Paolo Castelletti
Business

Una piattaforma italiana ha digitalizzato la compravendita delle case: si conclude in sei settimane

La piattaforma digitale Kaaja ha un obiettivo: semplificare il processo di compravendita degli immobili. È unica nel suo genere perché, grazie ad algoritmi di proprietà, digitalizza tutte le operazioni di intermediazione, dalla promozione all’offerta, fino alla registrazione del compromesso, interamente notarizzato su blockchain. Il che vuol dire tempi più corti –  si conclude non oltre le sei settimane – e trasparenza dal primo istante. Nata nell’ottobre del 2020 come HomesToPeople e rinata un anno fa come Kaaja, la piattaforma è in rapido crescendo anche grazie all’ultimo round di investimento da 1,5 milioni, aumento di capitale guidato da Sensible Capital, la cui fondatrice, Silvia Rovere, è ora presidente del cda.

La proptech milanese, tale poiché sposa il mondo della proprietà con quello della tecnologia, è stata adocchiata Oltreoceano per un programma di accelerazione al Ruanway Innovation Hub di San Francisco, acceleratore che nei nove anni di attività ha raccolto fondi da 3,3 miliardi di dollari.  

Paolo Castelletti, cofondatore di Kaaja con Dario Cardile, in queste settimane è in Runway. Come Cardile ha maturato una lunga esperienza in Hubzu, tra i leader delle aste immobiliari negli Usa e nel gruppo Altisource, quotato al Nasdaq.

Castelletti, come si accelera a San Francisco, laddove batte il cuore della più sofisticata tecnologia al mondo?
Seguiamo una serie di sessioni di coaching che toccano diversi aspetti dell’imprenditoria, anche perché qui convergono startup di differenti settori e a diversi stadi di sviluppo, quindi con necessità diverse. Si discute di leadership, di sviluppo del business e di investimenti. Ieri per esempio ero a Santa Clara, nella Silicon Valley, per un evento di angel investor dove è stato interessante incontrare startup e verificarne l’approccio. Si organizzano incontri con realtà locali affini alla propria, così da poter avviare confronti.

Quali lezioni ricavate da questi confronti?
Il mercato immobiliare Usa è assai più evoluto e dinamico del nostro, ma proprio per questo siamo sempre più convinti dell’efficacia dei nostri servizi.

Il vostro punto di forza?
Il fatto che le piattaforme in circolazione offrano solo alcuni servizi,  qualche tassello di un processo che invece noi copriamo in toto. In Italia siamo gli unici a registrare l’intero processo su blockchain.

È possibile condurre tutto digitalmente? Proprio tutto?
Tutto salvo l’atto finale, il rogito, che per legge va fatto in presenza.

Un cliente cerca di casa. Accede alla vostra piattaforma. Poi cosa accade?
Trova la serie di immobili in vendita con tutta la documentazione a corredo: conduciamo sempre un’accurata due diligence affinché non ci siano sorprese in fase di acquisto. Quindi si va sul calendario per fissare un appuntamento di visita con l’agente immobiliare, nostro o di altre agenzie con cui collaboriamo.

Perché le visite sono in presenza?
Come preferisce il cliente. A dire il vero, la prima è per lo più a distanza, soprattutto se l’acquirente vive lontano, o addirittura  all’estero. E comunque, se condotta  da remoto, l’agente è in loco e mostra la casa durante una videochiamata. Le visite successive invece sono sempre in presenza. Anche negli Usa il 99% delle compravendite avviene solo dopo aver visto l’immobile di persona. Al secondo appuntamento, in genere, scatta l’offerta, che è online e garantita da un deposito tra i 200 e i 1.000 euro. Si procede quindi alla proposta d’acquisto e a un contratto preliminare in cui si indicano condizioni e caratteristiche dell’immobile.

Cosa ha imparato in Hubzu?
Che le lentezze del sistema di compravendita italiano possono essere risolte. Per questo abbiamo deciso di importare nel nostro Paese il modello di vendita sperimentato in Hubzu, allargando anche l’offerta dei servizi. La priorità assoluta è assicurare trasparenza e sicurezza.

Quanti immobili avete venduto a stranieri?
Tre su dieci. Esito straordinario se pensiamo che le transazioni di stranieri sul mercato italiano sono pari al 2%. Pensiamo che questa percentuale  si possa alzare, ed è possibile nel momento in cui assicuriamo al cliente straniero ogni forma di assistenza, sbrigando pratiche ostiche soprattutto agli occhi di chi non è italiano.

Curiosità. Kaaja cosa vuol dire?
Nella cabala indica una persona d’affari abile e corretta. Ci sembrava rispecchiare al meglio la nostra filosofia.

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