Metaverso
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La battaglia del metaverso: come i giganti della tecnologia si sfidano sui nuovi mondi digitali

Articolo tratto dal numero di dicembre 2021 di Forbes Italia. Abbonati!

Mark Zuckerberg insultato, denigrato e temuto nemmeno fosse la peggior canaglia di un film di James Bond. E da un momento all’altro, in effetti, potreste immaginarvi proprio lui, 007, che fa irruzione nell’ufficio levigato di Mark e blocca il guru mentre sta per annunciare l’ultima e più pericolosa delle sue diavolerie: “Il metaverso, la nuova frontiera di internet”. Prendete un video a caso di quella presentazione caricato su YouTube (in cui, tra le altre cose, Zuckerberg ha cambiato il nome della società: non più Facebook, ma Meta), andate a leggere i commenti, e scoprirete che non ce n’è quasi nemmeno uno positivo. “Tutto ciò è letteralmente terrificante”, scrive Rebecca, un’utente YouTube. “Vuole creare Matrix e dominarci”. T Dolla, altro utente, aggiunge: “Questo Halloween, se vuoi spaventare davvero qualcuno, fagli vedere questo video. E non solo perché Zuck è un mostro. È il tema generale che è agghiacciante, l’idea che Facebook – con il metaverso – sia pronto a controllare il nostro futuro digitale”. Per Zuckerberg il metaverso è un internet “incarnato”, dove invece di vedere soltanto contenuti, “ci sei dentro”. 

È sorprendente quanto il mondo della Silicon Valley si faccia influenzare dalla fantascienza. Il termine metaverso è stato coniato in Snow Crash, romanzo del 1992, in cui l’autore, Neal Stephenson, si riferisce a uno spazio virtuale abitato sia da umani che da ‘demoni’ digitali. Il primo a sorprendersi dell’impatto culturale di quell’invenzione è lo stesso Stephenson. “Inventavo cose, scemenze…”. Ma gli imprenditori del tech lo hanno letto e preso sul serio. Ce ne sono alcuni, tra cui il designer di Google Earth e Jeff Bezos di Amazon, che hanno ammesso, in tempi meno sospetti, di essere stati ispirati profondamente da quel libro.

Che cos’è il metaverso

Oggi la parola magica dell’industria tech è proprio metaverso. Annunciato come “successore dell’internet mobile” dalle corporation tecnologiche e da alcuni trai i più grandi produttori di videogiochi. L’idea è produrre un mondo digitale vasto e immersivo, inesorabilmente intrecciato con il nostro mondo fisico. Il tutto creerebbe un’esistenza virtuale senza soluzione di continuità e senza fine. Nel metaverso, invece della solita riunione su Zoom, potresti ricevere i tuoi colleghi nella rappresentazione digitale del tuo ufficio, sedere con loro attorno a un tavolo, bere un frullato artigianale digitale, e ogni persona sarà una versione realistica di se stessa, sempre digitale. È un mondo che si nutre di realtà virtuale. Ma per fiorire davvero ha bisogno di realtà aumentata. Il metaverso non è solo un luogo in cui vai nel mondo digitale, ma qualcosa che si sovrappone al mondo reale. In questo scenario potresti portare a spasso il tuo avatar nella strada sotto casa, dove altre persone (che indossano appositi occhiali) vedrebbero una versione aumentata della realtà, incluso il tuo alter ego digitale. Questa è la parte più interessante (e tecnicamente più complicata da eseguire). Nella presentazione di Zuckerberg abbiamo visto un uomo seduto in un parco che gioca a scacchi virtuali con l’ologramma azzurrognolo di un amico (magari collegato al metaverso dall’altra parte del pianeta). Zuckerberg non ha spiegato come sono state create quelle spettrali immagini 3d. Ha solo detto che Facebook (anzi, Meta) investirà 10 miliardi di dollari l’anno per rendere quel mondo possibile, rafforzando quindi i dispositivi Oculus di realtà virtuale e aumentata. 

