cambiamento climatico
BrandVoice

È giunta l’ora di fare i conti col rischio climatico. Banche e assicurazioni che lo ignorano affonderanno in Borsa

Articolo tratto dal numero di settembre 2021 di Forbes Italia. Abbonati!

A cura di Massimo Grandis, amministratore delegato di Mediolanum Assicurazioni

“La guida diceva che una visita a Venezia era una tappa obbligata nel Grand Tour che mille anni fa gli aristocratici e ricchi inglesi, tedeschi e nordici compivano come rito di passaggio al termine della pubertà. La guida aveva poi aggiunto che a loro era mancato il brivido di vedere Venezia sommersa. E non solo occasionalmente a causa dell’acqua alta, ma proprio inabissata per sempre, visitabile solo in sottomarino. Milordo, turista mitteleuropeo, era animato da gran curiosità, in quel suo viaggio condotto nell’anno 2786”.

Questa citazione è tratta liberamente dallo splendido libro Viaggio nell’Italia dell’Antropocene di Telmo Pievani e Mauro Varotto, edito da Aboca. Gli autori, in un brillante racconto supportato da solide basi scientifiche, ci fanno vivere la geografia del nostro Paese tra 1000 anni, nel 2786. Un’Italia abissalmente diversa da come la vide J.W. Goethe nel suo famoso Viaggio in Italia del 1786. La Pianura Padana sarà quasi completamente allagata. I milanesi andranno al mare ai Lidi di Lodi. Padova e tantissime città saranno sommerse, altre sopravviveranno in un articolato sistema di palafitte urbane. Le coste adriatiche diverranno un susseguirsi di fiordi. Roma sarà una metropoli tropicale e la Sicilia un deserto roccioso. Le persone sfuggiranno alle temperature oppressive vivendo sovente in sotterranei sventagliati dalla onnipresente aria condizionata, cercando svago in infiniti centri commerciali, consumando merci. Quest’ultime le sole a poter varcare le frontiere, chiuse e sigillate agli esseri umani che altrimenti cercherebbero di emigrare verso il Nord alla ricerca di climi più miti, creando così disordini e nuove guerre tra popoli.

Il racconto fantascientifico di Milordo fa capire il valore sociale ed economico di una maggiore sintonia, individuale e collettiva, con il rischio. D’altronde, mi confronto con il rischio da sempre, prima per sport, poi per lavoro, facendo l’assicuratore. Ho imparato che è un compagno di viaggio che va tenuto vicino e, se possibile, anticipato. Il riassicuratore elvetico Swiss Re mette nero su bianco uno stress test significativo: The economics of climate change: no action not an option/ April 2021. Si indica che, se non saranno adottate misure efficaci contro l’innalzamento globale delle temperature, un aumento stimato di 3,2°, entro il 2050, potrà generare una perdita del 18% del Pil globale.

In sintonia con quanto evidenziato nel Global Risk Report promosso dal World Economic Forum di Davos 2021, report che cita, nell’anno della pandemia, il climate action failure come maggiore rischio mondiale dopo il Covid 19. Swiss Re si spinge a misurare questo impatto, diversificato e terrificante in alcune aree: nel Sud Est Asiatico si stima un urto del 37,4%, in Medio Oriente e in Africa del 27,6%, in Asia del 26,5% e in Cina del 23,5%. L’area Ocse conterrebbe i danni al 10,6%, gli Stati Uniti al 9,2% e l’Europa al 10,5%, con Paesi meno colpiti come Finlandia, 5,5%, e Svizzera col 6,1%. L’Italia contrarrebbe il Pil del 14,8%, rivaleggiando con Francia e Grecia al 13,1%.

Stiamo parlando di scenari sconvolgenti per i nostri figli. Avere coscienza di quanto accade oggi e non agire, ci addosserebbe tremende responsabilità. Forse Milordo, visto quanto accaduto di recente, direbbe che la pandemia è stata un momento di ristoro per il pianeta? Che il genere umano sta diventando il più grande virus per la Terra? L’Accordo di Parigi, stipulato tra 196 Paesi nel dicembre 2015, ha generato uno strumento giuridicamente vincolante, basato per la prima volta su principi comuni per tutti i Paesi. Esso si prefigge azioni concrete e misurabili per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi celsius rispetto al periodo preindustriale, puntando a un aumento delle temperature pari a 1,5 gradi celsius. Inoltre, mira a orientare i flussi finanziari, privati e statali verso uno sviluppo a basse emissioni di gas serra e a migliorare le capacità di adattamento al cambiamento climatico. Viene concessa maggiore discrezionalità ai Paesi poveri, sottolineando il ruolo di leader del cambiamento ai Paesi maggiormente sviluppati.

La recente nomina di Biden a presidente Usa ha rinnovato la focalizzazione sul problema. Il Leaders Summit dello scorso aprile, da lui stesso indetto, ha rimarcato l’urgenza di intervento. D’altronde, Cina e Usa producono da sole il 50% delle emissioni di gas serra a livello globale. Se approvato dalla Camera dei Rappresentanti, il Clean Future Act si prefigge di raggiungere la neutralità climatica per il 2050 e, come obiettivo intermedio, di ridurre le emissioni del 50% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Milordo certamente si preoccuperebbe della nostra Italia. Le nostre banche e assicurazioni raccolgono questa sfida epocale? Direi di sì. L’Eba, European Bank Association, ha varato nel marzo 2021 una nutrita lista di Kpi, Key Performance Indicators, conosciuti come Gar, Green Asset Ratio, che consentiranno di misurare le iniziative, il loro impatto sulla sostenibilità e la consistenza delle attività finanziarie volte al raggiungimento dei target dell’Accordo di Parigi. Già nel 2022 le principali banche europee dovranno dimostrare il loro impegno in tal senso. Con tutta probabilità, il Gar e il ranking Esg (enviromental, social e governance) nel prossimo biennio cominceranno a influenzare il corso azionario di banche e assicurazioni. Per esempio, finanziare un’azienda che allestisce campi per produrre energia solare o erogare un mutuo per un immobile energeticamente autonomo farà maturare un punteggio positivo.

Tuttavia, un impianto di regole, pur valide, da solo non basta. Il cardine del cambiamento risiede nei comportamenti collettivi, ma soprattutto individuali, più responsabili. Scelte di acquisto e consumo più consapevoli. Ma attenzione, sono convinto che cambiare la gerarchia dei nostri bisogni non ci farà vivere peggio, ma meglio. Le aziende che oggi supportano i nostri consumi non sono destinate a bilanci dimagriti e patiti. Se sapranno cavalcare il cambiamento, con intelligenza e lungimiranza, raggiungeranno nuovi mercati e conseguiranno nuovi grandi successi. Sono certo che in tanti vorremmo vedere Milordo a passeggio per piazza San Marco. Never give up!

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .