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Un casco come Iron Man e la divisa che chiama i soccorsi: le nuove tecnologie indossabili del Pentagono

Questo articolo di Jeremy Bogaisky è apparso su Forbes.com

“Povero Bob”, dice Alexander Gruentzig, indicando un manichino con il manico di un cacciavite che spunta dalla spalla destra. Il fondatore di Legionarius, startup dell’area di Boston, ha pugnalato Bob per mostrare le caratteristiche della divisa mimetica che indossa e che contiene un leggero strato di sensori. La divisa intelligente ha inviato un avviso a uno smartphone tattico, che mostra l’area della ferita, i segni vitali e la posizione di Bob. L’obiettivo, dichiara Gruentzig, è quello di far arrivare prima i soccorsi ai soldati feriti.

“Il 90% dei decessi evitabili in combattimento sono causati da emorragie massicce. Se si riesce a fermare l’emorragia nel primo minuto, le possibilità di sopravvivenza aumentano enormemente”, ha dichiarato Gruentzig a Forbes a ottobre, in occasione di una fiera della difesa a Washington, dove la sua tecnologia è stata presentata come uno dei vincitori dell’ultimo concorso XTechSearch dell’Esercito.

L’uniforme intelligente, che Legionarius ha sviluppato con l’aiuto del Comando per le Operazioni Speciali degli Stati Uniti e grazie a un finanziamento governativo di circa 1,1 milioni di dollari, fa parte di un grande progetto attivo in tutte le forze armate statunitensi per sviluppare tecnologie indossabili per proteggere i soldati e valutare meglio le loro condizioni fisiche in tempo reale. Si va dalle attività per sfruttare gli smartwatch di tipo consumer e altri dispositivi di fitness che tracciano gli sforzi alla ricerca all’avanguardia sulla manipolazione delle funzioni cerebrali per migliorare il sonno e sviluppare un casco simile a quello di Iron Man, che rilevi i pericoli e attivi le contromisure per proteggere dalla commozione cerebrale e dalle armi a radiofrequenza.

Più intelligente, più letale, più preciso

“Storicamente nell’esercito si è sempre detto: ‘Per fare di te un soldato migliore, ti darò un’arma migliore'”, dichiara Brandon Marcello, un fisiologo dello sport che ha lavorato con squadre professionistiche. Attualmente è coinvolto in un programma del Comando Futures dell’Esercito degli Stati Uniti denominato Optimizing the Human Weapon System (Ohws), che utilizza dispositivi indossabili per monitorare la salute dei soldati. L’obiettivo, spiega, è rispondere a una domanda: “Come possiamo ottimizzare l’essere umano e renderlo più intelligente, più letale e più preciso?.

La pandemia di coronavirus ha fatto da acceleratore. Nel 2020, l’Unità per l’Innovazione della Difesa (Defense Innovation Unit – Diu) ha distribuito migliaia di smartwatch Garmin e anelli Oura per tracciare la temperatura, le pulsazioni e i livelli di ossigenazione del sangue degli operatori in servizio e ha scoperto di poter prevedere i casi di Covid-19 con una precisione del 73%. Si trattava di un’espansione di un’iniziativa della Diu avviata nel 2018 con Philips Healthcare denominata Rapid Analysis of Threat Exposure (Rate), che ha sviluppato un algoritmo per prevedere un’ampia gamma di malattie comuni 48 ore prima della comparsa dei sintomi.

Con il programma Optimizing the Human Weapon System, i vertici dell’Esercito volevano anche verificare se i dispositivi indossabili di tipo consumer potessero essere utilizzati per diagnosticare il Covid, ma il programma sta analizzando molto più che semplici segnali di malattia. Negli ultimi due anni, Ohws ha utilizzato l’anello Oura per valutare la qualità del sonno e gli smartwatch Polar Grit X Pro per monitorare la frequenza cardiaca e lo sforzo in un battaglione di 530 soldati della decima Divisione di Montagna a Fort Drum, nello stato di New York, e durante la loro permanenza in una base in Afghanistan. I dati sono stati utilizzati anche da un progetto correlato, denominato Measuring and Advancing Soldier Tactical Readiness and Effectiveness, o Mastr-E, per sviluppare algoritmi per prevedere le prestazioni dei soldati.

