Robert K. Greenleaf mise assieme Federico II di Prussia, Hermann Hesse e Hillary Clinton. Nel 1970, il suo The Servant as Leader (‘Il servo come leader’) riprendeva l’imperatore che si definiva “primo servo dello stato”, si ispirava al Pellegrinaggio in Oriente di Hesse e citava un discorso della giovanissima Hillary. Il saggio definiva il concetto di ‘servant leadership’: l’idea per cui la caratteristica fondamentale del leader è quella di supportare chi gli sta intorno e renderlo migliore.
Il principio definito da Greenleaf riassume la visione della leadership di Silvia Ferrari, hr director di The Walt Disney Company in Italia. “È una filosofia incentrata non solo sul principio di guida, ma anche su quelli di supporto e di servizio”, spiega. “Questo approccio mi ha permesso di entrare in sintonia con tutti i contesti, maschili o femminili”. Nel settore dell’intrattenimento, Ferrari ha cominciato dalla cima: Disney ha rappresentato il primo impatto con il mondo dei media, dopo esperienze in oil & gas e biomedicale, beni di largo consumo e retail. “Non avevo un background legato a questo mondo: ero un’outsider”, ricorda. “Il pragmatismo e l’attitudine a risolvere problemi e gestire complessità, però, sono doti trasversali. Credo sia per questo motivo che sono riuscita a gestire un passaggio come quello dall’oil & gas al media & entertainment e ad assorbire quella che qui chiamano ‘Disney difference’: una cultura aziendale fondata sulla creatività e l’informalità”.
Nata in provincia di Savona nel 1971, Ferrari è in Disney dal 2011. Cresciuta sul mare, si è trasferita in Toscana per iniziare una carriera nel campo delle risorse umane, dopo la laurea in legge all’università di Pavia e il master in Human resources management. Ha lavorato in General Electric, Tyco, Birra Peroni, Upim e Sephora.
“Pochi anni prima del passaggio in Disney, ero responsabile hr di uno stabilimento produttivo nel settore biomedicale”, racconta. “Avere maturato esperienze in ambiti così diversi permette di sviluppare doti come la velocità d’azione e l’adattabilità al cambiamento”. Un bagaglio che considera prezioso per muoversi in un gruppo delle dimensioni di Disney – 65,4 miliardi di dollari di fatturato globale nel 2020 -, le cui attività spaziano dall’editoria ai canali televisivi, dal retail alla distribuzione cinematografica. “Lavorare qui significa, ad esempio, passare da riunioni sui parchi ad altri in cui si parla di come lanciare film e contenuti”.
Nell’ultimo anno, dice Ferrari, “la sfida più grande è stata pensare fuori dagli schemi e trovare modalità alternative per permettere alle persone di lavorare in piena pandemia. I principali temi da presidiare a livello di hr, oggi, sono le nuove modalità di lavoro agile, il benessere organizzativo, la formazione e lo sviluppo. Tra gli altri progetti, stiamo cercando di diffondere tra il personale la mentalità per cui il cliente è al centro di ogni scelta e va portato all’interno di tutti i processi aziendali: dalla pianificazione alla ricerca di mercato, fino al momento delle decisioni”.
Per sintetizzare il segreto di un hr efficace, Silvia Ferrari utilizza un’espressione inglese: hands-on: pratico, pragmatico, concreto. “La credibilità va costruita con l’esperienza sul campo”, spiega. “Bisogna andare oltre il concetto di partnership. Occorre essere integrati nei processi di decisione quotidiani. Servono una profonda conoscenza del business e curiosità. L’hr è un consulente in grado di leggere le tendenze in atto: deve sapere attivare processi di cambiamento culturale e organizzativo, ben prima che quegli stessi trend diventino oggetto di conversazione ovunque”.
Parlare di una donna di potere significa evocare anche il tema della parità di genere. Ferrari assicura di non avere subìto discriminazioni e di non avere mai avvertito “il peso di essere donna”. In più di vent’anni di carriera, però, ha potuto osservare come sia cambiato l’atteggiamento generale in materia di parità. “I mutamenti sono arrivati perché è stato permesso alle donne di assumere ruoli di leadership e dimostrare sul campo capacità e competenze. I casi di successo hanno creato terreno fertile e contesti sempre più pronti ad accogliere le donne in posizioni di vertice. Ho visto poi una sempre maggiore ‘ingegnerizzazione’ del concetto di parità di genere, attraverso programmi strutturati e inserimenti di progetti appositi nei piani strategici. Sempre più spesso vengono assegnati obiettivi individuali ai dirigenti e viene organizzata una formazione dedicata”.
Cinque anni fa Disney ha lanciato l’iniziativa Women’s Month: un programma internazionale per sensibilizzare verso la parità di genere attivo anche a livello locale, che il team hr di Disney Italia ha portato avanti con tavole rotonde, conferenze, testimonianze, interviste e sessioni formative per i dipendenti, coinvolgendo anche voci esterne ed esperti. I dipendenti internazionali di Walt Disney hanno dato origine anche ai Berg (Business employee resource groups), gruppi volontari – presenti da quest’anno anche nel nostro Paese – formati da persone che condividono interessi e obiettivi, con la funzione di “supportare le varie comunità del tessuto aziendale”. Women@Disney è uno dei due Berg attivi in Italia, assieme a Disney Pride. “Serve a supportare le donne nella crescita professionale”, spiega Ferrari. “Contribuisce a creare un ambiente di lavoro più inclusivo”.
In materia di parità, secondo Ferrari, Disney ha ‘una responsabilità speciale’. L’azienda ha infatti contribuito come poche altre a plasmare l’immaginario popolare e, in particolare, quello dei bambini. “Abbiamo l’opportunità e la responsabilità di creare storie, esperienze e prodotti che catturano l’immaginazione di generazioni in tutto il mondo. L’impegno è farlo includendo tutte e tutti”.
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