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Abbiamo incontrato gli “Entrepreneur Of The Year” della Silicon Valley

La Silicon Valley e il nuovo campus di Apple (Shutterstock)

San Francisco è in pieno boom come non mai, sia in città, in particolare a Downtown e nei quartieri periferici emergenti, sia in Silicon Valley, dove sono sempre più numerosi gli imprenditori. Un vero fiorire del business che non riguarda solo il settore hi-tech. Il 16 novembre, Gwyneth Paltrow, guru del settore wellness col suo business Goop (valutato 250 milioni di dollari), una rivista online, un brand di wellness, un e-commerce vincente, un podcast (anche in collaborazione con Delta Air Lines) e una docu-serie su Netflix, terrà uno dei suoi leggendari summit.

“In In Goop Health si parlerà di carriera, di vita sessuale, del cibo che mangiamo, di come lavoriamo, di cosa succede quando si muore, e di tante curiosità che spaziano dal business ad altri temi”, dice Gwyneth, che terrà lei stessa alcuni panel durante la giornata. Dal 19 al 22 novembre, ci sarà il tanto atteso summit Dreamforce 2019, che fa incontrare tutta la comunità di Salesforce, la compagnia co-fondata da Marc Benioff. Dreamforce, nato nel 2003, è considerato ora un’esperienza capace di cambiare la vita delle persone, ancor più che una semplice serie di conferenze. E questo perché punta a cambiare il modo in cui si pensa al business con imprenditori, scienziati, visionari, filosofi di tutto il mondo che si incontrano per raccontare le loro storie e il loro successo con l’intento di disegnare un mondo migliore.

Per scoprire le tendenze attuali, abbiamo intervistato alcuni dei più innovativi imprenditori del momento, considerati tra i migliori da EY, che li ha premiati come Entrepreneur Of The Year 2019 del nord della California, in un evento sponsorizzato da SAP America e la Ewing Marion Kauffman Foundation. Parteciperanno alla competizione per eleggere il migliore imprenditore d’America, gli Entrepreneur Of The Year National Awards, che si svolgeranno a Palm Springs il 16 novembre.