Ma torniamo per un attimo ai commenti lasciati su YouTube. Cosa ci dicono? Primo, che c’è davvero poca simpatia per Zuckerberg; secondo, che tutto questo ben di dio tecnologico è visto come una trappola grottesca da cui tenersi lontani. Una distopia scintillante per rendere Mark ancora più ricco e rafforzare il controllo che ha sulla vita delle persone. Oppure, nel migliore dei casi, un elaborato piano di marketing per far dimenticare i problemi di Facebook (di cui parleremo più tardi). Il fatto curioso però è che tanti aspetti del metaverso già esistono – e sono stati criticati, a volte ignorati, ma anche accolti con curiosità ed entusiasmo. Tecnologie emergenti come blockchain, criptovalute, non fungible tokens (Nft), giochi online come Fortnite e Roblox, che in realtà sono mondi digitali dove vivere, socializzare, comprare. In circolazione ci sono già decine di milioni di visori per realtà mista e virtuale. Lo scorso maggio Gucci ha lanciato la sua prima collezione appositamente per Roblox. E qualcuno ha trovato subito il modo di guadagnarci: una borsa, originariamente venduta a 5 dollari, è stata ricomprata a più di quattromila. Dopo il rebranding di Facebook in Meta, la criptovaluta di Decentraland, una piattaforma 3d supportata dalla blockchain di Ethereum, è schizzata del 400 per cento. Sempre su Decentraland, la casa d’aste Sotheby’s ha appena creato la replica della sua sede di Bond Street per vendere una collezione d’arte digitale. Sono solo alcuni esempi di un mondo in divenire, caotico e imprevedibile, fatto di realtà ormai non più tanto parallele che crescono e si sovrappongono.

Chi controlla il metaverso (o i metaversi)

Questo, in definitiva, potrebbe essere il metaverso (o i metaversi). E la vera questione è chi finirà per controllarli. In questo senso, i commenti al vetriolo contro Zuckerberg sono piuttosto eloquenti. La nuova Facebook, cioè Meta, parte da una posizione di indubbia forza: i suoi social network hanno una massa combinata di più di quattro miliardi di utenti; in più, la società ha investito già molto nella realtà virtuale e aumentata (ad agosto è stato lanciato Horizon Workrooms, un ufficio 3d a cui si accede tramite avatar e visori Oculus). Ma le dimensioni di Facebook potrebbero anche essere il suo punto debole. Per prima cosa, all’opinione pubblica piace sempre meno l’idea che una manciata di persone (o corporation) abbia un potere così profondo sulle nostre vite digitali. E poi ci sono le cattive pratiche ormai abbastanza documentate di cui si è macchiata Facebook: scarso controllo sui contenuti, disinformazione, violazioni della privacy, algoritmi tossici. Chi vorrebbe un internet ancora più immersivo e pervasivo governato da Zuckerberg? Quei commenti inviperiti sono una chiara risposta. 

Ma, ovviamente, non c’è solo Facebook. Anche Microsoft è partita col coltello tra i denti alla conquista del metaverso. Ha scelto, però, un approccio più graduale. Come primo passo, nella prima metà del 2022, chi utilizza Teams potrà apparire sottoforma di avatar nelle riunioni online con i colleghi. Dunque, un piccolo assaggio di metaverso (tecnicamente succede che alcune funzioni di Mesh, la piattaforma Microsoft di realtà virtuale, saranno disponibili anche su Teams, che finora era stata frequentata solo da persone in carne e ossa). La strategia quindi è mischiare facce da cartone animato e volti reali, per far sì che milioni di utenti comincino a sentirsi a proprio agio con la nuova realtà. Potrebbe essere questo il metodo più furbo, spiega Peter Barrett, un venture capitalist che ha investito nella realtà virtuale. Su una cosa, poi, Microsoft è sicuramente in vantaggio: già 250 milioni di persone usano Teams una volta al mese, rispetto ai sette milioni di utenti che pagano Facebook per la piattaforma di lavoro Workplace. Non è chiaro, però, se dopo la pandemia – in cui si è scoperto il lavoro da casa – ci sia davvero tutta questa voglia di tornare in ufficio, per di più in uno artificiale. E poi c’è da dire che sono in molti a trovare questi dispositivi di realtà virtuale, visori come Oculus, divertenti all’inizio, ma scomodi e intrusivi con il passare dei minuti. Ma i big della tecnologia scommettono moltissimo sul futuro del lavoro. Credono che le aziende, malgrado rischi e ostacoli iniziali, si rivolgeranno ai metaversi per far collaborare i loro dipendenti in smart working. C’è una ricerca che dà un ordine di grandezza a queste manovre: secondo il gigante della consulenza PwC, entro il 2030 quasi 24 milioni di lavoratori useranno realtà aumentata e virtuale per formazione, riunioni e servizio ai clienti. Ed è così che saranno creati, al di fuori del mondo del gaming, i primi alter ego digitali: avatar che le persone – questa è la speranza – porteranno fuori dagli uffici in un universo virtuale più grande. Secondo Alex Kipman, responsabile di intelligenza artificiale e realtà mista in Microsoft, spostarsi tra i differenti metaversi sarà come passare da un sito web all’altro nell’internet di oggi. Nelle loro esplorazioni, continua Kipman, gli utenti manterranno sempre la stessa identità, portandosi dietro altri beni digitali.

