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Impresa, filantropia e ispirazione raccontate da Marc Benioff

Marc Benioff, ceo e co-fondatore di Salesforce
Marc Benioff, ceo e co-fondatore di Salesforce ha un patrimonio stimato di 5,5 miliardi di dollari. (Justin Sullivan/Getty Images)

Occhi sempre molto attenti e percettivi, modi da gentleman, spirito visionario, alternativo, futurista, grande senso di tolleranza e collaborazione, a dispetto della forte competizione americana dilagante. Marc Benioff, co-amministratore delegato e co-fondatore di Salesforce, creativa e innovativa impresa statunitense di cloud computing, con sede a San Francisco e operativa in 36 paesi del mondo, proprietario della rivista Time (che ha acquistato insieme alla moglie Lynne per 190 milioni di dollari), è considerato uno dei leader più progressisti del mondo high tech e un innovatore nel modo di fare business, un rivoluzionario del vecchio mondo corporate a favore di un sistema diverso, che mira non solo al profitto, ma a cambiare il mondo. La “sua” Salesforce Tower (la proprietà non è di Salesforce) è il grattacielo più alto non solo di San Francisco, ma degli Stati Uniti a ovest di Chicago e ogni piano ha una zona per rilassarsi, con piante vere o foreste di intelligenza artificiale o mondi animati, dove gli impiegati si possono riposare quando vogliono per una pausa o per meditare. Nel suo nuovo libro Trailblazer: The Power of Business as the Greatest Platform for Change, co-scritto con la giornalista del Wall Street Journal Monica Langley, Benioff descrive la sua visione, come l’evoluzione della sua impresa e un nuovo modo di fare business. Alla recente manifestazione e mega-conferenza Dreamforce 2019 – Salesforce, che ogni anno ad autunno occupa diversi isolati di Downtown, a San Francisco, con la creazione perfino di un villaggio interattivo con prati di erba verde, spazi per la meditazione e per giochi di apprendimento, musica dal vivo e concerti, ha intervistato lui stesso personaggi importanti del mondo dell’impresa, la comunicazione e la politica, spaziando su diversi settori e tematiche, con un successo strepitoso. Tra questi c’è stato perfino un incontro – divenuto già storico – con Barack Obama, in cui l’ex Presidente ha discusso della sua fondazione (www.obama.org), che cura insieme alla moglie Michelle, e del loro impegno nel connettere e trovare nuovi leader, come dell’importanza della diversità ai vertici del mondo corporate e dei team esecutivi, della filantropia e dei problemi del cambiamento climatico. Con Arianna Huffington, fondatrice di uno dei blog più letti e influenti degli Stati Uniti, The Huffington Post, Benioff ha parlato di Thrive Global (thriveglobal.org), una compagnia che ha la missione di porre termine allo stress e al burnout, esaurimento da troppo lavoro. Mentre lei ha esaltato il potere del sonno come quello di essere in grado di fare delle pause, di non dormire, per esempio, con il telefono accanto al letto, ma con libri di letteratura, filosofia o poesia, lui ha sottolineato i benefici della meditazione e del respiro, come mezzo per riuscire a rilassarsi e a rifocalizzare. “Non esiste tecnologia, quando mi siedo, mi concentro e presto attenzione al mio respiro…” ha ammesso. Con l’amministratore delegato di Apple Tim Cook, Benioff ha discusso della partnership con Salesforce, che include un’app aggiornata per gli sviluppatori che creano app Salesforce sull’iOS di Apple. “Non uso nemmeno più un computer. Tutto quello di cui ho bisogno è sul mio iPhone… Da Apple abbiamo appreso cosa significhi innovazione” ha detto. Con il presidente e amministratore delegato di Gucci, Marco Bizzarri, Benioff ha parlato invece di come la combinazione di tecnologia e persone sia stata cruciale per l’inversione creativa e finanziaria del business di questo marchio dell’abbigliamento di lusso negli ultimi anni, come dell’esigenza di avere fiducia nel proprio team e di creare in azienda uno spazio che offra libertà e possibilità ai talenti creativi di espandersi, senza temere di venire “uccisi” se si commettono errori. E, Bizzarri ne ha approfittato per lanciare il programma CEO Carbon Neutral Challenge e invitare altri leader ai vertici dei marchi della moda a registrarsi per diventare aziende più sostenibili. Ha addirittura scritto una lettera aperta specificando come le aziende dovrebbero apportare modifiche per ridurre le loro dannose emissioni di gas serra, essendo la moda la seconda industria più inquinante al mondo dopo il petrolio. “In Salesforce abbiamo quattro valori fondamentali: fiducia, successo dei clienti, innovazione e uguaglianza. E, abbiamo anche una responsabilità maggiore: creare un mondo migliore e più sostenibile. Ecco, perché gli obiettivi delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile (SDGs, United Nations sustainable development goals) sono stati in primo piano e al centro di Dreamforce quest’anno” ha evidenziato Benioff. Inoltre, ha permesso a un manifestante, in nome della libertà di parola, di parlare per alcuni secondi e di criticare il contratto di Salesforce con la U.S. Customs and Border Protection (Dogana e Polizia di Frontiera degli Stati Uniti), che è divenuto oggetto di controversie, perfino tra molti dipendenti dell’azienda stessa, a causa delle preoccupazioni sulle pratiche di questa agenzia statunitense, sotto l’amministrazione presidenziale di Donald Trump, di trattenere migliaia di persone, compresi i bambini.