“A dicembre 2011 stavo facendo shopping per un reggiseno da mettere sotto il vestito che avrei indossato per il party di Google, dove lavoravo in quel periodo. Ma non ne trovai uno che mi stesse bene addosso. E nemmeno a casa. Pensai che magari non ero l’unica ad avere questo problema”, dice Heidi Zak, unica donna tra i vincitori, co-fondatrice e amministratore delegato insieme al marito, David Spector, di ThirdLove. Ci riceve nel suo ufficio, nel quartiere emergente di Dogpatch. La sua azienda di e-commerce, fondata nel 2013, è cominciata creando reggiseni confortevoli per tutti i tipi, e le forme, di seni, rappresentati in simpatici disegni esplicativi, oltre che per qualsiasi taglia. E, di recente, si è specializzata pure in biancheria intima e qualche pigiama. “Ero convinta che ci fosse un modo per costruire un reggiseno migliore, che stesse bene addosso, che si adattasse a ogni tipo di seno in modo da farlo sembrare perfetto, ma che allo stesso modo fosse comodissimo da indossare. Ho studiato investment banking e consulenza finanziaria e ho frequentato la business school dopo essermi diplomata al Massachusettes Institute of Technology’s Sloan School of Management, sono stata direttore per Aeropostale, lanciando il loro business a livello internazionale, e poi mi sono trasferita in California quando ho avuto una possibilità a Google, nel marketing”, ricorda. “Quando decisi di intraprendere questa avventura, i miei genitori e tanti amici pensarono fossi impazzita a lasciare un posto fisso, ma ero convinta della mia idea e, vivendo a San Francisco, conoscendo tanti imprenditori e visionari, tra cui i fondatori di Lift, mi venne voglia di fare qualcosa di mio”, sostiene. “Per avere successo ho dovuto mettere insieme un team valido, da sola di certo non ce la fai. Di certo si fanno errori, come assumere persone sbagliate per coprire una posizione velocemente, ma si impara. E sono fiera di aver creato un’azienda dal nulla, nata da un’idea concepita dentro un camerino. Come imprenditrice consiglio di non considerare mai il fatto di essere donna una barriera. Ho scelto di avere mio marito come partner anche nel business, e spesso capita nelle attività imprenditoriali che due partner diventino co-fondatori, perché è fondamentale fidarsi al 100% della persona con cui si intraprende un’avventura del genere. Lui era a Sequoia Capital in quel periodo e stava pensando di andarsene per cominciare qualcosa di nuovo nell’e-commerce. Una sera sono tornata a casa con quest’idea: “Facciamo reggiseni!”. Sul suo sito web, ci sono i cosiddetti Fit Finder Quiz che aiutano una donna a scoprire la sua misura giusta. “Come e-commerce per noi è fondamentale avere un feedback e un contatto diretto con le nostre clienti: per social media, e-mail, o tramite i nostri Fit Specialists al telefono. Per questo ho appreso molto dalle ricerche che facevamo su Google”. La tecnologia Fit Finder, in circa 60 secondi, pone alle donne una serie di domande sul reggiseno che di solito usano e la forma del loro seno, mentre algoritmi sviluppati internamente dal team di ThirdLove aiutano a trovare il fit perfetto, tra 78 taglie e mezze taglie. “A chi vuole cominciare un business consiglio di andare agli eventi network, non si sa mai chi si può incontrare; ed è sempre interessante confrontarsi con gente nuova e imparare dalle esperienze degli altri”, sottolinea. I reggiseni che vanno di più? “I T-Shirt Bra, che sono quelli più comodi e sportivi, ma stiamo sviluppando sempre più una linea sexy con tanto pizzo e trasparenze”.  Una regola per avere successo? “Non è facile essere il proprio capo e bisogna imparare ad affrontare gli imprevisti come i problemi, le decisioni, i rischi, perfino le delusioni, oltre che a lavorare molte ore sette giorni su sette, alla fine si fa quello che si ama. E questo di certo è un grande vantaggio” dice. Anche se il brand era pensato per essere solo digitale, a New York fino a fine anno ThirdLove ha aperto un pop-up Concept Store a Soho. “E’ per le clienti che hanno chiesto di avere un’esperienza diretta e personale, oltre che digitale. Inoltre per ThirdLove è un modo di sperimentare e valutare il mercato”, precisa. “Ci saranno “Fit Stylists”, dove digitare la tecnologia Fit Finder per le donne che come me non amano fare shopping in un negozio, ma piuttosto online o vogliono evitare l’ansia di una persona che usa un metro per misurare la taglia del seno”, aggiunge. Pensa di approdare sui mercati internazionali? “Tutti possono già acquistare online. Di certo, mi piacerebbe crescere a livello globale, ma non voglio rivendere internamente in altri negozi o grandi magazzini, preferisco rimanere indipendente”.

Clase Azul Spirits ha basato, invece, il suo business, sul rapporto personale, più che su quello digitale, e sullo shopping nei negozi di tutti i tipi oltre che nel vendere a ristoranti, bar e locali. “Avviammo questa azienda in Messico nel 1997, anche se il nostro business è principalmente negli Stati Uniti” racconta il fondatore e amministratore delegato Arturo Lomeli, che sentiamo al telefono da Guadalajara, in Messico, dove vive oltre che a Los Angeles e a San Francisco. “Tutte le nostre bottiglie sono realizzate, create e dipinte, da artigiani e artisti indigeni locali in una fabbrica della ceramica a Santa María Canchesdá, una piccola città del Messico. Lo abbiamo deciso con l’idea di aiutare la comunità locale e penso che sia stata l’arma vincente per il nostro business. Ora abbiamo assunto oltre 200 persone là e abbiamo un servizio day-care dove le mamme possono lasciare i loro bambini quando sono al lavoro, inoltre forniamo il trasporto fino al posto di lavoro, perché non esistono trasporti pubblici in quella zona e la gente impiegava anche due o tre ore in bicicletta o a piedi”, specifica. “Il lavoro è totalmente artigianale e locale per noi, abbiamo avuto tante offerte dalla Cina per produrre a costi inferiori ma le abbiamo sempre rifiutate. E’ parte del nostro DNA essere impegnati con la comunità locale” afferma. “Per essere competitivi sappiamo che il nostro prodotto deve essere di ottima qualità: quindi produciamo, qualcosa di unico ed esclusivo, la miglior tequila nelle più belle bottiglie di ceramica fatte a mano. Quello che ho imparato è che non sono io che costruisco un’azienda, ma io e il mio team scegliamo le persone che lavorano per noi e sono loro, poi, che formano l’azienda e che ci aiutano a raggiungere il successo. Per noi è fondamentale, quindi, investire sulla gente… In fondo, tutto è cominciato nella cucina di mia madre 22 anni fa”, racconta. “Nessuno nella mia famiglia viene da questo business, anche se sono cresciuto in questa zona del Messico, famosa per la produzione di tequila. Ma io, che per diverso tempo ho preferito il rum, ora bevo invece tequila e vino rosso”, spiega. “In principio ho studiato scienze politiche, ma non mi piaceva lavorare in politica. Così ho aperto un bar, quella fu la mia prima idea. Mi resi conto che l’alcool era un buon business, ma non il servizio al cliente nel locale, che era molto difficile. Ebbi un’opportunità con un amico di creare un punch al melograno, che è una bevanda tipica dello stato di Jalisco, e poi decidemmo di aggiungere la tequila. Sapevano che la maggior parte veniva prodotta nello stato di Jalisco, di cui Guadalajara, dove sono nato, è la capitale, ma la nostra scelta fu fatta per caso. I primi due anni furono molto difficili, in particolare per trovare la distribuzione, per raggiungere i negozi di liquori. Provammo anche diversi tipi di tequila, di cui uno fu un disastro totale. Ma si impara dagli errori. Nel 1999 tornai a studiare e dopo un master in marketing con un business partner decidemmo di aprire una compagnia di importazione a San Francisco nel 2002, in modo da controllare il nostro brand negli Stati Uniti e lanciarci in quel mercato.

