di Stefania Barbato
Ce lo insegna anche Peter Thiel nel suo bestseller Zero to One: una startup è il frutto delle persone, delle loro idee, della loro conoscenza e dei loro contatti. Tutto questo, sommato, contribuisce a costruire il vero valore di un’azienda. Ecco perché, come sostiene il co-founder di Paypal, costituire il team di lavoro richiede molta attenzione. Ancora più lungimiranza è necessaria nella costruzione dell’advisory board, quel tavolo metaforico ma non troppo, dove si discute della strategia di una startup. Un organismo meno rigido rispetto al classico Consiglio di amministrazione ma che può essere un asset importante per ogni azienda. Perché quindi la tua startup ha bisogno di un advisory board? E come scegliere le persone giuste?
Cos’è un advisory board?
A differenza del Consiglio di amministrazione, si tratta di un organo informale che non ha diritto di voto ma ha il compito di supportare il compartimento manageriale dell’azienda al fine di prendere le migliori decisioni di business possibili. I pareri dei membri sono quindi dei consigli che hanno la possibilità di influenzare, far ragionare ma non hanno mai carattere vincolante.
La collaborazione è caratterizzata da flessibilità: ogni membro non ha una mansione o un ruolo specifico, ma è chiamato a fornire il proprio consiglio e mettere a disposizione il proprio know-how. Si tratta di un esperto in grado di fornire una propria visione, strategia o identificare possibili opportunità.
Gli incontri dell’advisory board hanno una minore frequenza rispetto ai consigli di amministrazione. I suoi membri non necessitano di una elezione formale, ma possono essere ingaggiati a chiamata, a seconda delle esigenze. Sempre a seconda delle necessità, i meeting possono vertere in maniera specifica su un certo argomento. Verranno quindi coinvolti quei membri in grado di fornire strategia su un tema business, legale, commerciale, finanziario o verticale sull’industry di riferimento.
Il vantaggio di avere un buon tavolo di consulenti è molteplice: attenzione alle innovazioni del mercato, comprensione dei temi macroeconomici, nuove strategie e opportunità interne o anche provenienti da mercati esteri. Oppure può servire a testare un certo prodotto o servizio prima del lancio sul mercato per analizzare in anticipo pareri positivi e negativi. Dato l’immenso valore come fonte di riflessione sul proprio business è importante quindi costruire un board con le persone giuste.
Come identificare l’advisor giusto
Il primo aspetto da chiarire è che il ruolo dell’advisor non sottintende la provenienza da uno specifico background. Deve essere un professionista in grado di portare un valore concreto grazie alle hard e soft skills che possiede, a servizio del management per costruire valore per la propria startup.
• Esperienza: è importante che il membro scelto possa effettivamente avere una certa expertise, non per forza nel settore di riferimento. Anzi, certe volte avere una visione da un settore o da un mercato diverso può essere un vantaggio competitivo importante. Così come non sempre la classica figura manageriale può essere la scelta giusta. Sono molte le realtà che infatti si avvalgono di advisor provenienti da ambienti non business (ad esempio accademici, ricercatori, tecnici) per poter ottenere una consulenza da un esperto del settore con una visione diversa. Ad esempio Apple, ai tempi di Steve Jobs, chiamava nel proprio advisory board anche designer o artisti proprio per avvalersi della loro esperienza come creatori e primi fruitori dei prodotti.
• Visionarietà: l’advisory board è uno strumento di crescita importante per ogni azienda, pertanto una visione strategica del mercato è fondamentale per poter respirare nuovi trend. Per cogliere opportunità di business o comprendere l’innovazione è fondamentale avere una certa dose di visionarietà, intrevedere le nuove direzioni, saper ispirare ma con un approccio concreto e orientato al business. Essere visionari vuol dire essere esperti di una certa materia tanto da saperne vedere anche i rischi e, se necessario, anticipare e segnalare anche quelli.
• Ingaggio: essere advisor di una startup vuol dire essere ingaggiati con la sua mission e con quello che ci si propone di realizzare. Non può essere un impegno limitato ai meeting di incontro stabiliti o altre formalità che il ruolo impone. Vuol dire porsi realmente l’obiettivo di far crescere la startup dando i migliori consigli, segnalando le opportunità ogni volta che si presentano ma anche mettendo a disposizione il proprio network se necessario.
• Flessibilità: una parola chiave quando si parla delle soft skills che permettono di definire un buon advisor. In primis gli si riconosce un ruolo di facilitatore, in grado di semplificare ed empatizzare con gli altri membri. Sa anche essere flessibile nella gestione del tempo relativo al suo incarico: se c’è un’emergenza non è irreperibile ma sempre pronto a fornire il suo contributo anche nelle situazioni più complesse.
• Complementarietà: così come team diversi portano valore sul mercato, a maggior ragione advisor con diversi background sono in grado di vedere opportunità laddove altri non ne vedono. Oltre alla grandiosa possibilità di completare quelle skill che magari risultano carenti all’interno del management team. Come sempre diversità è sinonimo di ricchezza.
Far funzionare la collaborazione
Abbiamo parlato dell’informalità che caratterizza la nomina di un advisor nonché la snellezza delle procedure. Ci sono delle best practices che possono sicuramente essere utili per far funzionare al meglio l’advisory board. Un report di McKinsey offre una raccolta di insights tratti dall’esperienza di member illustri provenienti da società come Johnson & Johnson, Pfizer e Motorola. Il primo consiglio che viene dato è quello di redigere un documento formale che possa aiutare a individuare quelli che sono gli obblighi ma anche i tratti peculiari dell’advisor, in maniera tale che per il leadership team sia chiaro quando quel membro è di cruciale importanza su un certo argomento o un altro.
Come detto prima, c’è anche poi il tema del coinvolgimento nella mission dell’azienda: quel tipo di passione che porta il membro a percorrere quel miglio in più per essere realmente d’aiuto al business. Oltre alla programmazione degli advisory board e ai consigli che emergono, è importante anche la cooperazione strategica con il ceo, una questione di chimica e di fiducia. E forse quest’ultima è proprio l’ingrediente segreto che fa dell’advisor un prezioso consigliere.
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