Mariangela Di Giandomenico
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Che cos’è e come funziona l’attesa norma “Salva-Milano”

Articolo di Antonio Ravenna

A Milano l’urbanistica vive un momento di grande disorientamento ed è in cerca di chiarimenti. Decine di pratiche sono ferme negli uffici comunali a seguito delle inchieste della Procura su presunti abusi edilizi.  Secondo i pm, infatti, sarebbero state autorizzate e realizzate nuove costruzioni tramite le procedure più veloci – e con minor oneri economici – previsti per le ristrutturazioni edilizie. In sostanza, mediante Scia, ovvero una segnalazione certificata di inizio attività, in luogo di specifici permessi di costruire.

Per il Comune si tratterebbe di una prassi legittima e adottata da anni e in buona fede, tanto che il Sindaco Beppe Sala avrebbe garantito l’assistenza legale ai dipendenti. Allo stesso tempo, in attesa di sviluppi, in via cautelativa si è deciso tramite delibera di attenersi alla linea indicata dalla Procura per le nuove pratiche. In questo scenario, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Salvini promette l’arrivo della norma “Salva-Milano”, che probabilmente sarà inserita nel Decreto “Salva-Casa” durante l’iter parlamentare di conversione del provvedimento. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Mariangela Di Giandomenico, partner di Orrick, esperta in diritto amministrativo e urbanistico.

Partiamo dall’inchiesta. Quali sono le contestazioni nello specifico?

 Senza esprimere alcun commento sull’inchiesta che deve fare il suo corso, rilevo che, a quanto si apprende dagli atti pubblici, la procura contesta a dipendenti comunali e operatori economici privati la presunta commissione di contravvenzioni edilizie e del reato di abuso d’ufficio. In sintesi, si contesta che alcuni interventi siano realizzati mediante illegittimo ricorso alla Scia, ossia la segnalazione certificata di inizio attività, anziché con permesso di costruire. La tesi della procura è che non sussistano i presupposti per il ricorso alla Scia sulla base del Dpr 380 del 2001, il Testo unico sull’edilizia, e le norme nazionali in materia urbanistica, che consentirebbe il ricorso a questo titolo semplificato solo in taluni casi per la ristrutturazione edilizia. Nella nozione di ristrutturazione edilizia rientrerebbe l’ipotesi di un intervento edilizio su un edificio esistente da recuperare e che dovrebbe avere continuità con il l’edificato ai fini conservativi e senza elusione degli standard urbanistici, mantenendo “traccia” dell’immobile preesistente, pur con l’obiettivo di riqualificazione e decarbonizzazione del patrimonio edilizio.

La Procura ritiene che gli interventi edilizi in discussione non rientrerebbero nemmeno nelle ipotesi per cui la legge regionale in materia (legge n. 12 del 2005, e succ. modif.) consentirebbe il ricorso alla Scia e sarebbe necessario, per la realizzazione degli stessi, di uno strumento urbanistico attuativo. E ciò richiamando la legge quadro Urbanistica, tuttora vigente, del 1942, n. 1150 (art. 41 quinquies), nonché del d.m. 2.4.1968 n. 1444 noto come decreto standard urbanistici.

Né la prassi comunale che esclude i piani attuativi in determinati casi potrebbe derogare alla normativa nazionale che detta principi fondamentali della materia. Eventuali deroghe agli standard urbanistici sarebbero ammissibili solo se recepite con strumenti urbanistici attuativi. Il Comune potrebbe escludere il piano attuativo solo dopo una adeguata istruttoria sull’urbanizzazione dell’area. Di qui anche l’accusa di lottizzazione abusiva pur se la zona necessita solo di potenziamento delle opere di urbanizzazione (servizi e così via).

Come cambierebbe lo scenario se l’inchiesta dovesse confermare quanto previsto dai pm?

Allo stato è difficile fare previsioni. In realtà, un anticipo di quello che potrebbe accadere lo abbiamo già davanti. Difatti il Comune, a seguito delle vicende penali, ha adottato delle linee guida (disposizione di servizio n. 4 del 20.3.2024) al dichiarato “fine di orientare temporaneamente l’attività amministrativa sui procedimenti per i quali non è ancora stato rilasciato e/o comunque non si è ancora formato il titolo edilizio, sino a nuove indicazioni operative e interpretative desumibili da fonti legislative, giurisprudenziali o comunque istituzionali.” Con questo atto il Comune detta disposizioni che sostanzialmente si “allineano” con le indicazioni desumibili da quanto disposto nel decreto di dissequestro del GIP di Milano intervenuto in uno dei procedimenti pendenti. Sono state anche sospese alcune circolari del Comune che sono state contestate nel procedimento.

Allo stato, ciò rende oggettivamente più complesso il procedimento per quegli interventi che richiedevano semplicemente la Scia, anche in sostituzione del permesso di costruire e che ora richiedono anche il piano attuativo. Si pensi solo alla circostanza che quando si presenta la Scia e decorrono i termini di legge di regola si riesce ad ottenere il finanziamento del progetto dalla Banca, mentre se bisogna attendere un permesso di costruire e realizzare anche un piano attuativo i tempi si allungano di molto, il che rischia di rendere difficile mandare avanti i progetti. In ogni caso, lo scenario potrà cambiare anche radicalmente ancor prima che si giunga ad una definizione del procedimento penale. Difatti, come noto, il Governo sta pensando a norme che intervengano sulla questione per trovare una soluzione.

Cosa prevede nello specifico la norma “Salva-Milano”? Si tratterebbe di un condono, o di qualcos’altro?

Il testo a quanto pare è ancora in corso di definizione. Non esprimo valutazioni sullo strumento che si intende utilizzare, ma non mi pare che si possa parlare tecnicamente di “condono”, non essendo ancora accertata in via definitiva l’abusività delle opere edilizie oggetto di indagine. Certo è che qualsivoglia sia la norma che si intenda adottare, anche alla luce di questa vicenda, emerge la necessità di una riforma organica in materia urbanistica, al fine di dare certezza e maggiore chiarezza agli operatori economici.

Al riguardo, potrebbe riprendersi quel percorso iniziato negli anni 2013/2014 proprio per volontà del Ministero delle Infrastrutture (allora Ministro Lupi) il quale, presso la segreteria tecnica del Ministro, aveva costituito una Commissione per la riforma della legge quadro urbanistica del 1942, e che era definita “Rinnovo urbano”, diretta dal prof. Francesco Karrer, di cui ero membro insieme con illustri colleghi del foro di Milano, oltre che professori, urbanisti, dirigenti pubblici e tecnici di varia estrazione, che aveva elaborato un disegno di legge recante “Principi in materia di politiche pubbliche territoriali e trasformazione urbana“. Il testo che non fu poi approvato, oltre a chiarire le competenze in materia di governo del territorio tra Stato-Regioni,  costituiva  norma di principio definendo  la nozioni di rigenerazione, riqualificazione, e le competenze degli enti locali in materia, così da dare un quadro omogeneo sul territorio nazionale, e garantire certezza applicativa a beneficio della parte pubblica e privata. Oggi i tempi sono maturi per un intervento di questo tipo

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