Tutto si svolse a piccoli passi, anche le bottiglie di ceramica, che ora sono tanto popolari, in principio erano molto difficili da vendere. In realtà, quest’idea mi fu data da un insegnante che ebbi al mio master che mi disse che dovevo rimanere legato alla mia cultura messicana e anche alla storia originaria spagnola o perfino a quella antica e leggendaria”, ricorda. E perché il mercato americano? “Perché quello messicano era saturo, con troppi brand. E sapevo che gli americani amano la tequila, forse ancor più dei messicani, che sono tradizionalisti. Agli americani piace, invece, sperimentare, provare qualcosa di nuovo. Adesso abbiamo una distribuzione in tutti gli stati americani, in molte province del Canada, in Francia, in Inghilterra, in Spagna. Inoltre miriamo al mercato italiano”, spiega. “Al momento, sto facendo un master all’Università Bocconi in luxury management. Amo l’Italia e Milano. Il programma comprende sette settimane, una ogni sei, tra Milano, Parigi, Dubai, Singapore e Mumbai” afferma. “Utilizziamo ingredienti naturali e le nostre bottiglie sono al 100% ecosostenibili. Vogliamo che la gente tenga le nostre bottiglie e, proprio in Italia, stiamo sviluppando un design che le integri magari come contenitori di candele o come parte di lampade o di altri accessori. In Italia stiamo elaborando un progetto con dodici bottiglie adesso con studenti e artisti di design” spiega. A San Francisco, Clase Azul Spirits, è rappresentata permanentemente da Juan Sanchez, partner e presidente, che usa The Battery Hotel come suo quartier generale. “E’ un albergo che è però soprattutto un club esclusivo per soli membri prediletto dal mondo high tech e business locale e mondiale” dice quando lo incontriamo lì. “Con tutte queste start up nell’alta tecnologia non pensavamo di vincere un premio con EY, ma credo abbiano premiato la nostra autenticità e la nostra idea creativa e legata alla comunità indigena, alla nostra cultura, storia e al nostro passato”, riflette. “Da questo principio abbiamo deciso di ideare le bottiglie ancora più speciali e uniche, di incredibile lusso, amate da molti collezionisti. Come “La Surrealista” del valore di 30mila dollari, ispirata dalle artiste e pittrici che facevano parte del movimento messicano surrealista o hanno avuto un forte impatto sociale, come Frida Kahlo. “La Planideras” è un modello che celebra lo spirito mistico e magico messicano, dedicata a La Llorona, una figura mitica di una leggenda messicana del 16esimo secolo decorata con ambra, che rappresenta le sue lacrime e una scatola stupenda. “El Juego de Pelota” fa riferimento al sito archeologico Ek-Balam e al gioco Ulama, della vita e della morte. “Popol Vuh” si rifà al libro delle leggende maya sulle origini del mondo e della civilizzazione. Queste bottiglie legate alla storia antica fanno parte della collezione “Mexico a Traves del Tiempo Collection”, che comprende 15 bottiglie per un valore di 450mila dollari e si ispira a diverse storie maya e azteche”, racconta. Tutti i proventi delle vendite per questo progetto vanno alla charity dell’azienda: la Fundacion Con Causa Azul, che sostiene le attività degli artigiani. “Tra le nostre idee c’è pure quella di aprire un club a Dumbo, a Brookyln, dove racconteremo anche la storia della nostra azienda oltre che fare degustazioni. Intanto, organizziamo diversi eventi e cene a San Francisco, spesso al Ritz-Carlton Hotel, e in altri luoghi, dove abbiniamo la degustazione di tequila alla gastronomia” aggiunge. “Il nostro fine non è mai stato prima di tutto di fare soldi, ma di avere uno scopo nel nostro business”. Tra i loro clienti vantano diverse star come le attrici Salma Hayek ed Amy Adams. “In principio cominciammo da zero, andando di porta in porta dei locali, negozi di liquori e ristoranti di San Francisco, con le bottiglie nel bagagliaio della mia macchina; non è stato facile, ma ora quei tempi sembrano lontani”, confessa.