Le strutture decentralizzate

Ma questi nuovi mondi quanto saranno collegati tra loro? Non è detto che le grandi società del tech vogliano adottare standard concordati. Ed è una domanda aperta findove si spingeranno nel rendere i loro regni digitali veramente accessibili agli altri. In ogni caso, spiegano quasi tutti gli analisti, le basi tecniche di un mondo di metaversi collegati sono ancora di là da venire. La cosa abbastanza chiara, invece, è che i movimenti dei nostri avatar (le nostre preferenze, i nostri acquisti), continueranno a creare l’asset più importante dell’economia del 21esimo secolo: le informazioni digitali. Dati che potrebbero essere tracciati, ancora una volta, da pochissime grandi società. In questo, l’obiettivo di Facebook è esplicito: Zuckerberg, si legge sul Wall Street Journal, vuole che il metaverso raggiunga un miliardo di persone e generi centinaia di miliardi di dollari in commercio digitale già in questo decennio. 

Ma c’è una evoluzione nella struttura del web che potrebbe rendergli la vita un pochino più difficile – a lui e agli altri big del tech. Un movimento di rivolta che ha eretto negli anni una specie di barricata anarcoide ricca di promesse. Questo nuovo spazio potrebbe essere immaginato come una frontiera del web più libera, autonoma, costruita in opposizione all’internet dominato dalle grandi corporation. In termini più tecnici si tratta di strutture decentralizzate che sfruttano il potenziale delle blockchain. Un esempio è Decentraland, un mondo virtuale aperto, la cui proprietà appartiene completamente agli utenti. E dove, tra le altre cose, poco tempo fa si è tenuto un grande evento musicale, annunciato con un po’ di fanfara come ‘il primo festival del metaverso’. “In queste strutture, attraverso la blockchain, è stato possibile un vero passaggio da piattaforme centralizzate a realtà decentralizzate”, spiega Niccolò Cappon, ceo della piattaforma di virtual reality Network in Vr. “Gli utenti collaborano alla creazione e alla crescita di queste piattaforme, e ne traggono benefici diretti. Possono avere una vera proprietà delle risorse grazie alle criptovalute. In alcuni casi hanno diritto di voto tramite blockchain, ottengono altri diritti attraverso monete digitali e Nft”. In generale, continua il ceo di Network in Vr, si può dire che blockchain e token offrono una governance della comunità prima impensabile, e garantiscono sia la proprietà diretta delle risorse digitali, sia lo scambio di valore tra gli stessi membri della comunità. Ed è vero: chi abita mondi come quello di Decentraland possiede e ‘coltiva’ la propria terra digitale; commercia, fa affari con gli altri partecipanti, e insieme a loro contribuisce a decidere le scelte di governo attraverso le cosiddette organizzazioni autonome decentralizzate, cioè reti che garantiscono contratti e stato di diritto grazie alla blockchain, senza bisogno di autorità centrale. 

Insomma, pare proprio una fuga libertaria dall’universo big tech, il quale offre servizi fantastici e affidabili (la maggior parte delle volte), ma in un regime centralizzato e piuttosto dispotico. Una certa cautela, però, è sempre raccomandabile. Un cinico potrebbe ricordare (a chi giustamente trabocca di entusiasmo) che molte di queste nuove piattaforme sono create da società for profit. Società che quindi hanno i loro interessi economici, e che il più delle volte riescono a stabilire le regole del gioco. E allora, con che tipo di pionieri avremo a che fare?  

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