Simone Ranucci Brandimarte, presidente dell'Italian Insurtech Association, digitouch
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60 milioni di investimenti in Insurtech non bastano: l’Italia resta il fanalino di coda in Europa

Con 60 milioni di investimenti in insurtech nel primo semestre 2021, l’Italia fa registrare una forte crescita. Basti pensare che in tutto il 2020 si erano registrati appena 50 milioni. Tuttavia, il volume degli investimenti in Italia risulta ancora insufficiente rispetto alla media europea. Da inizio 2020 fino a giugno 2021, al netto delle operazioni di Ipo, la Gran Bretagna ha investito 2,8 miliardi di euro, la Germania 2,5 e la Francia 2,2 miliardi di euro. Questa la fotografia del mercato insurtech italiano al 30 Giugno 2021 scattata dall’Insurtech Investment Index, ideato da IIA-Italian Insurtech Association, l’associazione che riunisce più di 200 player del mercato assicurativo, ed elaborato dall’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano.

I dati sono stati presentati oggi durante la presentazione della Seconda Edizione dell’Italian Insurtech Summit, il più grande evento innovativo del settore assicurativo italiano, organizzato da IIA, che si terrà il prossimo 20 e 21 settembre. Due giorni completamente dedicati all’innovazione digitale del settore, che vale il 7% del Pil e impiega nel nostro Paese oltre 400 mila risorse, e agli scenari che l’ecosistema insurtech ha davanti, anche alla luce delle conseguenze della pandemia.

“Il mercato italiano non è ancora maturo per affrontare la sfida dell’insurtech, uno scenario che la nostra associazione sta denunciando da tempo.  Bisogna intervenire con urgenza su tutti i fronti per dare una risposta efficace alla nuova domanda.  Ora o mai più, come reca il titolo dell’edizione del summit di quest’anno, vanno realizzati investimenti, aumentate le competenze digitali, favorita la sperimentazione con soluzioni insurtech innovative” ha commentato Simone Ranucci Brandimarte.

L’Insurtech Investment Index Report ha evidenziato come il rapporto tra compagnie assicurative e start up sia ancora a uno stato embrionale in Italia, rispetto a quanto accade in altri paesi europei. Mentre nel primo semestre del 2021 in Germania le compagnie assicurative hanno investito 900 milioni di euro in start up, in Francia 300 milioni di euro e in Gran Bretagna 400 milioni di euro, in Italia sono stati investiti appena 60 milioni.

Nel nostro Paese le aziende assicurative sono aperte alla collaborazione, ma prediligono ancora sviluppare internamente la maggior parte delle soluzioni. Solo marginalmente ricorrono all’investimento in startup insurtech: infatti appena il 22% delle compagnie ha effettuato almeno un investimento nei primi 6 mesi del 2021 (19% a fine 2020), mentre il 66% ha avviato almeno un progetto interno (63% a fine 2020) e l’80% ha realizzato almeno una partnership con start up o altri player dell’innovazione (75% a fine 2020). Il 58% delle compagnie ha poi dichiarato di non aver effettuato alcun investimento in start up e secondo le loro previsioni la situazione non cambierà nella seconda metà dell’anno, con il volume di investimenti che rimarrà pressoché invariato.

“Agli occhi di chi crea innovazione per le Assicurazioni da anni, i dati raccolti da IIA fanno emergere la rigidità strutturale e normativa che induce le Compagnie italiane ad una certa timidezza verso le startup tecnologiche” commenta Natalia Antongiovanni, business development officer ICG. “Credere in un partner tecnologico innovativo, startup o meno, è in parte un atto di fiducia, perché non sempre il vantaggio che ne deriva si riflette immediatamente sul combined ratio. In Italia più che in altri paesi, le rendite di posizione rallentano il processo di trasformazione digitale e spesso si investe in innovazione per una richiesta del mercato o per seguire i trend di Stati Uniti e resto d’Europa, piuttosto che per una reale percezione dei vantaggi che ne derivano. Per sbloccare questo processo, cogliendo lo spirito del Next Generation EU, il Sistema Italia dovrà agevolare ogni forma di investimento e partnership relativa alla trasformazione digitale”.

Ad aggravare lo svantaggio italiano rispetto agli altri Paesi sono inoltre le competenze digitali nel settore assicurativo. Solo il 34% delle compagnie intervistate ritiene gli asset tecnologici interni adeguati per far fronte alle sfide del mercato, rispetto al 66% della media europea. Solo nel 34% delle compagnie esiste una struttura dedicata all’innovazione, contro il 77% in Europa. Forte il divario anche per quanto riguarda la presenza di una digital unit (2% in Italia contro l’85% in Europa). Il 71% delle compagnie ritiene infatti che ci sia un gap tecnico e digitale a livello di competenze che limita la capacità di sviluppare nuovi prodotti e servizi che siano in linea con le nuove esigenze di un consumatore sempre più digitale.

Infatti, il consumatore digitale, che oggi rappresenta il 32% del target assicurativo, crescerà sempre più nei prossimi anni in modo esponenziale. Entro 10 anni l’82% delle persone interessate a prodotti assicurativi sarà digitale e, secondo i principali istituti di ricerca, l’offerta di questo genere di polizze crescerà in Europa del 30/40% in un decennio. I segnali di questo trend, sotto la spinta di nuove abitudini e stili di vita come la micro mobilità, le auto e le case sempre più connesse, la sharing economy, una maggior attenzione alla salute, sono già visibili, visto che sono state circa 400 mila le persone che hanno acquistato polizze digitali nei primi sei mesi del 2021, con una crescita del 114% rispetto al 2020.

Dall’indagine condotta da EFMA in collaborazione con IIA emerge come le polizze digitali avranno nei prossimi 10 anni un ruolo sempre più importante tra i prodotti assicurativi nei vari ambiti. In particolare si stima che le polizze digitali in ambito automotive – escluso RC auto che è obbligatoria, saranno il 31% sul totale nel 2030, nel settore travel le polizze digitali peseranno per il 43%, per il 36% per quanto riguarda la mobilità, il 28% per le polizze casa, il 24% per le assicurazioni su infortuni. Il 24% delle assicurazioni per la cura degli animali sarà digitale.

La pandemia ha infatti trasformato il settore assicurativo secondo 3 direttrici. Innanzitutto è aumenta da parte dei consumatori la consapevolezza sull’importanza di proteggersi (salute, reddito) e la percezione di utilità della industry assicurativa, accelerandone la domanda. Poi è aumentato l’interesse sull’offerta, specialmente quella digitale. E infine il digitale non è più solo un canale distributivo, ma è diventato un abilitatore di nuovi servizi e prodotti assicurativi.

Per questo motivo l’auspicio di IIA è di aumentare gli investimenti in insurtech da 50 milioni del 2020 a 1 miliardo di euro nel 2023 attraverso: creazione e acquisizione di competenze digitali da parte di tutti gli operatori della filiera, maggiori sperimentazioni e collaborazioni, creazione di poli insurtech, sviluppo di un modello open. “Si tratta di un traguardo assolutamente fattibile, in quanto la cifra di 1 miliardo rappresenta il 5% del totale degli investimenti del settore assicurativo” commenta Simone Ranucci Brandimarte, presidente di IIA. “Come IIA ribadiamo l’urgenza di indirizzare tali investimenti in insurtech affinché si inneschi un circolo virtuoso a vantaggio di tutto il settore che sempre di più sarà trainato, sia in termini di domanda che di offerta, dal digitale, altrimenti c’è il rischio di rimanere schiacciati da player stranieri”.

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