Angelo Inglese
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Dalla Puglia al mondo: la storia di Angelo Inglese, lo stilista che veste reali e capi di stato

Oggi si parla sempre più spesso di scappare dal caos delle grandi metropoli, nelle quali ci si era trasferiti in massa per far crescere la propria azienda, per approdare e ripopolare i piccoli borghi del centro e del sud del nostro Paese, per recuperare una qualità della vita che forse le grandi città hanno perso. Se questa può sembrare una scelta coraggiosa, come definire quella di chi, invece, ha deciso di rimanere in questi borghi e di far nascere e crescere lì la propria impresa? È il caso del maestro pizzaiolo Franco Pepe, che ha portato alla ribalta mondiale la sua piccola Caiazzo, in provincia di Caserta, e dello chef contadino Peppe Zullo, che ha fatto lo stesso per la sua Orsara di Puglia, in provincia di Foggia. 

Rimanendo in Puglia, in particolare a Ginosa, e guardando a un altro ramo del made in Italy, quello della moda e della sartoria, troviamo la storia dello stilista e sarto Angelo Inglese e del suo brand G. Inglese, che dell’antica tradizione popolare e di famiglia ha fatto la sua fonte di ispirazione: nel ricamo c’è la cultura non scritta del nostro Paese, che contiene il lavoro di tanti, la coscienza di sé e della propria dignità. Il suo è un lavoro meticoloso, artigianale, fatto con amore e passione, riconosciuto e apprezzato da capi di Stato, reali e personalità di tutto il mondo.

Come nasce il suo rapporto con la sartoria e cosa la spinge a rimanere nella sua terra?
A 20 anni, dopo la scomparsa di mio padre, la vita mi ha messo davanti a un bivio e ho rilevato l’attività di famiglia. Mi sono sentito in dovere di farlo per svariati motivi. Sarebbe stato da irresponsabili far morire una sartoria, una storia di famiglia iniziata nel 1955, creata con sudore e sacrificio da mia nonna. Restando a Ginosa, sto scrivendo il racconto di una grande sfida. Da una parte, la rarità e peculiarità di un territorio che mi ammalia e mi lega sempre più, dall’altra la vita in un paesino di provincia che non è certo lo scenario internazionale della moda.

In che modo, partendo da una piccolissima città del sud, è arrivato al successo internazionale? 
Molti anni fa, di notte, inviavo video e foto che dimostravano il nostro insolito modo di lavorare e ricamare a mano (agli esordi di internet la linea era molto lenta e dunque si lavorava più facilmente nelle ore notturne). Una di quelle mail incontrò l’interesse di alcuni giapponesi che mi chiesero un incontro a Firenze in occasione di Pitti Uomo. Ero molto preparato sul prodotto e un po’ meno sulla loro modellistica, ma i nostri prodotti piacquero loro al punto che ordinarono ugualmente, attendendo un campione specifico realizzato per loro. Lavorando sulla vestibilità giapponese, le mie camicie iniziarono ad essere presenti nei più importanti department store. Ho sempre avuto le idee chiare, non ho mai pensato di non farcela.

Nei suoi progetti c’è spesso anche una vocazione sociale. Ce ne può raccontare uno a cui tiene particolarmente?
Ho sempre pensato che l’impresa debba guardarsi intorno, donare qualcosa e includere la comunità.  Le mie maestre sarte sono tutte locali.  Durante la pandemia abbiamo realizzato e donato migliaia di mascherine, quando nessuno riusciva a trovarle. Prima mi ero fatto coinvolgere nel progetto Made in Carcere. Interessante anche l’approccio con il reparto di tessitura artigianale della comunità si San Patrignano. La grande ambizione sarebbe quella di creare una scuola di sartoria inclusiva, per regalare sogni alle nuove generazioni e inserirli in progetti sociali come quello fatto con Uno.61 di Federico Menetto e Raimondo Mendolia. Una pasta di altissima qualità, trafilata in oro, contenuta in raffinati sacchetti realizzati con tessuto in esubero dal taglio delle camicie. Un progetto che vuole crescere per portare il made in Italy del food-fashion in tutto il mondo.

Il suo brand e la sua artigianalità attirano l’attenzione di moltissimi personaggi famosi, come manager, reali e capi di governo. Cosa li attira a Ginosa?
Sin da bambino sognavo che il marchio G. Inglese si affermasse a livello internazionale e Ginosa  diventasse un punto di riferimento per storia, arte, lavoro. Ho sempre presentato la mia sartoria insieme a questo piccolo paradiso immerso nella terra delle Gravine, dove l’armonia tra paesaggio e natura si sposa con la mia creatività e porta stile in tutto il mondo. I nostri clienti acquistano quasi sempre un nostro manufatto per soddisfare un desiderio e vivere un’esperienza diversa. Perciò è fondamentale per noi riuscire a regale ospitalità con momenti conviviali. Modalità che, grazie alla tecnologia, stiamo migliorando e perfezionando proprio per i rapporti a distanza, per i tanti clienti che ci seguono da ogni parte del mondo.

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