Con l’annuncio di Labo, ovvero dei cartoni con cui costruire giocattoli che interagiscono con la console Switch in una ibridazione tra videogioco e giocattolo tradizionale, Nintendo ha dimostrato ancora una volta di avere una marcia in più, uno sguardo sull’intrattenimento completamente diverso dai concorrenti che le permette nel bene e nel male di dire sempre la sua e catalizzare su di sé gli interessi del pubblico.
È anche una delle aziende più in forma del settore, da sempre, grazie a una gestione estremamente accorta di fondi e proprietà intellettuali. Non male per una compagnia che ha iniziato vendendo carte da gioco e che oggi può contare su personaggi riconoscibili praticamente in tutto il mondo, che ha lanciato da poco una console che da marzo del 2017 ha venduto 7 milioni di unità, i cui titoli hanno fatto incetta di riconoscimenti e che si appresta a vivere un altro 2018 da protagonista. O almeno questa è la speranza di Andrea Persegati, direttore generale della filiale italiana fin dalla sua nascita, nel 2001. “I cicli di vita delle console sono abbastanza prevedibili, in base alla partenza si può più o meno prevedere come finirà. La partenza di Switch è a razzo, nel primo anno ha fatto meglio di quanto avesse fatto Wii, quindi siamo abbastanza ottimisti per la sua parabola di vendita”.
Quando si parla di vendite di console, il merito va sempre diviso tra hardware e giochi. Dice Persegati: “Puoi avere la console migliore del mondo, ma se al lancio o nei mesi successivi non hai titoli che facciano venire voglia di acquistare la console, le cosiddette «killer application», sei finito. Nel 2017 abbiamo avuto The Legend of Zelda: Breath of the Wild che ha fatto man bassa di premi, per non parlare di Super Mario Odissey, Splatoon 2 e altri giochi bellissimi. Quest’anno abbiamo in programma il lancio di altri nuovi titoli di peso e di Labo, che apre a una dimensione di gioco non canonica, un po’ come fu per Wii Sports”.
Ecco, parliamo meglio di Labo, ovvero sfruttare delle costruzioni in cartone fai da te per rendere la console parte di un’esperienza che ricorda i vecchi giocattoli di legno, l’immaginazione infantile e una scatola che può diventare astronave, auto o fortino in base alla nostra fantasia. Piacerà ai ragazzi di oggi, che di solito preferiscono i giochi mobile, o sono già pronti per titoli più d’azione? “È un’idea così nuova che non abbiamo alcun dato per dire come andrà, ma siamo estremamente ottimisti. Introduce un nuovo paradigma e fa il modo che il videogioco diventi qualcosa di «fisico», qualcosa che padre e figlio possono condividere assieme. C’è scoperta, gioco, formazione. Insomma, ci sembra un bel progetto”.
D’altronde questa è sempre stata la famigerata “Nintendo Difference”, una capacità di guardare il settore in maniera diversa che da sempre caratterizza la strategia della Grande N. Una cultura aziendale che parte da lontano. “È tutta una questione di dna, Nintendo ha 130 anni e da tutto questo tempo si occupa solamente di intrattenimento in ogni sua forma. Il suo fine è sempre e solo far divertire. Il fondatore Satoru Iwata pensava che far sorridere le persone fosse il centro di tutto, non importa in che modo, non conta la risoluzione video, non contano i poligoni o il supporto, basta un pezzo di cartone piegato bene. Nintendo si basa sul creare divertimento a prescindere dagli strumenti a disposizione”.
Quindi vedere oggi Nintendo “soltanto” come una compagnia di videogiochi è sbagliato? Probabilmente sì, perché nella sua lunga storia ha cambiato pelle moltissime volte. Nasce producendo carte da gioco, le Hanafuda, ma ha fatto esperimenti anche nel mondo dei giocattoli, coi cabinati da sala giochi, i giochi da tavolo e, guarda un po’, anche coi diorami di cartone montabili con la colla. La sua storia è costellata di esperimenti – alcuni riusciti, altri meno – che hanno come scopo l’intrattenimento dei consumatori. Persegati rivela che “l’obiettivo finale di Labo è abbastanza evidente: ampliare ulteriormente il pubblico, accorciando le distanze tra chi non ama o conosce i videogiochi e questo tipo di esperienze. E visto che questo è il nostro obiettivo per noi è fondamentale ampliare sempre il mercato, Labo va in questa direzione”. Una strategia che recentemente ha visto Nintendo aprirsi anche al mondo dei giochi mobile. “Il mobile sta andando molto bene come mercato in cui iniziare a intercettare i consumatori più giovani e far conoscere loro le nostre proprietà intellettuali. Quando io ero piccolo si cresceva a pane e Super Mario; oggi i ragazzi, come tutti, hanno in mano un telefono e fino a poco tempo fa su questi dispositivi Super Mario non c’era. Volevamo farci conoscere dai più giovani e iniziare a creare qualcosa che li traghettasse verso il mondo Nintendo”.
L’ottimo stato di salute di Nintendo riflette un periodo un po’ particolare per il settore videoludico. Da una parte c’è un ampliamento sempre maggiore della base di appassionati, dall’altra i costi sono diventati enormi, il fallimento e sempre dietro l’angolo e il pubblico ha dimostrato di non apprezzare molto l’uso di microtransazioni per aumentare gli introiti. “In generale i videogiochi sono un settore che al momento vive un buon periodo, i cali sono naturali e legati al ciclo delle varie console, ma noi siamo in crescita, Microsoft è appena uscita con una console e Sony è ormai al picco. Se continuano entrambe ad andare avanti insieme a noi il settore crescerà ancora. Abbiamo superato la fase in cui i videogiochi sono temuti in quanto sconosciuti, o addirittura un po’ demonizzati. Ormai è un prodotto di massa, sempre più accettato e capito, e credo che continuerà a diffondersi. In questo contesto ovviamente Nintendo gioca un ruolo fondamentale”, spiega il ceo della sezione italiana.
Resta solo una domanda da fare a Persegati: se lavorare in un’azienda come Nintendo offre qualcosa in più, o se alla fine quando si arriva in certe posizioni ciò che stai vendendo conta relativamente poco, perché i processi aziendali si somigliano tutti. “Lavorare in Nintendo è molto divertente”, dice, “potrà sembrare banale ma e così. È vero che le logiche aziendali spesso sono identiche, che tu venda chiodi o videogiochi, ma se ami il prodotto, se lo provi e lo apprezzi qualcosa cambia. Nintendo è un’azienda rigida, senza dubbio, con politiche interne molto forti, ma lascia anche molto spazio di manovra, dovendo vendere intrattenimento tocchiamo la parte emotiva del pubblico, quindi è chiaro che nelle varie nazioni in cui opera deve tenere conto delle logiche locali. C’è quindi ampio spazio per capire quali sono le cose che stimolano di più i consumatori di regione in regione, ed è una parte molto divertente. In fondo non c’è soddisfazione maggiore che andare a un evento e vedere i giocatori che si divertono mentre provano un tuo titolo”.
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