Alessandro Araimo
Business

Il potere dei contenuti: così Warner Bros. Discovery sta lanciando la sfida a Netflix, Amazon e Disney

Un tempo si sarebbe detto che ha l’argento vivo in corpo. D’altra parte non ci si può aspettare che uno nato a Massa Lombarda stia con le mani in mano. Alessandro Araimo, classe 1970, due figli, sposato con Rossella D’Ambrosio, già nella comunicazione di Kenzo e Swarovski, è appena stato nominato general manager Sud Europa di Warner Bros. Discovery e in precedenza ha avuto una carriera multitasking come manager, imprenditore, consulente nei mondi della tv, dell’editoria, del digital, delle telecomunicazioni, del management, sempre a cavallo tra Stati Uniti, Regno Unito e Italia e sempre per grandi gruppi. È approdato in Discovery nel 2014 come responsabile per il coordinamento e la gestione delle attività di business della region di Discovery Networks International che includeva Italia, Spagna, Portogallo e Francia. Nel febbraio 2017 è diventato executive vice president e general manager per l’Italia per poi assumere, nel marzo 2018, la guida dell’azienda come amministratore delegato di Discovery Italia.

In questi anni Araimo ha dato un forte impulso a vari segmenti di business di Discovery. Ha cominciato con l’acquisizione dal gruppo L’Espresso del canale Deejay Tv, poi trasformato in Nove (sì, quello dove c’è Crozza), e lo sbarco nel mondo ott con il lancio di Dplay, l’allora servizio di streaming di Discovery. Sotto la guida di Araimo, inoltre, Discovery ha ampliato il proprio portfolio free to air, con lancio nel 2018 di Motor Trend (canale 56), dedicato interamente ai motori, il lancio di Hgtv – Home & Garden Tv e il rilancio di Food Network (canale 33), a seguito dell’acquisizione internazionale del gruppo Scripps Networks Interactive. Il gruppo, con il marchio Eurosport, ha anche debuttato nel 2018 come broadcaster ufficiale dei Giochi olimpici di PyeongChang e l’Italia è stata uno dei Paesi dove le competizioni sono state più seguite.

Ma non è finita qui. Sotto la guida di Araimo, il gruppo Discovery ha lanciato in Italia a gennaio 2021 discovery+, il primo servizio streaming globale del gruppo, l’unico interamente dedicato ai contenuti di real life entertainment (non-fiction). Impossibile non ottenere una promozione. Infatti nel giugno scorso Araimo è stato nominato general manager Sud Europa Warner Bros. Discovery, a seguito della fusione del gruppo Discovery con Warner Media.

Tanto per dare un’idea, Warner Bros. Discovery raggiunge ogni mese 361 milioni di persone con i soli 55 brand dei canali lineari in 220 paesi e territori e in 50 lingue, ha un giro d’affari annuale di oltre 50 miliardi di euro, un enterprise value di 130 miliardi, investe in contenuti 20 miliardi ogni anno e con le piattaforme ott (Hbo Max e discovery+) ha già quasi 100 milioni di abbonati nel mondo.

Ma il mondo Warner Bros. Discovery è costituito da tantissime anime, quella cinematografica (da Harry Potter a Batman), quella del mondo scripted con le serie Hbo, i brand iconici come Discovery Channel e poi ancora il content licensing, l’home entertainment, il gaming e molto altro. Un gruppo eterogeneo e presente in ogni angolo del globo che ha deciso di lanciare la sfida ‘finale’ dell’intrattenimento agli altri colossi Netflix e Disney.

Senta Araimo, in termini economici cosa significa questa fusione a livello globale? 
Significa essere un leader globale nei media e nell’intrattenimento che crea e distribuisce il portfolio di contenuti e brand più differenziato e completo al mondo attraverso la televisione, il cinema e lo streaming. Ma ancora di più, significa essere un soggetto che di fatto è presente in tutti i diversi business dell’intrattenimento.