“Mio padre è nato in Abruzzo e sono quindi da sempre legato all’Italia, anche se sono cresciuto a Filadelfia”, esordisce Joseph DeSimone, co-fondatore e amministratore delegato di Carbon, Inc.. L’incontriamo nel suo ufficio a Redwood City, in Silicon Valley, dopo averci guidato in un tour della sua azienda. All’entrata si deve firmare un documento di confidenzialità, dove si conferma di non rivelare nulla di quello che si vede internamente. Carbon, Inc. produce e sviluppa stampanti 3D, che utilizzano il processo di produzione dell’interfaccia a liquido continuo ed è nota per il suo primo prodotto commerciale, la stampante Carbon M1. La piattaforma Carbon combina software, hardware e scienza molecolare per fornire soluzioni di produzione progettate per consentire ai clienti di costruire prodotti differenziati che riducono gli sprechi e accelerano i tempi di mercato. Lavora tra gli altri con Adidas che, nel 2017, ha annunciato la prima intersuola stampata in 3D sviluppata utilizzando la tecnologia Carbon. DeSimone  ha lanciato la società e la sua rivoluzionaria tecnologia Digital Light Synthesis (DLS), sul palco TED, nel 2015. DSL fonde luce e ossigeno per produrre rapidamente prodotti da un pool di resina. “Mio padre era un sarto e io sono stato il primo della famiglia ad andare al college. Dovetti fare diversi lavori per supportarmi. Lavorai in supermarket e nelle pizzerie, ma tutto contribuì alla mia formazione professionale, ogni esperienza conta. Mi innamorai della chimica ancora alla high school e decisi di approfondire quindi la scienza che si celava dietro all’Ursinus College prima e poi alla Virginia Polytechnic Institute and State University. Da subito mi distinsi, ero bravo e mi chiesero di insegnare, altra professione che amo. Mi diedero la possibilità di iniziare un programma sui polimeri, che a me appassionavano molto, con un supporto per la ricerca di un milione di dollari, in cambio di insegnare chimica organica. Al tempo stesso, volevo lavorare alla chimica verde per fare i polimeri sempre più ecologici. Ho sempre avuto una visione correlata anche all’ambiente e a un mondo migliore” sottolinea De Simone. “Carbon, Inc. è la mia quinta o sesta azienda che ho creato, ho fatto molti errori prima e ho imparato da essi. Penso che sia normale nel processo imprenditoriale. Adesso la nostra tecnologia è applicata con vasto successo e una migliore qualità dell’impiego e della vita in diversi settori, dal campo medico, specialmente quello dentistico, a quello sportivo, oltre che per scarpe da ginnastica che offrono una grande performance, come per caschi da football, bicicletta o altro capaci di proteggere di più. Nel settore automobilistico lavoriamo con Lamborghini e Ford. Ho deciso di venire in Silicon Valley, perché penso sia come Firenze durante il Rinascimento. Sono convinto che qui ci siano infinite possibilità di sviluppare idee e trovare opportunità. La gente non teme di rischiare e osare. Si tratta di mettere insieme innovazione e svariati business model, e si incontrano tante menti diverse, scienziati, visionari”, sostiene.

