Giovanna Caruso Fendi
Cultura

Il polo artistico romano che si ispira ai caffè culturali delle avanguardie del Novecento

A inizio febbraio ha aperto al pubblico negli storici spazi di Palazzo Roccagiovine al Foro Traiano di Roma Forof, nuova realtà culturale promossa da Giovanna Caruso Fendi. Uno spazio che richiama le atmosfere dei caffè culturali delle avanguardie del ‘900. Invita gli artisti a realizzare interventi site-specific, allo scopo di fornire al pubblico un’esperienza immersiva nel contemporaneo.

Nei prossimi giorni, i Soundwalk Collective saranno promotori di un evento multisensoriale e multidisciplinare ispirato al rapporto tra uomo e intelligenza artificiale. Forbes Italia ha intervistato di Giovanna Caruso Fendi per approfondire la storia del progetto e le prossime iniziative culturali.

Da dove nasce il tuo impegno culturale? Sei un’amante dell’arte e la tua famiglia ha sempre avuto un grande interesse per il mecenatismo.

Da molti anni partecipo alle più importanti manifestazioni ed esposizioni nazionali ed internazionali. Ho una piccola collezione messa insieme in modo personale ed eclettico con artisti affermati ed emergenti, iniziata con due edizioni di Kounellis e uno Schifano che mi donarono i miei genitori. Tra le acquisizioni più recenti le ceramiche dell’artista transgender Agnes, un’installazione di Sabrina Mezzaqui, un piccolo dipinto dell’artista israeliana Bracha L. Ettinger e alcuni dipinti e disegni di France Lise McGurn. Il mio impegno è figlio di un’attenzione familiare all’arte e la cultura: la mia famiglia è sempre stata impegnata in iniziative culturali e di mecenatismo. Dal rifacimento e restauro delle fontane di Roma attivato dalle sorelle Fendi all’illuminazione dell’Arco di Giano realizzato dal premio Oscar Vittorio Storaro commissionato dalla fondazione Alda Fendi fino all’opera di Penone su via del Corso a Roma. La mia passione per la creatività è nata quando ero ancora bambina e ho avuto il privilegio di veder lavorare non solo artisti come Karl Lagerfeld, ma anche mia madre e le sue sorelle. Al di là del collezionismo e del mio impegno imprenditoriale, amo molto frequentare gli studi degli artisti, di solito accompagnata da mia figlia Veronica che da anni lavora nel settore e con la quale condivido la passione per l’arte contemporanea.

Parliamo di Palazzo Roccagiovine e della sua storia: da sede della Fondazione Alda Fendi a Forof, fra continuità e innovazione.

Forof a Foro Traiano 1 occupa gli spazi della prima sede della Fondazione Alda Fendi – Esperimenti. È grazie alla fondazione e alla collaborazione con l’allora soprintendente La Regina che si è potuto riportare alla luce i resti dell’abside orientale della Basilica Ulpia che sono custoditi nella zona ipogea dello spazio. Forof si impegna a presentare l’archeologia come stimolo per la produzione culturale contemporanea, in continuità con quanto fatto finora, rinnovando lo stesso impegno di tutela, valorizzazione e promozione culturale.

L’intervento di ripristino degli spazi è stata un’avventura complessa. Qual è stato l’approccio progettuale dello studio IT’S?

IT’S ha compreso immediatamente dove ci trovavamo e interpretato coerentemente lo spirito del progetto. Forof si trova in una zona ricchissima di storia e di tradizione. Allo stesso tempo, il mio desiderio era quello di fare una ristrutturazione interna che attualizzasse lo spazio e che fosse accogliente, sempre nel rispetto del contesto. Il cocciopesto proposto come materiale per il pavimento, ad esempio, rispecchia questo approccio ricercato, e rispecchia sia il tema delle sostenibilità sia l’antica tradizione romana. IT’S ha anche pensato alla luce come elemento di unione tra l’esterno e il graduale percorso verso il sito archeologico dell’ipogeo.

Che peso ha la tecnologia in uno spazio archeologico come questo?

La tecnologia è presente nel progetto dei Soundwalk Collective in molti più aspetti di quanti possa sembrare. Spesso, infatti, la tecnologia si ramifica nelle fasi progettuali delle mostre e delle opere. Il suono e la sua diffusione nell’ambiente sono uno degli aspetti più coinvolgenti di LOVOTIC e Soundwalk Collective ha studiato minuziosamente tutti i dettagli di diffusione nella parte ipogea della mostra. Penso che Stephan Crasneanscki e Simone Merli (fondatori di Soundwalk Collective, ndr) abbiano sapientemente lavorato con il sito archeologico attraverso un intervento di dialogo coinvolgente ma allo stesso tempo rispettoso. Hanno sfruttato il suono e la luce come strumenti potenti per trasmettere emozioni e sensazioni al pubblico.

Ha scelto di ispirarsi Cabaret Voltaire e agli spazi che sono stati incubatori delle avanguardie performative. C’è una ragione particolare legata a questa scelta?

Questa scelta è legata al fatto che vorrei che Forof diventasse un luogo di incontro tra persone e discipline, nello spirito di quei luoghi artistici che, come il Cabaret Voltaire, sono stati spazi di aggregazione e di creazione in periodi storici spesso travagliati ma di grande innovazione. Da questo punto di vista, la prima mostra presentata da Forof è proprio frutto della loro capacità di collaborazione e partecipazione. È inoltre un progetto complesso e articolato che coinvolge molte figure e discipline diverse, dalla musica alla scienza.

Qualche anticipazione sui futuri programmi dello spazio e in particolare sulle collaborazioni internazionali?

Forof è sostenuta e supportata culturalmente da un comitato scientifico composto da esperti che saprà bilanciare le partecipazioni internazionali a quelle italiane. Mi piace pensare che ci sia un sostegno alla produzione locale, che in questi ultimi anni abbiamo compreso essere fondamentale. Anticipazioni puntuali per ora non posso farle e mi piace mantenere un po’ di suspense. C’è ancora molto da scoprire nella collaborazione con Soundwalk Collective e del programma di Episodi da loro curato che accompagnerà la mostra fino a fine luglio.

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