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Abbattere e seppellire alberi per fermare il cambiamento climatico: l’idea di una startup sostenuta da Bill Gates

Questo articolo di Christopher Helman è apparso su Forbes.com

Un anno fa Merritt Jenkins si è trasferito da Boston a Twain Harte, in California, un paesino con 2.500 abitanti ai piedi della Sierra Nevada. Al mattino, durante i suoi viaggi da pendolare, si ferma all’Alicia’s Sugar Shack per fare colazione con un panino (uova strapazzate su segale e avocado). Poi si dirige verso un bosco di dieci acri nella Stanislaus National Forest. Qui la sua startup, Kodama Systems, sta testando e perfezionando la sua macchina per la raccolta del legname, che pesa 17 tonnellate ed è lunga sette metri e mezzo.

I taglialegna usano macchine del genere, chiamate skidder, per prendere tonnellate di alberi tagliati e detriti e trascinarle fuori dal bosco. La versione di Kodama è progettata per svolgere questo compito anche di notte, con meno persone, grazie a connessioni satellitari e camere avanzate a lidar (light detection and raging, una tecnologia di telerilevamento che determina la distanza di un oggetto tramite un impulso laser), le stesse utilizzate sulle auto a guida autonoma, per monitorare il lavoro da remoto. Non è facile. “Gli alberi hanno molte texture diverse”, dice Jenkins, 35 anni. “Ogni tre metri il cammino è leggermente diverso”.

Ma tagliare legna nell’oscurità non è la parte più intrigante dei programmi di Kodama, che ha raccolto 6,6 milioni di dollari di finanziamenti dalla Breakthrough Energy di Bill Gates e da altri. Dopo avere tagliato gli alberi, Jenkins vuole seppellirli per contribuire a rallentare il cambiamento climatico e raccogliere compensazioni di carbonio che potrà poi vendere (e forse, un giorno, anche crediti d’imposta).

Che cosa fa Kodama Systems

Sì, l’idea convenzionale è quella di piantare alberi per assorbire l’anidride carbonica dall’aria e poi vendere i crediti alle aziende, ai proprietari di jet privati o a chiunque altro abbia bisogno o voglia compensare le sue emissioni. Gli scienziati, però, sostengono che anche seppellirli possa ridurre il riscaldamento globale. Soprattutto nel caso di alberi che finirebbero altrimenti per bruciare o decomporsi, disperdendo nell’aria il carbonio che hanno immagazzinato.

I giganteschi incendi divampati in California nel 2020 hanno evidenziato i rischi per l’aria, le proprietà e la vita posti dalle foreste troppo estese. “I cieli arancioni di San Francisco hanno rappresentato un punto di svolta”, afferma Jimmy Voorhis, head of biomass utilization and policy di Kodama. “Ora queste storie hanno un’eco diversa. L’allarme suona ancora più forte quest’anno, dopo che gli incendi in Canada hanno messo a rischio l’aria di New York, Washington e Chicago.

Per affrontare il problema, lo Us Forest Service intende tagliare 70 milioni di acri delle foreste occidentali, soprattutto in California, nei prossimi dieci anni. In questo modo estrarrà più di un miliardo di tonnellate di biomassa secca. È consuetudine, dopo un disboscamento del genere, che i tronchi di dimensioni tali da essere di interesse commerciale finiscano alle segherie, mentre il resto viene in gran parte accatastato e bruciato in condizioni controllate. Kodama, invece, vuole seppellire gli avanzi in vasche di terra progettate per mantenere condizioni asciutte e anossiche (cioè senza ossigeno) e proteggere il legno dalla putrefazione o dalla combustione.

Oltre ai fondi raccolti da venture capital, Kodama ha già ricevuto sovvenzioni per 1,1 milioni di dollari dall’agenzia californiana che si occupa degli incendi boschivi e da altre istituzioni. Altri si sono già impegnati ad acquistare i crediti di carbonio legati alle prime 400 tonnellate di alberi seppellite. Sul mercato, quei crediti dovrebbero fruttare 200 dollari a tonnellata. Kodama conta di arrivare ad abbattere e seppellire più di cinquemila tonnellate di alberi all’anno.

Chi è il fondatore di Kodama

Jenkins, laureato a Dartmouth sia in ingegneria che in studi ambientali, ha iniziato la sua carriera vendendo attrezzature robotiche usate mentre otteneva un master in robotica alla Carnegie Mellon. Poi è stato tra i fondatori di una società che usa il machine learning per aiutare i contadini ad analizzare il suolo. Nel 2019, però, mentre conseguiva un mba al Mit, concluse che c’erano maggiori opportunità nell’ambito delle foreste che in quello affollato dell’agritech. Si è allontanato dall’azienda di intelligenza artificiale e ha trascorso mesi con i taglialegna per capire come usano i loro attrezzi.

