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La “comunicazione musicale” di Tony Sasa, l’imprenditore vitivinicolo che lavora con Il Palagio di Trudie Styler e Sting.

Articolo tratto dal numero di giugno 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

Di Mirko Crocoli

Nato e cresciuto in una famiglia di agricoltori, Antonio “Tony” Sasa ha sviluppato sin da giovanissimo una passione per il mondo della cucina, sempre con lo sguardo rivolto ai prodotti e agli ingredienti offerti dalla natura. A 23 anni ha iniziato un percorso di studio enogastronomico e alberghiero che lo ha portato prima a Genova e poi negli Stati Uniti, per acquisire maggiore conoscenza di un settore in costante evoluzione.

Rientrato in Italia, a Firenze, ha dato il via a un rilancio personale e operativo. Dal 2002 incarna la figura del wine negociant in cerca di piccole e medie realtà produttive, spesso dal grande potenziale. Da 20 anni collabora con il giornalista Daniel Thomases, degustatore di fama mondiale (già curatore della Guida Veronelli e di Wine Advocate), con il quale testa dai tremila ai quattromila vini all’anno, di diverse denominazioni e comprensori. Partendo da una cinquantina di realtà nazionali, in breve ha ampliato la sua attività di consulenza a numerose aziende in Canada, Stati Uniti, Asia ed Europa. Oggi continua l’attività di vendita, promozione e sviluppo marketing del made in Italy in tutto il mondo.

Le attività di Tony Sasa

È inoltre produttore del Brunello di Montalcino Martina, proprietario, assieme alla moglie Laura Rissone, della centralissima Enoteca Pontevecchio a Firenze e da anni si dedica commercialmente alla tenuta Il Palagio di Trudie Styler e Sting, in collaborazione con l’amico Riccardo Cotarella, docente di viticoltura ed enologia all’Università degli Studi della Tuscia, accademico aggregato dei Gergofili e presidente di Assoenologi.

Più di recente Sasa ha creato una modalità comunicativa innovativa definibile come the sound of wine: la musica, tramite le bacchette del percussionista Trilok Gurtu (già collaboratore di artisti del calibro di Carlos Santana e John McLaughlin), evoca grandi vini, territori, cantine e il ritmo si accorda e si fonde con i tannini del vino, con i suoi colori e i profumi, nonché con il suono prodotto dal legno della botte in cui si affina.

Sasa, un amore per l’enogastronomia e per il vino di qualità che parte da lontano. Quali sono stati i primi passi nel settore?

I primi passi sono legati all’approfondimento del territorio vitivinicolo italiano, alle tecniche di produzione e alla comunicazione. La ristorazione negli anni ’90 era diversa, il mondo del vino negli anni 2000 era in velocissima espansione e c’era margine per costruire con la creatività.

Numero di bottiglie vendute o fatturato?

Non sono i milioni di bottiglie che escono dalla cantina che contano, ma il valore di questo bene che bisogna saper comunicare al meglio. L’utile sta nel valore della bottiglia e non nei prezzi bassi o scontati per svuotare le cantine. Per valorizzare il made in Italy c’è una sola via: la qualità.

Poi arriva la Toscana, suo quartier generale. Cos’è per lei questa terra?

Per me la Toscana è una terra d’amore e un giardino vitivinicolo e gastronomico. Firenze è una città che mi ha adottato e ne vado fiero. Anche altre regioni, comunque, non hanno niente da invidiare alla Toscana, perché a livello culturale l’Italia è unica nel mondo.

Veniamo ai trend vitivinicoli nel mondo. L’Italia al primo posto? Della grande sfida con i francesi cosa può dirci?

Penso che non dovremmo seguire i trend, ma presentare la nostra ricetta e abbinarla alla mentalità di ogni paese. L’Italia ha raggiunto tutti gli obiettivi. È già al primo posto perché ha una varietà di vitigni autoctoni che nessun altro paese può vantare. A livello qualitativo il made in Italy è in costante crescita.

Quali sono i mercati in via d’espansione e quindi adatti a investire sul vino italiano?

L’Asia è il continente dove bisogna investire nell’educazione e promozione. Mi piacciono molto la Corea del Sud e il Vietnam. Gli Stati Uniti sono il mercato di riferimento, molto competitivo e difficile, dove bisogna essere sempre presenti. In Canada il mercato ha una grande forza di acquisto. L’Europa invece è una bella minestra, dove, in uno spazio piccolo, possono cambiare abitudini, gusti, preferenze e spesa media per la bottiglia di vino.

Si può diventare ricchi con il mercato del vino? E se sì, come?

Si sta parlando di agricoltura, che dipende dalla natura e da tanti altri aspetti. Sicuramente questa attività può diventare redditizia, alcuni produttori sono stati molto bravi. La vera ricchezza però sta nell’eredità che si lascia ai propri figli per proseguire il percorso.

I suoi prodotti hanno vinto diversi premi anche a livello internazionale. Il segreto del successo per un buon vino?

Il segreto sta nella vigna, da lì parte tutto. Poi però bisogna saper comunicare questa vigna, questo territorio e il contenuto della bottiglia.

Cos’è per lei l’ambizione? È necessaria per il lavoro che fa?

L’ambizione è fondamentale: è un misto di passione, dedizione e amore. Il mondo del vino è affascinante perché è senza confini. Stiamo parlando di una cultura millenaria, questa evoluzione è affascinante.

Sogni nel cassetto? Dove vuole arrivare e qual è la meta finale?

Il mio sogno nel cassetto è trovare la nota giusta per arrivare a creare il suono del vino. Il progetto che stiamo portando avanti con Gurtu diventerà una comunicazione unica. Stiamo lavorando sul suono dell’ambiente, il suono della botte e dell’acciaio, dove parte la fermentazione.

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