Dharmesh Shah miliardari
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È nato in una città senza strade asfaltate e ha usato il primo computer all’università. Ora è un miliardario del cloud

Questo articolo è apparso su Forbes.com

Mentre sempre più aziende, durante la pandemia da Covid-19, si spostavano online e ampliavano l’uso di software basati sul cloud, società come HubSpot – che aiuta le società a gestire il marketing digitale, le vendite e il servizio clienti sul cloud – hanno raccolto i frutti del fenomeno. Le azioni di HubSpot, azienda con sede a Cambridge, in Massachusetts, che si è quotata alla Borsa di New York nel 2014, sono cresciute del 73% dall’inizio dell’anno. Un’ascesa che ha portato il patrimonio del suo cofondatore e chief technological officer, Dharmesh Shah, oltre la soglia del miliardo di dollari.

Martedì 14 settembre il prezzo delle azioni ha raggiunto i 671,83 dollari. La quota del 3,4% in mano a Shah ha superato così il miliardo di dollari di valore. Shah possiede anche 43 milioni di dollari in opzioni, che portano la stima del suo patrimonio a circa 1,1 miliardi di dollari. In ogni caso, lo scaltro imprenditore è probabilmente ancora più ricco: in un post del 2018 su Medium, rivelò di avere acquistato azioni di Facebook nel giorno della quotazione del gigante dei social media e di non averne mai acquistate né vendute da allora. (Il titolo di Facebook è salito quasi dell’885% rispetto all’Ipo, contro il 2.211% di HubSpot). Shah ha venduto anche una precedente startup alla società di software SunGard per circa 15 milioni di dollari nel 2005. Un portavoce di HubSpot non ha voluto rilasciare commenti sul patrimonio di Shah.

HubSpot ha più di 120mila clienti che vanno da SoundCloud ai Vancouver Canucks della National hockey league (la lega professionistica nordamericana di hockey su ghiaccio), fino a Suzuki e al Minnesota freedom fund, organizzazione senza scopo di lucro. La società ha visto crescere i ricavi degli abbonamenti – raggiungendo i 300 milioni di dollari nel secondo trimestre del 2021, con un +53% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno – e sfrutta un 2020 da record, in cui ha registrato 883 milioni di dollari di ricavi e una perdita netta di 7,6 milioni. HubSpot dichiara di aspettarsi una redditività positiva nel 2021, con un utile netto previsto di 108 milioni di dollari su entrate per l’anno di 1,3 miliardi.

Shah, 53 anni, ha fatto molta strada dalla sua infanzia. È nato infatti ad Ankleshwar, nell’India occidentale – all’epoca, dice Shah, la città non aveva semafori ed erano ben poche le strade asfaltate -, nella casa dei suoi genitori e senza medici presenti, con il solo aiuto di una levatrice. La sua famiglia emigrò negli Stati Uniti e poi in Canada quando era ancora piccolo, prima di tornare in India quando Shah era al liceo, per curare sua nonna. Shah si iscrisse all’università in India, per studiare ingegneria meccanica. I suoi genitori, però, tornarono presto negli Stati Uniti e si stabilirono nell’Indiana, e lui li seguì.

Shah non aveva mai usato un computer prima di seguire un corso di introduzione all’informatica alla Purdue university. “Fu il proverbiale amore a prima vista”, ha dichiarato quest’anno Shah al blog One million by one million. “Nonostante non avessi nemmeno preparato una valigia, non tornai mai indietro. Sono stato fortunato ad avere trovato presto questa passione. Sono rimasto nel campo del software per la maggior parte della mia vita professionale”.

Si trasferì alla fine alla Università of Alabama at Birmingham, dove si laureò in informatica, prima di entrare nella società di software SunGard come sviluppatore. Due anni dopo, nel 1994, lasciò per fondare la sua società, Pyramid digital solutions, all’età di 24 anni, assieme a suo fratello, che all’epoca ne aveva 17. La avviò lui stesso, con meno di 10mila dollari.

I due fratelli fecero crescere Pyramid per oltre dieci anni, prima di venderla al loro ex datore di lavoro, SunGard, nel 2005. Fu allora che Shah si trasferì a Cambridge, nel Massachusetts, per frequentare la business school del Mit, dove incontrò il futuro cofondatore di HubSpot, Brian Halligan. Il giorno dopo la conclusione del programma, Shah e Halligan unirono le loro forze e lanciarono HubSpot.

“Avevo promesso a mia moglie che non avrei avviato un’altra società dopo avere venduto la prima”, ha raccontato Shah a marzo al podcast Small business trend. “Parte della motivazione è stata il fatto che Brian e io andavamo così d’accordo e avevamo una passione condivisa per le piccole imprese. Volevamo creare una società di software assieme”.

La coppia ha lanciato HubSpot nel 2006, in uno spazio di lavoro arancione chiaro di Cambridge, a un miglio dal Mit. La startup si è concentrata sull’inbound marketing, che utilizza strumenti come i blog, gli eventi e gli annunci a pagamento per aiutare le aziende ad attrarre, mantenere e allargare la loro base di clienti. Oggi HubSpot offre abbonamenti a software che aiutano le società a gestire le relazioni con i clienti, il marketing, i contenuti e le vendite, per prezzi che vanno dai 45 dollari al mese per il servizio base a 3.200 per il servizio di marketing completo. Gli abbonamenti hanno contribuito per il 97% alle entrate totale di HubSpot nel secondo trimestre 2021.

Halligan, il 54enne cofondatore che svolgeva il ruolo di ceo di HubSpot dal momento della sua nascita, si è dimesso a settembre ed è ora presidente esecutivo. La notizia è stata data ad agosto, cinque mesi dopo che Halligan era rimasto ferito in un incidente in motoslitta. Halligan possiede una quota dell’1,4% di HubSpot, corrispondente a un valore di 441 milioni di dollari, più altri 213 milioni in opzioni su titoli. Il ruolo di amministratore delegato è andato all’ex chief customer officer di HubSpot, Yamini Rangan, arrivato da Dropbox nel gennaio 2020.

Per Shah, il successo di HubSpot è la prova che gli imprenditori non devono scoraggiarsi se la loro prima startup non è così rivoluzionaria come speravano. “La tua prima idea non deve per forza cambiare il mondo”, ha dichiarato al blog One million by one million. “Non ho mai incontrato un imprenditore che abbia avuto una sola idea in tutta la vita. A volte, è il caso di aprire un secondo capitolo”.

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