E in Italia? 
In Italia siamo ormai da anni solidamente il terzo editore per share (dopo Rai e Mediaset) con oltre il 7% nel 2022. Siamo l’editore più incline a sperimentare, a creare nuovi contenuti e a scovare talenti. Inoltre sul fronte commerciale possiamo contare sulla nostra concessionaria interna, la più dinamica sul mercato, che infatti nella prima parte del 2022 è quella che ha performato meglio, con un aumento del 2,5% rispetto al 2021 (130 milioni di euro nel periodo gennaio-giugno 2022, fonte Nielsen).

Insomma una bomba?
Diciamo che questa fusione rappresenta una grossa occasione per il gruppo perché abbiamo un grande vantaggio: le due aziende, Discovery e Warner Media, erano molto complementari. Di fatto abbiamo creato un portfolio che oggi va dalla creazione del contenuto originale globale, il grande film, la grande serie, allo sfruttamento di questo contenuto su tutte le finestre possibili che noi gestiamo in maniera diretta o indiretta.

Sarebbe a dire?
Le nostre produzioni sono distribuite nei cinema, sulle piattaforme ott, sulle piattaforme pay, sulle nostre piattaforme free, sviluppiamo il merchandising. Oggi abbiamo il controllo di tutta la catena del valore nel mondo dei media. Cosa che prima non poteva essere, perché a entrambe le aziende mancavano uno o più anelli della catena. E anche dal punto di vista della tipologia dei contenuti siamo complementari, con Warner molto più focalizzata sul mondo scripted – film e serie tv – e Discovery specializzata nel factual entertainment. La combinazione, da un punto di vista teorico, è ideale.

Non la faccia troppo semplice…
Non è semplice per niente. Anche perché poi naturalmente le aziende sono complesse, devono essere integrate e va trovata la struttura ideale per gestire in maniera sempre più efficace e sinergica i differenti business.

E quindi?
E quindi il nostro modello di business deve basarsi sulla massimizzazione del valore creato dal contenuto in ognuna delle finestre di sfruttamento. Proprio la gestione di questi differenti periodi rappresenta una delle sfide più importanti che abbiamo di fronte.

E voi in che modo potrete trarne vantaggio?
Dovremo essere molto abili, perché i nostri principali competitor non possono contare sull’articolato ecosistema proprietario che caratterizza Warner Bros. Discovery. La promozione potrà essere un fattore chiave: ad esempio, nel recente lancio del film Elvis, abbiamo utilizzato il nostro portfolio free to air per promuovere il film. Ma ovviamente siamo solo all’inizio, le opportunità sono davvero straordinarie.

In sostanza cosa vi differenzia da Netflix, ad esempio?
Warner Bros. Discovery ha diversi business: la distribuzione cinematografica, la vendita di film e serie tv (Sky, Rai e Mediaset sono tra i principali clienti in Italia), l’home entertainment, il gaming. Poi abbiamo il free to air con la vendita della pubblicità. E ovviamente i servizi ott, una linea di business che va completare un portafoglio molto più allargato.

Netflix e Amazon sono i vostri concorrenti più agguerriti?
Sì. Insieme a Disney. Però, come dicevo, abbiamo un vantaggio non indifferente.

Come pensate di crescere?
A livello globale abbiamo già oltre 100 milioni di abbonati. L’obiettivo è essere tra i leader di questo mercato. Dal punto di vista della produzione rappresentiamo già l’eccellenza: basta pensare che abbiamo avuto il maggior numero di candidature agli ultimi Emmy Awards, anche se vogliamo continuare a stupire il pubblico di tutto il mondo.

Hbo Max e discovery+, quale sarà il servizio su cui punterete?
La strategia sarà di unire i due prodotti e averne uno globale che possa andare in competizione con Netlix e Disney, che hanno un unico prodotto. È qualcosa che accadrà nei prossimi mesi, probabilmente già nel 2023.

