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Gli effetti del Covid-19 sui risultati delle società quotate, studio Mediobanca

(Imagoeconomica)

L’Area Studi Mediobanca ha analizzato l’impatto della pandemia del Covid-19 sui bilanci del primo trimestre 2020 di 25 società industriali e di servizi concorrenti all’indice di Borsa Ftse MIB. Si tratta di 13 società a controllo privato e 12 società a controllo pubblico, 16 manifatturiere, 6 energetiche/utilities, 2 di servizi e 1 petrolifera. Lo studio contiene un focus dedicato interamente ai gruppi manifatturieri pubblici e privati.

Trascurando gli impatti in termini di capitalizzazione, variati dal momento in cui l’analisi è stata conclusa a oggi, lo studio si concentra sui risultati finanziari nei primi tre mesi dell’anno.

I dati finanziari del primo trimestre 2020

Rispetto al primo trimestre del 2019, le società analizzate hanno perso complessivamente ricavi per quasi €14 mld (-13,7%).  Tra i settori, i servizi hanno registrato il minore calo (-8,8%), seguiti dalle energetiche/utilities (-10,5%), mentre il petrolifero con Eni (-25,2%) e la manifattura (-11,8%) riportano le maggiori perdite di fatturato.  Tra le società brillano Recordati (+12%), Snam (+8,1%) e STM (+7,4%). Nei primi tre mesi del 2020 le società analizzate hanno perso oltre €5 mld a livello di margini industriali (-48,2% sul 1Q 2019).

Se da un lato il settore energia/utilities è riuscito ad aumentare il Margine operativo netto (+3,7%), dall’altro si registrano il crollo della manifattura (-61,9%), la flessione dei servizi -27,9%) e il passaggio in terreno negativo di Eni. Recordati (+19%) si distingue anche per la crescita del MON, seguita da STM (+11,4%) ed ENEL (+4,3%).

Capitolo risultato netto. Per le società del FTSE MIB il primo trimestre 2020 si è chiuso in rosso, segnando una perdita netta di quasi €8 mld (-8,2 p.p. sul 1Q 2019). Petrolifero (-27 p.p.) e manifattura (-9,6 p.p.) i comparti più in difficoltà. Bene, invece, i servizi (+4,9 p.p.) e l’energia/utilities (+0,9 p.p.). Da segnalare TIM con un utile più che triplicato (determinato in massima parte dalla plusvalenza sulla cessione del 4,3% di INWIT), Recordati (+20,7%) e STM (+8,0%).

Per quanto riguarda i dividendi, nel 2020 ne verranno distribuiti complessivamente oltre 900 milioni in meno (-7,2%) rispetto al 2019. La riduzione riguarderà soltanto i gruppi privati (-€1,6mld), mentre aumenteranno leggermente i dividendi distribuiti dai gruppi pubblici (+€0,7 mld).

Anche sul fronte liquidità si registra una contrazione: nel primo trimestre 2020 essa è diminuita di oltre €9 mld, pari a un sesto delle consistenze a inizio anno (-15,3%). Tra i settori, i servizi sono gli unici ad aver incrementato la propria cassa (+51,7%), con petrolifero (-39,3%) e manifattura (-23,9%) in netto calo. Tra le società, invece, le migliori sono state Poste Italiane e Amplifon (consistenze raddoppiate), Hera (+38,2%) e DiaSorin (+14,6%). Complessivamente, a fine marzo 2020, la liquidità è pari al 19,1% dei debiti finanziari (era il 24,4% a fine dicembre 2019); un dato molto vicino a quello della crisi finanziaria del 2008.

Discorso simile per il rapporto debiti finanziari/capitale netto. Anche questo indicatore, che misura la stabilità finanziaria, ha segnato un peggioramento aumentando al 117,7% (era al 107,0% a fine 2019).

Il Focus sulla manifattura

La pandemia da Covid-19 ha prodotto una crisi economica senza precedenti che si è abbattuta con violenza anche sulla grande manifattura italiana quotata sul FTSE MIB e che opera sul territorio nazionale con 101 grandi stabilimenti (51 al Nord, 23 al Centro, 22 al Sud e 5 nelle Isole).

Una crisi che non sorprende: tra tutti i settori, il manifatturiero è stato il più penalizzato dal lockdown, con il 59% delle aziende costrette alla chiusura (contro il 37% dei servizi). Il calo del fatturato avvenuto nel primo trimestre 2020 (-11,8%) è il peggiore degli ultimi 30 anni e l’unico in doppia cifra. A diminuire sono stati specialmente i ricavi realizzati nell’area EMEA (-15,4%), seguita dalle Americhe (-10,6%) e dall’area Asia e Pacifico (-5,7%).

La flessione è più netta per la manifattura privata (-13,6%) rispetto a quella pubblica (-3%). Allo stesso modo, per quanto riguarda i margini industriali (MON -61,9%), la manifattura privata registra un crollo (-71,1%) assai superiore rispetto a quello dei gruppi a partecipazione pubblica (- 31,1%).L’incidenza del margine industriale sul fatturato (ebit margin) è il più basso dal 1994 e si ferma a quota 2,9% (era il 7,9% nel 2019). Le difficoltà riguardano anche le altre principali voci di bilancio: nei primi tre mesi del 2020 si è registrata infatti una perdita netta di €2,2 mld e una contrazione di -9,6 p.p. del risultato netto rapportato al fatturato rispetto al 1Q 2019 (la più ampia delle ultime tre decadi). Anche in questo caso la manifattura privata subisce un colpo più pesante (-10,4 p.p.) rispetto a quella pubblica (-5,9 p.p.). Per quanto concerne la liquidità , infine, il calo si avvicina a un quarto del totale (-23,9%, pari a -7,4 mld), con la manifattura privata che perde -4,8 mld di cassa e la pubblica -2,6 mld rispetto alla fine del 2019.

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