La trasformazione digitale sta cambiando alla radice i modelli di business delle aziende, rendendo necessario un approccio strutturale all’innovazione, con una velocità mai riscontrata prima. Qualunque sia la strategia d’impresa, la sua Execution richiede un coinvolgimento profondo di tutti gli stakeholder in un cambiamento culturale destinato a mutare paradigmi consolidati su ruoli aziendali e processi operativi.
Ma quale può essere il ruolo del ceo di un’azienda in questo contesto tanto in evoluzione? Quale può essere il suo contributo personale, oltre a quello manageriale, per ispirare e promuovere un cambiamento culturale aperto all’innovazione continua?
Se ne sta parlando in queste ore al Park Hyatt di Milano nell’ambito dei CEO Awards, evento organizzato dall’executive club di Business International e da Forbes, durante i quali è stata presentata una ricerca effettuata da Capgemini in collaborazione con Business International, intervistando più di 150 ceo Italiani: la CEO Survey “Changing the Game”.
Raffaele Guerra, Transformation Consulting Director di Capgemini in Italia ha sintetizzato a Forbes.it i risultati della ricerca: Tutti i ceo intervistati hanno la consapevolezza della necessita di una trasformazione culturale, tuttavia non tutti “si spendono” allo stesso modo. Ci sono quelli che abbiamo definito “Leader”, il 41%, che hanno deciso di essere personalmente il punto di riferimento delle iniziative di cultural change. Ci sono poi gli “Sponsor” che preferiscono delegare a uno o più manager questo ruolo, tenendo per sé una posizione più defilata” continua Guerra, ma ci sono anche i “Neutral” che sono un percentuale piccola (24%) m non trascurabile del panel. Per questi non è necessario intervenire esplicitamente su iniziative di trasformazione culturale. Ritengono che le proprie aziende siano intrinsecamente innovative, e che quindi la cultura evolva di conseguenza”. Il rischio in questo caso è di non tenere in considerazione la velocità del cambiamento, non confrontabile ad epoche procedenti. Il nostro studio evidenzia tra l’altro che le aziende cha hanno ceo più attivi come leader dell’innovazione sono anche quelle che già ora massimizzano i ricavi derivanti da prodotti o servizi innovativi.
Qualunque sia il grado di coinvolgimento dei ceo, la comunicazione è l’area dove questi sentono di poter dare un contributo maggiore per affermare una cultura dell’innovazione. Il “role model” è la modalità ritenuta più efficace – agendo cioè in modo coerente ai valori e agli obiettivi dichiarati”. Ai ceo piace poi incontrare “face to face” fasce sempre piu’ ampie di persone – non solo i propri riporti gerarchici – , ma anche essere presenti sulle piattaforme digitali aziendali, come le intranet il (48% scrive messaggi o pubblica video).
Ovviamente “comunicare innovazione” varia in modo rilevante d azienda a azienda, ma un elemento comune è il fatto che i ceo si rivolgano sempre di più alle “persone”, poiché l’innovazione abilitita da tecnologie quali la Robotizzazione o l’Intelligenza Artificiale genera sentimenti contrastanti, compresi ansie e timori – la novità è che tali stati d’animo siano diffusi in modo ampio e generalizzato fra tutti gli stakeholder”. Essere in grado quindi di stabilire una connessione emotiva e saper motivare le persone a “reinventarsi” nei nuovi contesti diventa una caratteristica essenziale del ceo, che dovrà quindi accrescere la propria “Intelligenza Emotiva” e propagarla a tutta l’organizzazione.
Incentivare la collaborazione fra le persone, “rompere” i Silos e creare team con l’obiettivo della “diversity”, mettendo quindi insieme persone di età, sesso, e background differenti sono le priorità per i ceo dal punto di vista organizzativo. Per agevolare questo processo il 35% investe anche sugli spazi fisici, per favorire anche lo scambio informale di informazioni, oltre che per aumentare il benessere delle persone.
Anche la Formazione è ritenuta una priorità dai ceo italiani, anche la propria. Ciò che emerge dalle interviste è che il processo di acculturamento è sempre più “condiviso”. I ceo scambiamo via web articoli, approfondimenti con la prima linea di managemet ma anche con le proprie reti 2social” in un processo continuativo.
Rilevante è anche l’attenzione dedicata con solo i competitor tradizionali, ma anche ad aziende in settori diversi che sono sempre più fonte di ispirazione, confermando come la trasformazione digitale stia rendendo sempre più sfumati i confini tra i tradizionali settori merceologici.
Ultimo elemento; le “Big Tech”. Anche i grandi Internet Player sono “osservati speciali” dai ceo intervistati. Sono sempre loro al momento gli “standard-setter” dell’innovazione digitale.
Tra gli speaker della giornata di incontri: Daniel Franklin di The Economist, Mauro Pisu dell’Ocse, Mehran Gul del World Economic Forum e Joe Iles della Ellen MacArthur Foundation, che a Milano ha parlato di come sia possibile ripensare il progresso tramite l’economia circolare. “L’economia di oggi è estremamente dispendiosa. Dalla rivoluzione industriale è stata la stessa: prendere, fare, sprecare”, ha esordito. “Questo approccio ha permesso grandi progressi, ma sta raggiungendo lo stallo. Sta toccando i suoi limiti per le imprese, ha enormi impatti negativi sull’ambiente e spesso non riesce a provvedere alle necessità delle persone. Ma ora abbiamo le conoscenze e gli strumenti per costruire un’economia adatta al 21° secolo. Abbiamo bisogno di un approccio diverso, abbiamo progettato i nostri prodotti e materiali e rigeneriamo i sistemi naturali. Insieme, questi principi hanno creato un’economia circolare, un quadro che offre nuove opportunità di crescita e prosperità”.
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