“Marc è pazzesco, riesce a integrare tutto insieme: il prodotto, l’azienda, la filantropia, il marketing, … Per lui fare del bene con la società è fondamentale” racconta di lui Paolo Bergamo, italiano di Rovigo, ingegnere all’Università di Ferrara, senior vice presidente di Salesforce, dove cominciò a lavorare già dal 2006. “Prima avevo creato la start up Sendia, che fu la prima ad essere acquisita da Salesforce“ precisa, mentre ricorda di aver lavorato anche alla UCLA di Los Angeles, con il Professore Leonard Kleinrock, il “padre di internet”, e poi con Steve Jobs. “Steve fu uno dei mentori di Marc, io lavorai con lui invece un mese a Cupertino e imparai tantissimo dalla sua pignoleria, attenzione per la perfezione e i dettagli… Il maggiore influsso di Steve su Marc è stato quello che sei fai qualcosa, lo devi fare al massimo. Un esempio banale è la realizzazione dei nostri video, hanno una qualità altissima. Seppur brevi, li chiamiamo film, con tanto di sceneggiatura e regia. L’intento, al momento, è di creane sempre più, come quello fatto con Brunello Cucinelli…” continua. “Marc è poi molto fiero di Trailhead, una piattaforma di elearning, che abbiamo cercato di realizzare in modo che l’utilizzo fosse il più semplice possibile. E’ gratuita, basata sulla gamification dei contenuti ed è accessibile a tutti, quindi, non solo ai patiti dell’alta tecnologia. Il suo intento è quello di formare sui temi della IV Rivoluzione Industriale e creare una comunità di Trailblazer con l’obiettivo di inventare sempre qualcosa di nuovo… Del resto se in italiano la traduzione è pioniere, in inglese il significato del termine è apripista, nel senso di percorsi alternativi: nuovi, diversi, migliori, rispetto a quelli del passato, integrando filantropia e business, secondo la volontà di Marc Benioff. Integrazione è una parola sacra per lui: se si opera facendo del bene, si dà una visione potente alla piattaforma. E, Marc sa essere inesauribile, è molto bello e stimolante lavorare con lui. Sono felice di essere una persona di cui si fida e che ascolta. Tra l’altro un italiano… Del resto, lui ha da sempre applicato il concetto di diversità ed è stato bravo a capire chi può avere un potenziale. Nella mia esperienza ho detto, a volte, cose per cui mi avrebbe potuto “cacciare”. Invece, è stato paziente, ha creduto in me, mi ha lasciato crescere” conclude.

