Jack Dorsey, fondatore di Twitter e Square

Essere il Ceo di una società in Silicon Valley è già sufficientemente difficile, ma volerne guidare due contemporaneamente sembra davvero un andarsi a cercare delle complicazioni nella vita. Eppure Jack Dorsey, come Arlecchino servitore di due padroni, divide il suo tempo tra due diversi uffici a San Francisco a breve distanza l’uno dall’altro, con la differenza che il padrone è lui stesso e le due aziende da servire sono due tra i principali player della scena californiana.

Su Twitter, Dorsey è semplicemente @jack, uno username corto e semplice come solo i fondatori possono avere. Del servizio Dorsey è stato ideatore e primo Ceo, per poi passare la mano nel 2008 quando sono iniziate le porte girevoli con manager e co-fondatori che andavano e venivano, e Twitter faticava a mantenere le promesse per gli investitori dopo un collocamento in borsa che aveva reso miliardari i suoi protagonisti.

La nuova avventura di Dorsey fondata nel 2009 si chiama invece Square e consente di ricevere pagamenti con carta di credito usando il cellulare o il tablet come un terminale POS, diventando subito un servizio di successo per piccoli e piccolissimi business che non avevano un terminale fisso ma potevano usare l’accessorio hardware fornito da Square. Da quel punto in poi l’azienda ha diversificato i prodotti diventando uno dei primi attori nel pagamento elettronico fino a gestire più di 17 miliardi di dollari nel trimestre scorso e triplicare il valore delle proprie azioni.

Da metà 2015, con Twitter alla ricerca di risultati finanziari ma anche dell’identità perduta, Dorsey è tornato come Ceo, una mossa che ha entusiasmato i fan del servizio che vedevano i problemi nascere anche da un consiglio di amministrazione ormai completamente slegato dal prodotto, con molti membri che non possedevano nemmeno un account. Non è un caso che @jack sia molto attivo su Twitter, proponendo temi e rispondendo alle controversie come usavano fare i fondatori delle giovani startup.

Il secondo ritorno di Dorsey alla guida dell’azienda non sembra ancora avere imposto una svolta alle fortune di Twitter, che continua a perdere utenti ed è costantemente nell’occhio del ciclone per la qualità del dibattito e la presenza di troll professionisti legati a movimenti estremisti ed entità governative. Per questi motivi è apparentemente saltata la vendita a un possibile acquirente, possibile via d’uscita per l’instabilità societaria. Nel frattempo CEO e management si occupano di piccole modifiche cosmetiche al servizio (come l’aumento a 280 caratteri) anche se ufficialmente stanno lavorando “dietro le quinte” per migliorare l’esperienza d’uso.

In tutto questo però Dorsey resta Ceo anche a Square, un’azienda in crescita con un valore di mercato che sta raggiungendo e superando anche quello di Twitter. I servizi di Square si espandono sia come clientela potenziale, raggiungendo aziende grandi che fanno e-commerce e vendite su più sedi, che come tipologia, unendo ai pagamenti la gestione dei prestiti, delle buste paga e altro.

Si sprecano i paragoni con la più famosa storia di un ritorno e un doppio incarico in un’azienda tecnologica, Steve Jobs che viene allontanato da Apple pochi anni dopo averla fondata, diventa Ceo di successo di Pixar, fonda NeXT e rientra ad Apple dalla porta principale salvando l’azienda in crisi e portandola ai successi planetari. Questo ritorno da figliol prodigo ha legato indissolubilmente l’immagine di Jobs a quella di Apple, quasi facendo dimenticare successi ed insuccessi con gli altri progetti. Jobs è stato nei fatti prima il fondatore e poi il rifondatore dell’azienda di Cupertino.

Non c’è dubbio che nel ritornare a occuparsi di Twitter, Jack Dorsey ha questa narrazione bene in mente, ma le prossime mosse non sono necessariamente chiare. Vorrà essere ricordato come il fondatore di Square, un buona e solida azienda che genera valore nell’ecosistema dell’economia Internet, o come il salvatore di Twitter, l’unicum che è diventato il sistema nervoso di giornalismo e politica?

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