Un esercito più umano

A livello di unità, i programmi Mastr-E, Ohws e altri programmi analoghi della Marina e dell’Aeronautica mirano ad aiutare i comandanti a comprendere quando le loro truppe sono poste sotto pressione eccessiva o, al contrario, possono essere addestrate più duramente. Serve poi ai singoli soldati per ricevere un riscontro su aspetti quali l’effetto della respirazione sulla capacità di tiro o l’impatto di una notte di bevute sulle prestazioni del giorno successivo.

L’Ohws, che l’anno prossimo sarà esteso a una piccola compagnia di duemila persone, sta cercando di insegnare ai soldati “le cause del loro stato fisiologico, in modo da consentire loro di compiere scelte migliori a livello individuale”, afferma il responsabile del programma, Joseph Patterson.

I dati, continua Patterson, incoraggiano anche gli ufficiali a interagire maggiormente con i soldati e a “diventare più premurosi e più umani”. Se un soldato ha il respiro corto e una frequenza cardiaca notturna elevata, questo potrebbe essere un indicatore di stress che suggerisce di effettuare un controllo, sostiene Marcello. “Si possono prendere misure di ogni genere. Magari serve un test per il Covid, oppure si può supporre un problema di salute mentale e si interviene prima che succeda qualcosa di grave’”.

Il cerotto che raccoglie dati

I misuratori del benessere fisico di tipo consumer sono utili durante le esercitazioni, ma potrebbero non disporre di una batteria della durata necessaria per una missione. Molti di essi, poi, non sono in grado di collegarsi ai sistemi di comunicazione tattici, afferma Alan Harner della Us Army Medical Materiel Development Activity. Harner è il responsabile di prodotto di un programma di servizi trasversali che sta sviluppando un minuscolo biosensore con la startup LifeLens Technologies, che ha sede in Pennsylvania, adatto all’impiego sul campo e in grado di rilevare 150 tipi di dati sulla salute, dai segni vitali alla disidratazione, fino alla pressione causata dalle esplosioni, che potrebbe portare a lesioni cerebrali. 

Il dispositivo consiste in un cerotto adesivo che contiene un circuito elasticizzato a sette strati, con al centro un disco delle dimensioni di una monetina che contiene un processore, un trasmettitore e una batteria con un’autonomia di 72 ore. Viene posizionato sul petto, in modo da fornire letture più accurate dei segni vitali rispetto ai dispositivi consumer da polso o da dito, ed è così comodo che gli utenti si dimenticano della sua presenza, afferma Landy Toth, ceo di LifeLens.

Denominato Sistema di Prontezza e Prestazione Sanitaria (Health Readiness And Performance System – Hraps), questo dispositivo è stato sperimentato per prevenire le lesioni da calore durante le esercitazioni dai Ranger dell’esercito a Fort Benning, in Georgia, e con le Forze Speciali statunitensi. Ed è in procinto di diventare il primo dispositivo indossabile a passare a una distribuzione più ampia attraverso il programma dell’Esercito Executive Office Soldier, che accelera lo sviluppo dell’equipaggiamento, racconta Harner.

I tatuaggi diagnostici e il casco per dormire meglio

Nonostante le promesse dei dispositivi indossabili, Marcello sostiene che potrebbe trattarsi di una mera tecnologia di transizione verso forme di monitoraggio della salute meno evidenti, come i tatuaggi diagnostici e i sensori di prossimità (i cosiddetti nearable), che possono controllare visivamente da lontano i segni vitali.

Le forze armate stanno anche sostenendo programmi moonshot, come un progetto finanziato dall’Esercito con 2,8 milioni di dollari e con base presso la Rice University di Houston per sviluppare un copricapo che migliorerebbe il sonno dei soldati stimolando il flusso del sistema glinfatico nel cervello, che si ritiene elimini le scorie metaboliche.

Il progetto è ambizioso, anche perché la scienza non ha ancora accertato che il sistema glinfatico, documentato negli animali, esista anche nell’uomo, afferma Paul Cherukuri, ex sviluppatore di dispositivi biomedici responsabile del progetto e vicepresidente per l’innovazione della Rice University. Gli ordini di marcia del responsabile del programma dell’Esercito sono: “Ragazzi, voglio che aspiriate al Nobel e lavoriate a un dispositivo indossabile nuovo di zecca”, dichiara Cherukuri.

