiedere un permanente cambiamento in ottica agile, siano almeno 2 milioni di italiani. Mentre secondo le rilevazioni dell’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano, i lavoratori “convertiti” ai principi dell’agilità potrebbero toccare quota 8 milioni.

Come da pronostico, il nuovo scenario rilancia il problema della modalità di organizzazione dei meeting, specie per quanto riguarda le riunioni dirigenziali e dei consigli di amministrazione. In questi luoghi deputati al “prendere decisioni giuste”, la riunione è un momento decisivo. Qui si impongono come preziosi alleati i software dedicati al Meeting Management, indispensabili per una razionalizzazione dei processi di riunione prima, durante e dopo l’incontro.

Va ricordato che anche prima che l’emergenza sparigliasse le carte di abitudini e modelli consolidati, i dati parlavano chiaro: nell’assetto tradizionale un terzo del tempo speso in riunione è considerato fonte di frustrazione e di caos, con perdite di tempo che hanno un impatto negativo sul work-life balance e sulla motivazione individuale. Le decisioni che derivano da queste anomalie sono spesso lente, singhiozzate, poco ragionate e dispendiose. Ordini del giorno confusi, orari dilatati, ritardi, discussioni infinite e prive di aderenza all’agenda, processi improvvisati e inefficienti. Materiali disorganizzati, spesso in forma cartacea.

La sensazione diffusa era quella dello scarso rispetto per il tempo personale e di lavoro, con significative ripercussioni negative. Solo in Europa, il costo delle riunioni improduttive in epoca pre-lockdown ammontava a 32 miliardi l’anno. Per questo, studi relativi alla cosiddetta “scienza delle riunioni”, nata per razionalizzare i processi organizzativi degli incontri, suggeriscono da anni ai team dirigenziali di allestire cambiamenti salva-tempo e salva-motivazione. Il principio generale è chiaro: la persona è al centro. Per questo servono ordini del giorno ben organizzati e divisi per argomenti, possibilità di “sfrondare” l’agenda dai punti più semplici attraverso iter di approvazioni semplificati e gestibili già dalle fasi precedenti l’incontro. Durante il meeting, la collaborazione deve essere salvaguardata mantenendo attivo il coinvolgimento dei presenti: stop alle riunioni affollate e ad alto rischio di dispersione. Il tempo dedicato a ciascun punto oggetto di discussione dovrebbe essere deciso in via preliminare e rispettato. E questo implica puntualità: non solo per quanto riguarda l’inizio della riunione, ma anche per l’orario di chiusura. Se queste fasi sono ben allestite, l’iter decisionale risulta semplificato e razionalizzato, e il passaggio all’azione immediato: basta un clic, e gli argomenti possono essere “archiviati” e risolti. Tutti passaggi che ciascun partecipante può gestire da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, secondo un principio di agilità che rende la persona autonoma nella gestione dei compiti e padrona del proprio tempo.

Tutti questi aspetti possono essere garantiti da una matura sinergia fra strumenti digitali e cultura agile. Con un invito alla cautela. Il buon meeting management implica innanzi tutto un cambiamento di mentalità da parte dei leader, e l’attitudine a uno stile di leadership aperto all’adattamento di cui parlava Bill Gates. Il che implica continuare ad applicare il modello agile correggendo le improvvisazioni degli ultimi mesi, che rischiano di creare una dilatazione dei tempi di lavoro. Il motivo di questa deriva è dato dall’impreparazione di molte aziende, specie sotto il profilo della qualità delle tecnologie digitali e di una carente (o del tutto assente) cultura dell’agilità.

Questo è allora il momento di mettere ordine, attingendo ai moltissimi materiali già disponibili sui benefici della cultura agile. Verso riunioni finalmente razionali, efficaci, efficienti. E rispettose dei suoi partecipanti.

 

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