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Influencer virtuali e personificazione: l’ultima rivoluzione del branding

Il concetto di personificazione di un brand è molto affascinante. È interessante cercare di comprendere come un brand si comporterebbe se fosse una persona, che cosa dimostrerebbe di amare o di odiare con i suoi comportamenti. Per farlo, può essere utile applicare il cosiddetto ‘framework archetipico’ reso popolare da Carl Jung. Ad esempio, si ritiene che il brand Coca-Cola si basi sull’archetipo dell’“Innocente” e questo spiega perché il brand si concentra sulla rappresentazione di momenti di semplicità. Incoraggia cioè i consumatori a trovare gioia nel quotidiano, magari passando il tempo con la famiglia e gli amici. 

Nell’ultimo periodo, però, la personificazione di un brand è andata oltre, grazie alla nascita e all’esplosione degli influencer virtuali, cioè degli avatar creati a computer con sembianze umane. Le stime più autorevoli quantificano la spesa complessiva che le aziende sosterranno nel 2022 per l’influencer marketing in circa 15 miliardi di dollari – contro gli 8 miliardi del 2019 -, e una fetta crescente sarà spesa per gli influencer virtuali. Se fino a giugno 2020 gli influencer virtuali presenti sui social media erano circa 50, infatti, oggi si calcola che siano oltre 150.  

Si può senza dubbio affermare che, attraverso gli influencer virtuali, la personificazione di un brand è passata dall’essere una costruzione a poche dimensioni a una costruzione decisamente multidimensionale. Perché con gli influencer virtuali è possibile progettare un brand come se si trattasse di progettare (quasi) realmente un essere, con un nome, un volto e persino uno stile che ne incarni la personalità e le motivazioni che lo portano ad agire.

Il caso dei brand cinesi

Se vogliamo capire qualcosa di più sugli influencer virtuali, dobbiamo però guardare lontano, verso la Cina. Se nei paesi occidentali gli influencer virtuali sono infatti ancora considerati futuristici, in Cina molti brand già si connettono con il pubblico – in particolare quello più giovane – attraverso i cosiddetti key opinion leader (kol) virtuali. 

Già nel 2017 l’azienda cinese di prodotti per la cura della pelle Pechoin ha collaborato con uno dei kol virtuali più noti, Luo Tianyi, per una serie di cosmetici a tema, resa disponibile sul sito di e-commerce Tmall. Grazie poi all’enorme varietà del panorama social cinese, i brand possono creare contenuti ed esperienze assai diversificate attraverso i kol virtuali. Ad esempio, lo stesso Luo Tianyi ha organizzato un live streaming su Taobao – negozio online simile a eBay – assieme a Li Jiaqi, un influencer in carne e ossa noto con lo pseudonimo di ‘re dei rossetti’, molto famoso in Cina. Dopo qualche difficoltà tecnica nel primo live streaming, nell’aprile 2020, il secondo, nel maggio seguente, ha raccolto oltre tre milioni di spettatori. 

Un secondo brand cinese con una strategia kol virtuale sofisticata è Perfect Diary, che opera nel settore della cura della persona. L’azienda ha creato centinaia di gruppi WeChat guidati dal suo kol virtuale, Xiao Wanzi, e ha sviluppato una linea di prodotti appositamente per Xiao – il cui nome inglese è Abby’s Choice -, venduta esclusivamente su WeChat. Sulla stessa piattaforma vengono anche condivise offerte speciali, lanci di nuovi prodotti e consigli di bellezza. Abby’s Choice ha un mini-programma dedicato all’interno di WeChat per la vendita dei prodotti, disponibile solo per i clienti che si uniscono a uno dei gruppi o che ricevono un collegamento da un amico. Nonostante un pubblico di nicchia, i live streaming tenuti attraverso il mini-programma hanno una media di 60-70mila spettatori per singolo stream. Utenti che scrivono centinaia di commenti sui contenuti di bellezza e cura della pelle.

C’è anche McDonald’s

Un altro gruppo di personaggi virtuali famoso in Cina è il K/DA. Si tratta di un gruppo musicale composto da quattro “ragazze” che si esibiscono regolarmente in League of Legends e che, a Ottobre 2020, ha partecipato alla Shanghai Fashion Week digitale. Qui sono state viste in una sessione di prova di capi virtuali Louis Vuitton. Rimanendo tra i brand occidentali del lusso che hanno abbracciato i kol virtuali per raggiungere i giovani cinesi, un altro esempio interessante è quello di Burberry. Il brand britannico ad agosto ha collaborato con la pubblicazione di moda, intrattenimento e musica Nylon China, con il rapper Victor Ma e con due kol virtuali, Xiaobing e He Chang, per produrre il brano hip-hop Runway 2.0. Una settimana dopo l’uscita, il video aveva già raggiunto 2,1 milioni di visualizzazioni e più di 51mila “mi piace” su Weibo. 