Il casco in stile Iron Man

Cherukuri è anche a capo di un progetto da 1,3 milioni di dollari finanziato dalla Marina e con base alla Rice University per costruire un casco futuristico che paragona a quello di Iron Man, reso popolare dai film della Marvel con Robert Downey Jr., completo di una versione rudimentale del suo assistente di intelligenza artificiale Jarvis, che rileverebbe i pericoli e dispiegherebbe protezioni attive. 

Gli ingegneri coinvolti nel progetto stanno lavorando insieme a Carbon, l’unicorno californiano della stampa 3D, per sviluppare nuovi polimeri leggeri per ricavare una struttura reticolare per l’elmetto che può essere stampata su misura per adattarsi ai singoli soldati.

Si prevede di incorporare nell’elmetto minuscole telecamere piatte senza lenti sviluppate alla Rice e altri sensori. L’elmetto interpreterebbe i dati dei sensori per avvertire i soldati dei pericoli che si trovano al di fuori del loro campo visivo, sia attraverso sensori che con un display collocato sopra la testa, e adotterebbe le dovute contromisure. Cherukuri spera di utilizzare i metodi che ha contribuito a sviluppare per manipolare i nanomateriali con campi elettrici per contrastare le forze d’urto e prevenire lesioni cerebrali traumatiche, oltre che per erigere uno scudo elettromagnetico contro le armi a radiofrequenza, come quelle sospettate di essere la causa della Sindrome dell’Avana.

È già stata realizzata una versione Mark 1 che pesa il doppio rispetto al peso prefissato di tre chili. Cherukuri dice che tra le parti più difficili, a questo punto, c’è la costruzione dei componenti di intelligenza artificiale per interpretare le informazioni dei sensori e comprendere come dotare il casco di energia sufficiente. L’obiettivo, dichiara, è quello di aiutare “i ragazzi che rimarranno sul campo di battaglia per un periodo molto, molto lungo e che sono scollegati dalla base. Possiamo tenerli in vita e in salute?”.

Il pericolo della Valle della Morte

Un aspetto critico di tutti i programmi di dispositivi indossabili – oltre a quello di dover dimostrare che la tecnologia funziona davvero – è reperire i fondi necessari per mantenerli in funzione durante la cosiddetta Valle della Morte del Dipartimento della Difesa, ovvero quando le sovvenzioni per la ricerca si esauriscono e non c’è una delibera di acquisizioni immediate che conduca i programmi al traguardo più ambito per i progetti militari: diventare un program of record, con una propria voce a bilancio. Hraps ha raggiunto questo obiettivo. Rate, il programma di utilizzo dei dispositivi indossabili per prevedere le malattie, invece no. L’ex responsabile del programma ha affermato che il suo fallimento è l’esempio di come l’innovazione possa essere ostacolata dalle lungaggini della burocrazia del Pentagono. 

Secondo Harner, è importante che il Pentagono collabori con società che hanno clienti civili per fornire altre fonti di reddito. Il partner di Hraps, LifeLens, che l’anno scorso ha ottenuto l’autorizzazione per il dispositivo dalla Food and Drug Administration, lo ha commercializzato anche negli ospedali.

Il fondatore di Legionarius, Gruentzig, sta cercando di vendere agli operatori di primo soccorso la sua divisa intelligente. Dice che diverse squadre delle forze speciali Swat della polizia sono interessate a testarla. Gruentzig e i suoi tre compagni di squadra si sono dedicati ad aggiungere alle divise camere d’aria che si gonfiano intorno alle ferite, per esercitare una compressione e fermare l’emorragia, ma non pensano di commercializzarla fino a quando un potenziale cliente non mostrerà interesse.

Per ora, aspetta di poter tornare a una base per effettuare altri test con l’Esercito, dopo che la pandemia ha reso le cose difficili. “Quello che stiamo cercando di fare”, dice Gruentzig, indicando le grucce che espongono le sue divise intelligenti, “è di sporcare queste qui”.

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