Nella cerimonia di apertura di Dreamforce 2019, che si è conclusa poi addirittura con una performance di Alicia Keys, si è spiegato come, attraverso piattaforme come l’organizzazione Merivis (merivis.org), si possono integrare carriere di veterani nel cloud computing, sia di singoli individui, quindi, che di aziende, come Louis Vuitton, Ducati, State Farm Insurance,… Si punta a mettere il cliente al centro di un’esperienza interattiva e personale in un’avventura di trasformazione digitale. I Trailblazer si adattano per diverse situazioni al fine di trovare nuove vie per avere successo. “Ecco, perché siamo qui come Trailblazer: per migliorare lo stato del mondo con fiducia, successo dei clienti, innovazione, uguaglianza. La parte migliore è che tutti possono essere un pioniere con l’aiuto di strumenti gratuiti come Trailhead” crede Marc Benioff. L’esperienza completa, che si serve anche dei nuovi strumenti dell’intelligenza artificiale e di altri mezzi tecnologici per il cliente, è chiamata Salesforce Customer 360. Ed è stato anche annunciato Customer 360 Truth, un insieme di funzionalità che unisce tutti i punti dati per creare un’unica visione del cliente. “I dati sono una parte importante di tutto ciò che stiamo facendo e di tutto ciò che i nostri clienti stanno facendo” dice Marc, sottolineando come questo possa offrire un’esperienza sempre più personalizzata. Il personaggio di Einstein, parte di quella campagna di Salesforce che si serve perfino di figure animate e divertenti (imperdibili sono i giocattoli di design, ormai amati anche da collezionisti), simili a cartoni animati o fumetti, per aiutare il cliente o spiegare i processi. Lanciato nel 2006 come guida per prevedere le esigenze di servizio, approfondire le conoscenze e consigliare i prodotti, sarà adesso a disposizione in tutto e per tutto per il cliente, non solo per vendite, assistenza e marketing. Einstein avrà capacità vocali ed è stato addirittura incorporato in Alexa, il servizio vocale di Amazon. Così con Einstein Voice Skills ogni azienda può trovare soluzioni vocali e creative.

Marc Benioff è molto legato anche alla sua Francisco, dove è nato ed è cresciuto in una famiglia ebrea e nello spirito della città, che da sempre è modello per l’America stessa di attivismo e impegno sociale. Si laureò in Business Administration all’University of Southern California nel 1986, ma già alla high school vendette la sua prima app, How to Juggle, per $ 75. A 15 anni fondò Liberty Software, creando e vendendo giochi come Flapper per il modello Atari 8-bit, e altri come King Arthur’s Heir, The Nightmare, Escape from Vulcan’s Isle e Crypt of the Undead. Un anno dopo guadagnava abbastanza per potersi mantenere da solo al college. Durante il periodo universitario lavorò a Apple, ma poi decise di accettare una posizione a Oracle, dove rimase per 13 anni, prima di lasciare per dedicarsi a tempo pieno a Salesforce, che fondò nel 1999. La sua missione era “la fine del software” proprietario, per questo pensò a una piattaforma in grado di fornire servizi on demand.

Da subito Marc Benioff dedicò molto spazio all’impegno civile e sociale e alla comunità, divenendo un incredibile filantropo. Il suo impegno focalizza ora principalmente sulle scuole pubbliche (a cui ha donato 67 milioni di dollari) e la salute dei bambini, sull’ambiente, sugli homeless, ma anche su iniziative artistiche. Lui e la moglie Lynne (con cui ha due figli) hanno di recente sponsorizzato un murales interattivo del famoso artista francese JR. Perfino Benioff è stato fotografo nel collage interattivo di personaggi e abitanti locali, con in mano un cartello dove evidenzia l’importanza dell’equità di paghe sul posto di lavoro. Quest’opera è tuttora al museo SFMOMA (sfmoma.org/exhibition/jr/) e la sua realizzazione è descritta in un libro The Chronicles of San Francisco. “Basta cliccare sulle persone su degli schermi di computer attigui, per sentire le loro voci sulla loro San Francisco… E’ un grande specchio di come è oggi la nostra città” ha spiegato. “E abbiamo aperto anche il primo hotel per homeless a Parigi” ha aggiunto. Con la Salesforce.com Foundation, fondata nel 2000, ha creato il modello 1-1-1 da integrare nella filantropia corporate, affinché si contribuisca con 1 per cento del valore azionario, 1 per cento di ore di lavoro del personale impiegato, 1 per cento di prodotto (donazioni di soluzioni Salesforce). Tra le altre varie iniziative Benioff ha donato inoltre 250 milioni di dollari all’University of California per finanziare gli ospedali per bambini UCSF Benioff Children’s Hospitals. Nel 2015 ha controllato e revisionato tutti i salari di Salesforce per assicurarsi che uomini e donne fossero pagati equamente (e spese 3 milioni di dollari per portare i salari in parità). Nel 2016 lui e la moglie hanno lanciato la Benioff Ocean Initiative all’University of California, Santa Barbara, per studiare la fauna marina. L’impegno di Benioff nella giustizia sociale lo ha perfino portato direttamente a lottare contro le proposte di legge negli Stati di Indiana e Georgia che consentivano la discriminazione contro i gay. Ha radunato altri imprenditori intorno alla causa, con risultati positivi. Voleva investire in Twitter, anche se ha rinunciato seguendo il consiglio dei suoi investitori e del suo team, che erano contrari. Per lui, invece, Facebook dovrebbe essere regolato come si fa con le aziende che producono tabacco e sigarette, perché può creare dipendenza, controlla i dati personali, coinvolge i ragazzini, diffonde messaggi politici, fa acquisizioni senza renderlo noto al grande pubblico, come nel caso di Instagram e Whatsapp, ha un potere incredibile come più grande piattaforma social media del pianeta: “Abbiamo bisogno di una legge nazionale sulla privacy. Altrimenti si otterrà un patchwork di leggi sulla privacy. Dobbiamo bloccare la nostra privacy e i nostri dati in modo da sapere dove stiamo andando”.

