Tratto dal numero di Forbes di febbraio 2020
Se non ci sono dubbi sul fatto che l’acronimo Esg costituisca la bussola che orienta oggi il mondo delle aziende, è pur vero che le tre lettere che lo compongono non assumono lo stesso rilievo nelle strategie delle imprese. Quasi tutti coloro che si appellano a questi principi sono infatti concentrati sull’impatto ambientale delle proprie attività (da cui la “E” di environment) e alcune si mostrano particolarmente attente ai temi dell’inclusione sociale (la “S”), mentre sono poche quelle che curano la governance (la “G” dell’acronimo), cioè la creazione e il mantenimento delle regole di buon governo. Ne abbiamo parlato con Daniela Bruno, fiscalista ed esperta di governance.
Come si stabiliscono corrette regole di governance?
Partirei da una premessa: la sostenibilità non rappresenta più una sfera d’azione separata rispetto al business delle aziende. Le imprese devono oggi integrare l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo sia per gestire i rischi, sia per cogliere appieno le opportunità di mercato e di crescita. Avere un buon governo societario significa molte cose: ad esempio la presenza di consiglieri indipendenti, le politiche di diversità – di genere, etnica e così via – nella composizione dei cda e degli organi di controllo e la remunerazione del top management collegata a obiettivi di sostenibilità. E, ancora, prassi correnti di welfare aziendale, policy su come vengono trattati i dipendenti e i fornitori, attenzione all’ambiente in cui si lavora, adeguati investimenti in innovazioni pensando al futuro, politiche corrette per acquisire le risorse che servano alla stabilità e sostenibilità dell’impresa nel tempo.
Quali sono i modelli governance prevalenti?
Non esiste una soluzione ottimale per tutti, ma alcuni principi sempre validi sì. Ad esempio, il processo di selezione e nomina degli amministratori deve essere trasparente e garantire una composizione che privilegia diversità, equilibrio e qualificate esperienze professionali che possano diventare patrimonio aziendale. Le imprese, nell’ottica di un’efficace governance della sostenibilità, devono riconoscere l’importanza di integrare in Cda specifiche competenze socio-ambientali, di mantenerle aggiornate mediante programmi di aggiornamento e di valorizzare l’impegno dei consiglieri sul tema attraverso incentivi legati alle performance. Non solo: negli organi apicali devono essere inclusi componenti che abbiano competenze puntuali sulle tematiche Esg collegate al business in cui opera l’azienda.
E la diversità di genere?
È un altro obiettivo da perseguire. Purtroppo resta invece ancora risicatissima la presenza femminile in ruoli decisionali: secondo il terzo rapporto CS Gender 3000 del Credit Suisse Research Institute, solo il 5% delle 3mila aziende distribuite in 56 paesi coinvolte nella ricerca ha un ceo donna.
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