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Molte organizzazioni vivono la diversità come un problema, oppure la promuovono superficialmente. In questo modo, però, rinunciano a tradurre le peculiarità individuali in opportunità.
“Quando si parla di diversity non dobbiamo solo pensare a quella di genere, ma anche, ad esempio, al cosiddetto aging, ovvero la co-presenza di diverse generazioni all’interno della stessa azienda – millenial, nativi digitali, ma anche persone meno abituate alla diffusione sempre più rapida e pervasiva della tecnologia”, osserva Monica Magri, HR director di The Adecco Group Italia. “La funzione HR dovrà quindi ricoprire sempre più il ruolo di facilitatore di queste nuove dinamiche ed essere capace di creare un ambiente naturalmente aperto alla condivisione e all’inclusione”.
Quali sono i presupposti per creare un ambiente di lavoro capace di accogliere e valorizzare la diversità?
Il diversity management è un indirizzo manageriale che promuove, facilita e sviluppa un processo di cambiamento culturale duraturo e profondo all’interno dell’azienda. Si pone come obiettivo di includere e valorizzare i contributi individuali. Il punto di partenza, pertanto, deve essere la capacità dell’azienda di promuovere una gestione in cui sia possibile riconoscere stili ed orientamenti manageriali diversi.
Un’azienda ‘diverse’ è quella che spinge a pensare in modo differente.
La curiosità e la capacità di innovazione devono diventare delle competenze fondamentali e da promuovere attraverso specifici programmi e stili manageriali. Al bando quindi i modelli stereotipati a vantaggio della consapevolezza delle proprie peculiarità individuali che – se ben armonizzate alla visione e strategia aziendale – moltiplicano la complementarietà all’interno di un progetto comune. In un modello come questo, tutti apportano il proprio contributo originale, che risulta quindi più incisivo, perché non mediato dalla standardizzazione.
Quali sono i maggiori benefici di un ambiente come questo?
Un ambiente di lavoro più inclusivo porta certamente a un maggiore benessere e a un elevato livello di interazione che consente alle persone di sentirsi maggiormente libere di esprimere le proprie potenzialità. Valorizza, come dicevo, il pensiero diverso e la possibilità di generare idee e in generale innovazione. Le dinamiche relazionali diventano naturalmente più aperte al cambiamento e allo scambio. Favorisce inoltre la capacità di portare contributi critici e un forte senso di accountability, cioè di responsabilità individuale.
Perché è indispensabile andare in questa direzione?
Perché la sfida del cambiamento e della diversità è un qualcosa con cui tutte le aziende prima o poi avranno a che fare. Ed è una sfida che si deve affrontare acquisendo innanzitutto consapevolezza rispetto agli strumenti e orientamenti che si devono promuovere per favorire un cambiamento strategico della gestione HR, al fine di garantire un maggiore livello di inclusione ed adattabilità. Ad esempio, ragionando sul concetto di employability, che potremmo definire come la somma di competenze di natura tecnica a quelle di natura più trasversale e personale, che rappresenta la capacità dei propri collaboratori di ricoprire un determinato ruolo.
La funzione di orientamento e formazione sarà fondamentale affinché tutti possano evolvere e favorire il proprio sviluppo in un ambiente in continua evoluzione. Sarà necessario il continuo re-skilling ovvero un approccio che si basi sull’idea di dover aggiornare, in maniera costante, competenze e conoscenze. Questa impostazione deve divenire una prassi assodata. Una cultura che promuove la diversità come leva strategica rappresenta un forte vantaggio competitivo.
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