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Brexit come un terremoto: Bruxelles studia l’uso dei fondi per disastri naturali

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Boris Johnson (Photo by Dan Kitwood/Getty Images)

La Brexit come un’inondazione, un’eruzione vulcanica o un terremoto. Non soltanto politico ed economico, ma come un vero e proprio disastro naturale. Secondo quanto riportano numerosi organi di stampa britannici, tra cui la Bbc, sul tavolo della Commissione europea ci sarebbe infatti l’ipotesi di concedere agli Stati membri dell’Unione europea la possibilità di fare domanda per il Fondo di solidarietà dell’Unione europea (Fsue) destinato alla copertura dei danni derivanti da disastri naturali nel caso di un “no deal scenario“, ovvero di una uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza accordo.

Gli uffici di Bruxelles starebbero lavorando, secondo la Bbc, ad un piano per classificare l’eventuale mancato accordo come un disastro naturale. Una mossa che, pur richiedendo l’approvazione degli Stati membri e del Parlamento europeo, consentirebbe ai governi di fare domanda in caso di danni oggettivi, non naturali ma economici.

Istituito dopo l’alluvione che ha colpito l’Europa centrale nel 2002 e utilizzato finora 80 volte, il Fondo di solidarietà Fsue viene impiegato per finanziare interventi di riparazione sul territorio. L’Italia è il primo beneficiario con circa la metà dei 5,24 miliardi di euro complessivamente erogati a favore di 24 Paesi. Il terremoto dell’Aquila, con quasi 500 milioni di euro, è stato l’intervento finora più significativo. Al Regno Unito sono andati finora circa 280 milioni di euro.

Secondo il premier britannico Boris Johnson il Regno Unito deve lasciare in ogni caso l’Unione europea, con o senza accordo entro il 31 ottobre. In caso di addio all’Ue senza accordo (e dunque a tutte le sue istituzioni comunitarie comprese Corte di giustizia ed Europol) il timore di chi vota per rimanere o almeno uscire con un accordo è di andare incontro sì un terremoto, ma di natura economica e politica.

 

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