Quando lo abbiamo incontrato per Disrupt SF 2019 / TechCrunch, prima di Dreamforce 2019, dove è stato anche intervistato sul palco, ha spiegato come la sua visione sia evoluta nel corso degli anni, dopo tante esperienze, diverse e variegate, proprio come ha descritto nel suo ultimo libro: Trailblazer: The Power of Business as the Greatest Platform for Change. “Il primo libro che scrissi si chiama Compassionate Capitalism, il secondo The Business of Changing the World, il terzo Behind the Cloud, quest’ultimo, invece, l’ho realizzato, perché quando si diventa una realtà immensa come è Salesforce adesso, si devono approfondire i propri valori, andare più in profondità, lasciare da parte ego ed arroganza ed imparare ad ascoltare gli altri meglio, prestare più attenzione, seguire le nuove generazioni, bambini compresi. Per questo per me è davvero importante il lavoro che facciamo nelle scuole pubbliche. Quando parlo con questi bambini o ragazzi, quando guardo nei loro occhi, vedo me stesso… E li sento nel mio cuore, voglio che comprendano che sono lì per supportarli” ha rivelato.

E in questo libro approfondisce, ancora maggiormente che precedentemente, la sua storia, come il concetto di Ohana, del modello filantropico 1-1-1, dell’importanza del V2MOM (il modello di performance management utilizzato in Salesforce), del significato di come il business e i loro leader, come i loro team, possano divenire tutti parte di una piattaforma potente per cambiamenti positivi. “Quando in principio cominciai a cercare investitori per Salesforce, nessuno voleva darmi il denaro… Non riuscivano a vedere questa visione universale e progressista. Passavo il tempo a incontrare banchieri e uomini d’affari, ma riuscii ad avere i finanziamenti da investitori privati, amici ricchi a San Francisco e in Giappone (tra i primi investitori ci sono stati Larry Ellison, Halsey Minor, Magdalena Yesil, Stewart Henderson, Mark Iscaro, Nancy Pelosi, Igor Sill, n.d.r.)” ha ricordato. “Credo che il capitalismo così come lo conosciamo sia morto… Credo che vedremo un nuovo tipo di capitalismo e non è il capitalismo di Milton Friedman, che ha solo l’intento di fare soldi. Se l’orientamento di un fondatore di un’azienda o un amministratore delegato è solo quello, non credo che resterà a lungo al vertice…” ha chiarito. “Si deve fare business secondo modelli tradizionali, ma poi adesso si deve anche riflettere su che tipo di affari si stanno costruendo, è necessario operare su un livello di valori ed etica forti” ha riflettuto. “La fiducia è di certo uno dei nostri valori più importanti, altrimenti le persone che lavorano per te non avranno più voglia di farlo e i tuoi investitori se ne andranno. Ogni imprenditore deve rendersi conto di questo o pagherà un duro prezzo, perché finirà perfino di fronte all’opinione pubblica una persona con cui non si vuole fare business. Per me fare business non è mai stata una questione di denaro, ma di cultura. Ricordo una citazione dello scrittore Peter Drucker: “La cultura mangia strategia a colazione”. Bisogna guardare alla cultura che si vuole imprimere nella propria azienda, a sé stessi come leader, alle persone che si vuole essere, ai valori che si desidera lasciare e trasmettere al mondo, bisogna sapere ascoltare i propri clienti, come la gente che lavora per te e che ti circonda” ha sottolineato. “Diversi ricchi imprenditori in Silicon Valley rifiutano di occuparsi del problema degli homeless, che è di grande proporzione a San Francisco di certo, ma anche in tutto il Paese. Quando mi reco al lavoro, non posso ignorare gli occhi di questa povera gente che mi osservano per le strade…” ha ammesso. Circa 7.500 persone – numero solo stimato, perché impossibile da determinare con certezza – sono homeless a San Francisco e più di 4.000 di loro dorme per strada ogni notte. E, con lo sviluppo di tante compagnie high tech, i prezzi delle case come quelli degli affitti e il costo della vita è aumentato tremendamente, facendola divenire una delle città più care al mondo, al punto che famiglie con guadagni annuali di $ 117,400 sono considerate a basso reddito. Marc Benioff e sua moglie Lynne hanno precedentemente donato 6,1 milioni di dollari per rinnovare il Bristol Hotel e creare spazi abitativi, come 11,5 milioni alla Hamilton Families’ Heading Home Campaign, 2 milioni alla “yes on C”, che promuoveva la Proposition C a San Francisco di tassare grandi aziende a favore di aiuti ai senzatetto, e hanno creato la UCSF Benioff Homeless and Housing Initiative, con una donazione di 30 milioni, per risolvere il problema dei senzatetto, integrandoli nella società e dando loro un alloggio.

