Articolo tratto dal numero di novembre 2022 di Forbes Italia. Abbonati!
Diciotto milioni. Secondo l’organizzazione mondiale della sanità, è questo il numero di decessi provocati dalle malattie cardiovascolari ogni anno nel mondo. In Italia sono 230mila, stando ai dati Istat. Altro che pandemia, insomma. Per ridurre queste cifre, è necessario investire non solo nell’innovazione sanitaria, ma anche nella prevenzione.
“La prevenzione, primaria e secondaria, può ridurre della metà la mortalità e i ricoveri ospedalieri fino al 70%”, spiega Ilja Gardi, coordinatore del dipartimento cardiovascolare dell’ospedale Maria Cecilia Hospital di Cotignola, in provincia di Ravenna. Questa è una delle 36 strutture presenti sul territorio nazionale di Gvm Care & Research, terza realtà privata accreditata della sanità italiana, con un fatturato consolidato di oltre 850 milioni di euro e circa 10mila dipendenti.
La tac coronarica per la salute del cuore e non solo
A dimostrazione dell’importanza della prevenzione per Gvm Care & Research, lo scorso anno il gruppo fondato nel 1973 da Ettore Sansavini ha investito complessivamente 16 milioni di euro in tecnologie e infrastrutture per la diagnostica avanzata. “Grazie all’innovazione siamo in grado di individuare il rischio di una malattia cardiovascolare con un margine minore dell’1%”, racconta Gardi.
Una delle tecnologie più innovative utilizzate da Gvm Care & Research nel campo della prevenzione cardiovascolare è quella della tac coronarica. Nome tecnico: Tc per Calcium Score Index. L’esame, effettuabile in molte delle strutture Gvm da nord a sud, è indicato soprattutto per pazienti che hanno il diabete o che presentano casi di malattie al cuore in famiglia. “Questo approccio è già utile a 40/45 anni, anche per fare una prevenzione primaria per il tumore al polmone. Con lo stesso esame infatti guardiamo sia le coronarie, sia i polmoni”.
Ma in cosa consiste tecnicamente la Tc per Calcium Score Index? “Con questo esame ricerchiamo nei pazienti con rischio generico cardiovascolare eventuali calcificazioni coronariche”, risponde Gardi. La procedura non è invasiva e si esegue senza mezzi di contrasto: bastano due elettrodi e un bel respiro. Lo Score index è il punteggio ricavato dall’esame: più è basso, minore è il rischio che la coronaria dia problemi in futuro.
Il problema si pone se la tac individua calcificazioni coronariche. “In questo caso dobbiamo ripetere l’esame con il mezzo di contrasto per valutare se ci sono ostruzioni nelle arterie”. Un’attività di prevenzione tale permette al paziente di assumere farmaci specifici e di trattare le coronarie prima che queste diano sintomi o si chiudano improvvisamente. Qualora la situazione clinica del paziente richieda un inquadramento più completo, in molte strutture Gvm è poi possibile effettuare il percorso diagnostico cardiovascolare.
“Nella stessa seduta guardiamo le carotidi con un ecografo, la funzionalità della pompa cardiaca con un ecocardiogramma e l’aorta addominale con un’ecotomografia a ultrasuoni. In massimo 40 minuti il paziente sa se ha un problema lieve, grave o di prospettiva. Per fare un esempio, questo approccio adottato per le attività di prevenzione senologica ha determinato una riduzione del 90% della mortalità per cancro della mammella nelle donne”.
L’importanza di uno stile di vita corretto
Per fornire indicazioni con un margine di errore minimo, la tac coronarica si avvale anche dell’intelligenza artificiale. “La Comunità europea sta investendo molte risorse per finanziare questo tipo di tecnologie”, spiega ancora Gardi. “Grazie all’innovazione continua, la mortalità ospedaliera per gli infarti si è infatti notevolmente abbassata. Se negli anni ’90 era vicina al 25%, ora è al 3%”. L’obiettivo è riuscire a ridurre la mortalità extra-ospedaliera, quella cioè provocata da attacchi coronarici improvvisi.
“Circa il 50% delle persone colpite da un infarto muore entro un’ora. Purtroppo non si riesce ancora ad abbassare questa percentuale. In Italia sono circa 45mila quelli che decedono in seguito a un attacco coronarico improvviso”. Secondo Gardi, la sola tecnologia non è sufficiente a risolvere il problema: “È necessaria una prevenzione primaria, cioè una serie di comportamenti virtuosi da adottare fin da bambini per ridurre il rischio di patologie cardiovascolari. Sono sempre gli stessi: una corretta alimentazione, attività motoria regolare, non fumare, mantenere in equilibrio il colesterolo in caso di diabete”.
La prevenzione primaria ha quindi aspetti socioculturali. Deve cominciare in età pediatrica, nelle scuole. “I primi preventori sono gli insegnanti”, insiste il medico. “Questa pratica virtuosa è necessaria soprattutto nelle famiglie che hanno avuto episodi di malattia o di mortalità per patologie cardiovascolari”. La prevenzione primaria sottolinea ancora una volta come l’innovazione tecnologica non potrà mai sostituire completamente l’approccio umano.
“La nostra intelligenza è insuperabile, specialmente in contesto medico e biomedico. Non bisogna avere l’illusione che il progresso della medicina si muova solo nella direzione dell’intelligenza artificiale. Questa
ci aiuterà molto a elaborare sempre più velocemente e precisamente le informazioni che raccogliamo, ma solo se saremo in grado di addomesticarla. È come tenere una pantera in casa: se non la addestri, prima o poi ti mangia una gamba”.
E se si esclude l’apporto dell’intelligenza artificiale, qual è il futuro della diagnostica? “Lo step a cui tutto il mondo sta lavorando è quello dell’individuazione del rischio genetico”, risponde Gardi. “Se in famiglia si hanno tanti casi di malattie cardiovascolari è facile capire come ci sia un problema ereditario, ma se non è così non siamo ancora in grado di stabilirlo. Ma ci vorrà ancora diverso tempo per fare dei passi in avanti in questo campo e porrà numerosi problemi di carattere bioetico”.
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