donna beve vino in un bistrot
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Ciò che l’Italia dovrebbe copiare dalla Francia per promuovere i suoi vini

donna beve vino in un bistrot
(GettyImages)

Il vino ha ancora il sapore italiano. Nel 2018 la produzione globale è cresciuta del 14% raggiungendo i 282 milioni di ettolitri; il Belpaese è rimasto saldamente in cima al podio dei produttori, seguito da Francia, Spagna e Stati Uniti. Una filiera che in Italia impegna 1,3 milioni di persone; lo scorso anno abbiamo esportato vino per 6,2 miliardi di euro (+3,3% su base annua, pur con un calo nei volumi dell’8,1%). Eppure, ci stiamo perdendo un tassello evolutivo che presto sarà essenziale per far sì che l’Italia resti al vertice del settore vinicolo: le startup.

Se oggi si dà uno sguardo alle nuove aziende che, nel settore del vino, stanno attirando le curiosità maggiori, sono tutte francesi. Wineta punta a influenzare gli acquisti grazie a un algoritmo in grado di raccomandare il vino in linea con i propri gusti personali; Goot è un’app che, sulla falsa riga di quanto già fa Just East per il cibo a domicilio, consente di accedere a un catalogo di alcolici (vino e birra, ma anche liquori) e di riceverli a casa entro un’ora e, nata nel 2013, ha raccolto oltre 500mila euro di finanziamenti; 10-vins, infine, propone un’idea che, per molti, può apparire assurda: le ricariche monodose di vino, cioè quanto già oggi accade per il caffè.

Queste piccole realtà non sono nate in Francia per una pura casualità; il governo francese ha sparso i semi (ossia un’iniziativa specifica dedicata alle startup del vino, “WineTech”) e ora raccoglie i frutti. L’iniziativa WineTech è parte di un programma più esteso chiamato “French Tech”. “È stato stanziato – spiega a Forbes Giulio Busoni, Partner Porsche Consulting, responsabile del settore Consumer Goods – un fondo di investimenti di 200 milioni di euro per gli acceleratori di startup privati, e per dare visibilità a livello internazionale al programma stesso con un fondo da 15 milioni di euro dedicato alla promozione delle startup su eventi internazionali.” Senza dimenticare i 10 miliardi che Macron ha stanziato per l’innovazione dell’industria e ridurre la pressione fiscale dal 33,3% al 25%.

Una politica attiva di incentivi che non ha fatto altro che creare un terreno fertile affinché il settore del vino, che anche in Francia è particolarmente forte (i francesi ne consumano più degli italiani), potesse godere di nuovi strumenti. L’Italia, però, affronta anche altri problemi, di tipo logistico. “La conformazione orografica italiana – prosegue Busoni analizzando lo scenario nostrano – è maggiormente disomogenea: non è quindi possibile approcciare le diverse tipologie di terreni con un’unica soluzione tecnologica. La produzione italiana è inoltre estremamente frammentata per cui è molto difficile ottenere ritorni positivi dagli investimenti”.

La tecnologia non va solo nella direzione di offrire un rapporto diverso nel momento dell’acquisto. Settori come l’Internet delle Cose e la sensoristica applicate in fase produttiva consentono ai produttori di migliorare la qualità del prodotto. “La rivoluzione digitale – conclude Busoni – è la chiave per mantenere e consolidare nel tempo la posizione di leadership globale nel settore vitivinicolo”.

Da questo punto di vista l’Italia del vino non è completamente deserta. Con il progetto “PV-Sensing” sensori di nuova concezione vengono utilizzati per il monitoraggio dei parametri agronomici del suolo, della superficie delle foglie, dell’umidità e della rugiada a cui è esposta la pianta. Dati che, grazie a un modello previsionale, consentono di ottimizzare i trattamenti fitosanitari del vigneto.

 

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