Doug Merritt è presidente e amministratore delegato di Splunk Inc., che produce software per la ricerca, il monitoraggio e l’analisi dei big data generati da macchine, tramite un’interfaccia in stile web. Il suo nuovo quartier generale è a Santana Row, una delle vie più animate di negozi, ristoranti e locali della Silicon Valley, e la sua azienda è una di quelle di cui si parla di più al momento, con grandi promesse per il futuro. “Stiamo vivendo un momento di innovazione senza precedenti che sta trasformando e migliorando il modo in cui viviamo. La tecnologia sta ristrutturando interi settori, globalizzando le nostre attività, grandi e piccole, e moltiplicando l’efficienza della nostra forza lavoro. Ma abbiamo solo graffiato la superficie. Dato che l’innovazione continua a crescere, non si può dire cosa saremo in grado di raggiungere” chiarisce Merritt. “I data toccano ogni aspetto della nostra vita e non sono solo i data scientist e le persone altamente tecniche a dover dare loro un senso. A Splunk stiamo abbassando il limite per entrare, in modo che non sia più necessario un dottorato o una laurea in scienze dei data avanzata per sfruttare il potere e i risultati del business che le persone possono ottenere con i data” chiarisce. “Noi di Splunk crediamo che i data abbiano il potere di cambiare il mondo e che, alla fine, ogni sfida che affrontiamo possa essere risolta, in parte, attraverso loro. La nostra missione è quella di essere il partner tecnologico strategico per le aziende esperte di data nel mondo. Stiamo facendo investimenti e progettando una strategia per divenire la società che consente ai clienti di sfruttare le loro enormi opportunità di data e, allo stesso tempo, proteggere dalle crescenti minacce alla sicurezza”, confida.

La sua ispirazione? “Mi giunge dalla mia vita personale, da mia moglie e dai miei figli. Mia moglie è una di quelle persone uniche che ha scelto di affrontare ogni giorno con un sorriso e di circondarsi di persone positive e che la amano. Mi ricorda costantemente, con le sue azioni, come essere gentile e paziente e quanto sia importante visualizzare risultati positivi. La stessa infinita creatività, energia, entusiasmo e gioia che possiedono ed esprimono i miei figli mi ispirano allo stesso modo”, confessa. Come vede il futuro? “I data sono la risorsa di tutte le risorse e quelli prodotti dalle organizzazioni continueranno a crescere. E queste organizzazioni avranno il maggiore impatto in futuro. Portando i data su ogni domanda, ogni decisione e, soprattutto, ogni azione, Splunk contribuirà a fornire la piattaforma tecnologica profonda necessaria per connettere istantaneamente tutte le forme di data a una velocità feroce e su vasta scala”, precisa.

Come essere un buon leader? “Per me, le lezioni più d’impatto e memorabili sono arrivate attraverso il circuito di feedback costante che la vita estende. Come tanti altri, ho vissuto diverse esperienze di vita. Sperimentazione e iterazione, alimentate da un costante desiderio di apprendimento, crescita e sviluppo, sono stati fondamentali”, dice. “Crescendo, ho imparato a essere autosufficiente, resiliente, aperto al rischio e a nuove esperienze, mentre la nostra famiglia si trasferiva costantemente in nuove città, stati e paesi. Ed essendo un atleta per tutta la mia esistenza, ho appreso l’importanza di spingere i miei confini, l’incredibile potere del lavoro di squadra e di usare l’esercizio fisico come carburante mentale. E’ importante, allo stesso modo, avere una naturale curiosità. Il mio percorso personale era una palestra nella giungla. Piuttosto che concentrarmi sulla mobilità lineare o verso l’alto, ho assunto ruoli laterali o ruoli in altre funzioni in una continua ricerca per saperne di più su quella funzione e provare qualcosa di nuovo ed eccitante”, ritiene. Qual è il segreto del successo? “Si inizia con una visione di ciò che si desidera, credendo veramente in esso e quindi impostando la mente che ciò accadrà. Con la visione, però, arrivano la pazienza, la disciplina, la pratica e il duro lavoro. Ai massimi livelli, ognuno ha talento. Gli atleti di maggior successo praticano ancora i fondamenti, ogni giorno. Non vi è alcun sostituto per retrospettive costanti, apertura al feedback, tenacia e grinta. Ma anche la fortuna e il tempismo giocano un ruolo importante nel successo”.

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