Un altro caso, al di fuori dei settori della bellezza e del lusso, è quello della consociata cinese di McDonald’s, che ha adottato una mascotte virtuale di nome Happy Sister, sempre per attrarre il pubblico dei giovanissimi. Con la crescita dei consumi, McDonald’s, negli ultimi anni, è diventato infatti un brand scelto soprattutto dagli adulti, mentre il suo status tra i giovani e i bambini è diminuito. Ora il pubblico più giovane può interagire con Happy Sister attraverso una mini-applicazione. La mascotte virtuale è posizionata all’ingresso di “Happy Little Members”, una sezione dedicata a servizi per i bambini come la preparazione di feste di compleanno, l’esposizione di giocattoli e la visualizzazione di attività di gioco.

Il proiettile d’argento per colpire i giovani cinesi

Non sorprenderà che i kol virtuali attirino soprattutto un pubblico giovane. Una ricerca del 2019 ha rilevato che il 64% dei cinesi tra i 15 e i 24 anni erano fan di idoli virtuali. Molti sono concordi nel ritenere che la percentuale sia aumentata negli ultimi due anni. Per loro i kol virtuali sono solo un altro tipo di celebrità: non è importante se siano reali o meno, ma quello che fanno, come si comportano, i contenuti che producono. Molti ritengono che la popolarità raggiunta dai personaggi virtuali sia conseguenza dell’enorme industria del cosiddetto settore acg (animation, comic and game, cioè animazione, fumetti e videogiochi). Un ambito che – secondo le statistiche ufficiali – nella sola Pechino è cresciuto del 30% nella prima metà del 2020, arrivando a valere oltre 50 miliardi di yuan (circa 7 miliardi di euro).

Inoltre, da numerosi sondaggi degli ultimi 24 mesi è emerso che, per i giovani cinesi, l’interazione con influencer virtuali irrealistici può aiutare a superare una particolare sensazione, cioè quella che in robotica viene chiamata uncanny valley. Vale a dire, la sensazione che le persone provano quando interagiscono con robot antropomorfi. I ricercatori hanno dimostrato sperimentalmente che la sensazione di piacevolezza provata dalle persone che interagiscono con robot antropomorfi può aumentare al crescere della loro somiglianza con gli umani, fino a un punto in cui l’estremo realismo produce invece un brusco calo delle reazioni emotive positive. Al punto da destare sensazioni spiacevoli quali repulsione e inquietudine.

A tutto questo si aggiunge anche la recente evoluzione della tecnologia per realizzare i kol, che ha dato la possibilità di sviluppare facilmente personaggi molto diversi e ha messo così i brand nella condizione di creare autonomamente i propri influencer virtuali. I brand potrebbero allora pensare che i kol virtuali siano un proiettile d’argento che può magicamente generare popolarità tra i giovani cinesi, per poi essere esteso in futuro anche ai mercati occidentali.

La personificazione del brand nel metaverso

Se gli influencer virtuali possono essere molto efficaci per raggiungere il pubblico dei giovani cinesi, più in generale rappresentano un’opportunità anche nel resto del mondo, poiché possono costituire un formidabile strumento per la personificazione del brand nel metaverso. Attraverso la tecnologie “metaversiane” sarà infatti possibile, per un abitante del metaverso, interagire con un brand come se questo fosse una persona. Si potrebbe (idealmente) costruire un’amicizia con Google, partecipare a un evento seduto accanto ad Apple, o fare una passeggiata assieme al brand preferito. Queste aziende non sarebbero più solo giganteschi edifici con finiture in vetro o prodotti da acquistare o indossare, bensì degli “esseri” costruiti digitalmente che appaiono e vivono di fianco al loro pubblico, realizzano esperienze condivise e si connettono in modo (semi) autentico. In un mondo in cui la realtà può essere reinventata, le aziende potranno fare leva sulle controfigure digitali per costruire connessioni profonde con il loro pubblico. 

Per realizzare tutto questo in modo efficace, sarà però necessario che l’identità degli influencer virtuali sia attraente agli occhi (e orecchie) degli altri abitanti del metaverso, proprio come una persona del mondo reale che vuole essere attraente per chi la circonda. Ecco allora che i brand dovranno imparare a progettare la loro personalità, il loro tono di voce e il loro modo di agire. Si tratta di dimensioni del branding che solitamente sono analizzate in modo astratto, e che ora – paradossalmente, con il metaverso – dovranno invece essere studiate con metodo e attenzione al dettaglio.

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