Chi ha ispirato Benioff? Steve Jobs, Colin Powell, Larry Ellison di Oracle, con cui per un periodo fu anche molto amico, Einstein… Il guru hindu Mata Amritanandamyi, che incontrò durante un viaggio in India, per averlo spinto a essere generoso con gli altri (durante il suo periodo ad Oracle soffrì di burnout e prese un anno sabbatico per girare il mondo, andare in India e alle Hawaii, dove aveva imparato a fare meditazione). Ma, soprattutto, il grande esempio a Benioff è arrivato dalla sua famiglia: immigrati di Kiev nel commercio di pellicce che approdarono negli Stati Uniti in cerca di una vita migliore. Suo padre Russell aveva un business nell’abbigliamento e Benioff dice di aver imparato dal suo approccio: “Tutte le sue decisioni erano bianche o nero, giuste o sbagliate”. Sua madre Joelle, spesso ancora presente tra il pubblico, quando lui parla sul palco, vide in lui qualcosa di speciale, e lo supportó, invece di ostacolarlo, quando da teenager si chiudeva per ore in cantina per lavorare a sviluppare giochi al computer. Il nonno materno, Marvin Lewis era un avvocato pioniere nelle idee, come quella rivoluzionaria di costruire la linea di trasporto metropolitano Bay Area Rapit Transit (BART). Quando camminava con il giovane Marc per le strade di San Francisco, spesso lasciava 20 dollari (una somma consistente per quel periodo) agli homeless che vedeva per la strada.

Il segreto del successo per Marc Benioff? Avere sempre l’approccio del principiante, grazie alla meditazione, che lo spinge a restare aperto alla curiosità, alla gratitudine, ad essere sempre pronto ad imparare. E’ per lui una pratica che lo ha reso più felice, più produttivo e più umano. L’apprese dal noto monaco buddista Thich Nhat Hanh. “Mi aiuta a staccare e a riconnettermi con il pensiero del principiante. L’ansia sparisce e un senso di infinità senza tempo prende il sopravvento, permettendo a qualità come la gentilezza, l’empatia e la compassione di emergere” confessa. Perché secondo lui come crede il maestro di Zen Suzuki: “Nella mente del principiante ci sono molte possibilità, nella mente dell’esperto ce ne sono poche”.

Sua speranza per un futuro migliore? Come scrive: “Immaginate un futuro, nel quale gli amministratori delegati e le loro aziende di tutto il mondo applichino lo stesso principio di focalizzazione e innovazione che utilizzano per i problemi del business più complessi a risolvere le più complesse problematiche sociali. Insieme, possiamo far divenire quel futuro una realtà, creando culture di attivismo in cui ogni individuo è personalmente coinvolto nel rendere il mondo un posto migliore”.

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