Per far quadrare il conto economico, più pubblicità o più pay tv?
Storicamente abbiamo sempre mescolato i due sistemi più di altri competitor, facendo grande attenzione al bilanciamento tra pay e pubblicità. In Italia, da business esclusivamente pay siamo diventati uno degli editori più rilevanti nella tv commerciale. Anche sul fronte dell’ott, ad esempio, siamo stati tra i primi a scegliere l’ibridazione: oggi è possibile abbonarsi a discovery+ pagando una cifra inferiore ogni mese a fronte della visione di alcuni spot pubblicitari.

Il futuro sarà della tv o degli altri device?
Continuerà il trend di coesistenza di varie modalità di fruizione. Attenzione, però: il pubblico evolve. Oggi sulle piattaforme on demand ci sono più giovani che sulle piattaforme lineari ma c’è un pubblico consistente ancora fedele alle vecchie modalità di fruizione. Sono convinto che la linearità continuerà a esistere e le piattaforme andranno integrate.

E oggi?
Oggi abbiamo device diversi e, soprattutto, piattaforme diverse. Alla fine, soprattutto per la parte più evoluta del pubblico, che però sta diventando sempre più massa, non farà più tanta differenza, ma si andrà a cercare il contenuto. Poi come è distribuito diventa secondario. O meglio, diventa una scelta esclusiva del consumatore.

Con Eurosport avete uno dei canali sportivi tv di punta. La scelta di non trasmettere il calcio è strategica o economica?
È una scelta strategica. Da sempre Eurosport ha un palinsesto complementare al calcio. Tennis, ciclismo, sport invernali sono i pilastri su cui costruiamo la nostra offerta, che si arricchisce costantemente di approfondimenti, speciali e contenuti realizzati ad hoc. Accanto all’offerta globale siamo sempre molto attenti a cercare diritti locali che sappiano appassionare fasce sempre maggiori di pubblico: è stato così per il basket che abbiamo trasmesso per cinque anni sui nostri canali Eurosport e su discovery+.

Quindi lo sport farà sempre parte dell’offerta di Warner Bros. Discovery? È così anche negli Stati Uniti?
Sì, negli Stati Uniti siamo un investitore molto importante perché trasmettiamo gli sport più seguiti, a partire dall’Nba. Lo sport è uno dei pilastri della nostra offerta: intrattiene, appassiona e fidelizza. Per questo continueremo a essere uno degli attori rilevanti del mondo sportivo. La nostra idea è creare un’offerta sportiva premium che possa sposarsi bene con il resto dell’offerta premium di intrattenimento.

C’è una bella differenza tra produrre contenuti, come fate con i film, e comprare diritti come dovete fare con lo sport…
Infatti. Lo sport per sua natura ha delle caratteristiche completamente diverse dal resto dei contenuti, i cui diritti sono nostri. Le logiche d’investimento sono molto diverse. Inoltre in Italia i tempi di sfruttamento sono troppo corti: tre anni sono pochissimi per costruire valore, soprattutto se non si ha un prodotto già affermato come il calcio.

I suoi collaboratori le somigliano un po’?
Ho un team in cui credo ciecamente. Apprezzo le persone oneste, trasparenti, autonome, responsabili, perché tendo ad avere molta fiducia e cerco, per quanto possibile, di essere molto chiaro nelle priorità.

Quindi tutta gente sveglia?
Voglio collaboratori che abbiano entusiasmo, che sappiano portare avanti le proprie idee e siano propense al cambiamento. Persone che siano proattive. Il mondo dei media si muove rapidamente, e cosi le sfide personali possono cambiare con la stessa velocità.

L’ultima domanda. Un sacco di impegni, un sacco di fronti aperti, riunioni, viaggi, responsabilità. Trova il tempo per la famiglia?
Ah, certo. Di sicuro. Ho sempre faticato a comprendere i workaholic, o gli stakanovisti, come si chiamavano una volta. Deve sempre esserci un giusto equilibrio tra il lavoro e il tempo libero, soprattutto quello da dedicare alla famiglia. Io i weekend li passo con mia moglie e i miei figli. Di solito andiamo a sciare o in giro a visitare posti nuovi.

Impossibile che uno nato con l’argento vivo addosso passasse un weekend in poltrona davanti alla tv. Nemmeno per lavoro.  

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .