Il golf, più di altri sport, è metodo, pazienza e concentrazione. Qualità che traspaiono in Matteo, classe 1993 e tifoso del Milan, mentre parla con il suo accento veneto, con voce calma, ma allo stesso tempo determinata. Quel tono di voce che riflette anche il percorso di un professionista che è riuscito ad arrivare ai vertici del golf europeo (detiene tuttora il record di più giovane vincitore dello European Tour), di chi ha vissuto un periodo sportivamente difficile di circa due anni, ma con l’energia dei 24 anni e ancora tutta una carriera davanti.
“Il golf è un sport di miglioramento continuo. Sia a livello tecnico, di swing, che a livello fisico”, spiega Matteo. “Al giorno d’oggi ci sono giocatori più fisici, che lanciano la pallina più lontano e con più forza. Bisogna stare al passo coi tempi. Per questo mi alleno, oltre che in campo, anche in palestra, circa 3-4 volte a settimana. Ho passato un periodo di crisi, ma sento di essere migliorato e ora sono più fiducioso: la stagione quest’anno è appena iniziata. Il mio obiettivo è entrare nei primi 60 in Europa, in modo da accedere alla finale del nostro circuito”.
Fermo, deciso con le parole. Come quando “marca” il punto dove lanciare la pallina, sempre con la stessa monetina. Nessuna scaramanzia, solo metodo: una routine pre-colpo per concentrarsi al meglio ed esorcizzare quell’imprevedibilità che rende affascinante questo sport. D’altronde lui il golf ce l’ha nel sangue. “Mio padre giocava a golf e fin da bambino guardavo in televisione le gare con lui. Il mio primo colpo con la mazza l’ho dato a tre anni. Dopo due anni le prime lezioni”.
Matteo si ispira a una vera e propria leggenda del golf del passato come lo spagnolo Severiano Ballesteros, ai vertici delle classifiche mondiali per alcuni decenni. “Ma mi piacciono tutti gli sport. Essendo milanista sono un fan di Pippo Inzaghi, ma anche di un campione del basket come Michael Jordan. Sono entrambi un punto di riferimento, perché hanno quella cattiveria agonistica e voglia di arrivare che non deva mai mancare, qualsiasi cosa tu faccia”.
La grinta, Matteo, ce la mette anche fuori dai campi da gioco: “Al di là dei risultati, un giorno mi piacerebbe essere ricordato come chi ha trascinato il golf fuori dalla sua nicchia. A livello internazionale il golf italiano è percepito bene: portiamo sempre tanti giovani nelle competizioni europee e americane. Paradossalmente è la percezione nel nostro Paese che deve migliorare. Quando smetterò – e sarà tra molti anni – mi piacerebbe insegnare golf. Voglio trasmettere la mia passione”. Ma prima di allora, un traguardo, un sogno. “Sarebbe bello vincere uno dei quattro Tornei Major. Solo così ti puoi guardare indietro, alla tua carriera, e dire di aver raggiunto il successo”.
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