Innovation

Una startup non è per sempre: come i founder possono reinventarsi nel mondo del lavoro

In risposta alla crisi economica e occupazionale di questi anni, tra grandi dimissioni e tagli di personale, sempre più studenti, professionisti ed ex dipendenti stanno trovando il coraggio di lanciare la propria impresa, realizzando il sogno di una vita. La spinta verso la digitalizzazione, i fondi statali, gli incubatori e i finanziamenti sono solo alcuni dei motivi per cui molti aspiranti founder (o fondatori) decidono di puntare sulle proprie idee per farne un business.

A giugno 2022 in Italia si contavano 14.362 startup (rapporto Mise) di cui 1870 a prevalenza femminile e 2432 a prevalenza giovanile/under 35: numeri che ci fanno riflettere su quanto l’ecosistema impatti sulla nostra economia nazionale. Ma un altro dato che non si può ignorare è quello relativo al rischio di fallire che si attesta globalmente intorno al 50% nel primi 5 anni di vita dell’azienda. Dopo quest’avventura, sia in caso di fallimento che di una grandiosa exit quindi, il founder di una startup come può ricollocarsi nel mondo del lavoro?

Founder, tra coraggio e competenza

Possiamo esordire dicendo che avviare un’impresa porta con sé una formazione pratica a sé stante e molto diversa dalla teoria. Si tratta di un bagaglio di competenze, esperienze, skills e network che potrebbe rappresentare un importante asset all’interno di multinazionali e grandi holding, alla ricerca costante di talenti da attrarre per innovare. Questi grandi gruppi infatti, negli ultimi anni, tendono sempre più a premiare l’approccio imprenditoriale, per le doti che implica.

Essere founder di un’impresa, infatti, vuol dire avere la passione e la strategia necessarie per attuare i propri piani, gestire un progetto e renderlo profittevolegrazie a competenze di business imparate sul campo. Contatti, sensibilità sull’andamento del mercato, capacità di costruire un team di talenti e leadership possono essere studiati ma fino ad un certo punto: la pratica ha infatti una marcia in più. Senza dimenticare quell’ingrediente magico del coraggio di assumersi il rischio di lanciare un’impresa.

C’è però anche un altro lato della medaglia da analizzare: non sempre per un imprenditore è facile adattarsi ad un contesto aziendale precostituito. Temi come gerarchia interna, mancanza di flessibilità e talvolta anche di libertà oraria o lavorativa (anche a causa magari di divieto di collaborazioni extra lavorative) possono rendere difficile il passaggio alla vita da dipendente aziendale. Potrebbero quindi esserci altre possibilità lavorative, molto più adatte.

Founder al lavoro dopo la propria startup

Perché un founder dovrebbe passare ad un altro progetto che non sia la “creatura” che lui stesso ha creato? I motivi possono essere molteplici: dalla mancanza di sostenibilità economica al desiderio di cambiare settore passando magari per una vantaggiosa exit. Può succedere quindi che il founder si trovi ad essere acquisito magari da una società più grande che ha acquistato la sua startup. Basti pensare a Klarna e alle molteplici acquisizione fintech fatte tra cui anche l’italiana Moneymour o a big tech come IBM che acquisiscono software house più piccole.

In questo caso, i founder tendono ad assumere ruoli altamente manageriali all’interno dell’azienda grazie anche alle competenze che hanno sia in termini di settore che di conoscenza del capitale umano già dentro al team acquisito.

Altro caso è quello in cui il founder decida di lasciare l’azienda e qui si aprono diverse strade: può decidere di avviare un nuovo progetto imprenditoriale continuando a sperimentare e provare il brivido di giocare una nuova sfida.

Altra figura che il mercato richiede è quella degli advisor: avere le competenze giuste per capire spirito imprenditoriale o nicchia in cui si opera è fondamentale. Fondi di investimento costituiti, acceleratori, innovation hub, programmi di mentoring, consulenze o board aziendali sono tutte realtà che possono giovare dell’esperienza di un founder e possono essere interessate ad assumerlo o collaborare con lui. Se poi alle conoscenze si accompagna anche un buon gruzzolo, si può anche pensare di diventare il nuovo Elon Musk ed essere un imprenditore e investitore seriale.

Un altro mito da sfatare è quello per cui, in caso di fallimento, sarebbe più difficile trovare lavoro. Non è necessario avere una exit milionaria alle spalle per avere una comprovata esperienza di business. Anzi, aver sbagliato qualcosa e poterlo suggerire come lesson learned può far risparmiare ad altri lo stesso errore. Come detto prima, ogni impresa è un’avventura e ciò che conta non è soltanto la destinazione ma anche quello che abbiamo imparato e chi siamo diventati lungo il tragitto.

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