Business

Gli strateghi dei prezzi nell’era dello sharing

Francesco Fiorese e Giovanni Lovat

articolo tratto dal numero di dicembre di Forbes Italia

Cambia lo scenario competitivo, si aprono nuovi spazi di mercato, evolvono i modelli organizzativi, ma alla fine si torna sempre lì. Anzi, nell’era del digitale e della crescente competitività dal lato dell’offerta, con il consumatore che acquista un potere crescente, proporre servizi e prodotti al prezzo giusto consente di fare più che in passato la differenza. “La premessa è che le aziende, a prescindere dalle dimensioni e dai settori nei quali operano, oggi sono chiamate a far evolvere rapidamente i propri modelli di business”, racconta Francesco Fiorese, partner di Simon-Kucher & Partners, multinazionale specializzata proprio nelle strategie di pricing. La competizione si è fatta serrata, con operatori che, in poco tempo dalla fondazione, sono diventati dei giganti in comparti come la sharing economy (si pensi al caso di Car2Go) o innovatori dei modelli di business (come Uber).

Nel nostro paese poi il contributo scientifico all’innovazione non manca, dato che quanto a pubblicazioni scientifiche l’Italia è terza in Europa e settima nel mondo. “La digitalizzazione e lo sfruttamento dell’innovazione, pur non essendo esenti da rischi, sono tra i principali motori dello sviluppo aziendale e offrono interessanti opportunità di crescita”, aggiunge Fiorese. Che ricorda come il ricorso a canali di vendita digitali per aumentare il fatturato o creare valore per le aziende sia spesso legato a una maggiore trasparenza informativa sul mercato. “In dettaglio, con l’avvento di Internet, la raccolta delle informazioni è diventata più rapida: si pensi ai siti web comparatori per quanto riguarda i prezzi dei prodotti”, sottolinea. “La trasparenza è sicuramente un’opportunità per le aziende che praticano prezzi aggressivi: una riduzione del prezzo, infatti, implica tipicamente un aumento dei volumi di vendita più ingente e più celere. Mentre rappresenta uno svantaggio per aziende con alta incidenza dei costi di produzione riflessi in prezzi più alti. E come si comportano alcuni colossi digitali, e gli attori operanti sugli stessi, in ambienti competitivi? “È stato rilevato che, sulla piattaforma Amazon, su un campione di 10 milioni di prodotti tracciati in 10 mesi, si sono osservate 60 mila guerre di prezzo al giorno, il 92% ha coinvolto due operatori, il 72% è durata meno di sei ore”, racconta Giovanni Lovat, partner di Simon-Kucher. Un effetto della trasparenza e della rapida comparabilità dei prezzi può essere quindi l’aumento del rischio di guerre di prezzo. Secondo la 2019 Global Pricing Survey, pubblicata da Simon-Kucher & Partners (su un campione di 1.700 aziende in 31 paesi), il 75% delle aziende ha investito in progetti di digitalizzazione, il 57% è coinvolto in guerre di prezzo iniziate, nel 44% dei casi, dai concorrenti, o, da loro stesse (54% dei casi) accidentalmente (23%). Questi dati dimostrano come la maggioranza delle aziende coinvolte nello studio operi in mercati molto concorrenziali.

Dunque il digitale, grazie anche alla possibilità di raccogliere informazioni utili per interpretare il comportamento dei clienti (quelli già acquisiti, ma soprattutto i potenziali), abilita in molti settori modelli di prezzo innovativi, forme di personalizzazione e di dinamicità del prezzo, fornendo alle aziende vantaggi, a patto di sviluppare le relative capacità/competenze. Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che si gioca la sfida della competitività in uno scenario che vede la concorrenza farsi sempre più pressante, mettendo quindi sotto pressione i margini delle aziende. Tirando le fila del discorso, gli esperti della Simon-Kucher vedono “ancora molti spazi di miglioramento”, ricordando che la sfida si gioca anche e soprattutto sul piano culturale e sulla capacità dei manager di agire e non reagire su mercati così dinamici. “Le tecnologie sono abilitatori di innovazione, ma da sole non consentono di fare il salto necessario a restare competitivi. Le aziende hanno la chiara occasione di innovare il proprio approccio al mercato e di farlo subito”. La temporalità della relazione fra innovazione e monetizzazione risulta dunque critica. Lovat invita a invertire il modo di procedere rispetto a quello tradizionale: “Fissare il prezzo, anche alla luce di quello che possono percepire i clienti, dovrebbe essere la priorità. Il prodotto va definito di conseguenza”.

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