Nel 2021 si è deciso a puntare sulla robotica forestale, convinto che la carenza di manodopera avrebbe stimolato la domanda di tecnologia. “La forza lavoro è insufficiente”, dice. “Ci sarà bisogno di nuovi metodi di formazione e nuove tecnologie” per raggiungere gli obiettivi di disboscamento fissati dal Forest Service.

Jenkins ha osservato un’altra “grossa lacuna” nel settore: nessuno aveva ancora capito bene che cosa fare con tutta quella biomassa. Aveva sentito parlare di depositi di biomassa al Carbon Containment Lab di Yale. Poi alcuni amici comuni gli presentarono Voorhis, un 33enne alpinista, geologo e ingegnere specializzato in scienze della terra (con un master a Dartmouth), ossessionato dall’idea di recuperare le vecchie miniere per farne siti di sepoltura della biomassa. I due unirono le forze.

Il problema degli incentivi

L’idea di seppellire gli alberi sembra semplice e poco tecnologica, soprattutto se paragonata alle complesse tecnologie per la cattura del carbonio che vengono sviluppate per estrarre l’anidride carbonica dall’aria. Grazie all’Inflation Reduction Act approvato dai democratici nel 2022, società come Occidental Petroleum ed ExxonMobil potrebbero beneficiare di 85 dollari di crediti d’imposta per ogni tonnellata di CO2 sequestrata, se riusciranno a perfezionare i sistemi per aspirare il gas direttamente dall’aria e trasferirlo tramite condutture, per poi iniettarlo nel sottosuolo. La legge incentiva ulteriormente alcuni di questi progetti con crediti d’imposta pari al 30% o più del capitale iniziale investito.

Ci sono anche crediti per chi vuole abbattere gli alberi, pellettizzarli e bruciarli al posto del carbone. Al momento, però, non ce ne sono per chi vuole seppellirli.

Imitare la natura

“Se si vuole eliminare il carbonio su vasta scala, è da pazzi non imparare dalla natura o non sfruttare la natura”, dichiara Lucas Joppa, ex chief environmental officer di Microsoft, ora a Haveli Investments. “Non ci siamo mai nemmeno avvicinati a rimuovere il carbonio dall’atmosfera con la stessa efficienza dell’evoluzione naturale”.

Di quale efficienza si parla? Ning Zeng, professore di scienze atmosferiche all’Università del Maryland, considerato il padrino della sepoltura delle biomasse, spiega che, in media, il peso di una tonnellata di foresta appena raccolta è dato al 50% dal carbonio. Se gli alberi vengono lasciati a marcire o bruciare, immettono nell’atmosfera l’equivalente di una tonnellata di anidride carbonica. Una buona regola empirica, a suo giudizio, è questa: “Una tonnellata di biomassa che si trova nella terra è una tonnellata di CO2 che non si trova nel cielo”.

Zeng ha una sua startup, Carbon Lockdown, che ha un contratto con Baltimora per raccogliere cinquemila tonnellate di biomassa e seppellirle vicino a Potomac, una città ricca e piena di verde del Maryland. L’azienda vende i crediti di carbonio ottenuti con questa sepoltura a 181 dollari per tonnellata sequestrata su Puro.earth, una piattaforma creata con il sostegno del governo finlandese, la cui maggioranza è di proprietà del Nasdaq dal 2021. La società di investimento svedese Kinnevik ha acquistato di recente 1.000 tonnellate. “Le tecnologie basate sul funzionamento della natura esistono e sono scalabili”, dice Mikaela Kramer, che supervisiona gli acquisti di crediti di carbonio per Kinnevik. “Non c’è bisogno di aspettare altri dieci anni”.

Chi scommette sulla sepoltura della biomassa

Tuttavia, è difficile ottenere grandi investimenti privati o governativi nella sepoltura della biomassa, perché non si tratta di rimpiazzare un’attività industriale che fa male al clima o di creare un prodotto utile alle persone, al di fuori dei crediti stessi. C’è poi il pericolo di creare un disturbo al territorio.

In Texas, l’avvocato Chris Knop, 43 anni, ha già seppellito più di quattromila tonnellate di biomassa su 45 acri di terreno di proprietà della sua azienda, Carbon Sequestration, vicino al confine con la Louisiana. Qui, dice Knop, il suolo è ideale per la sepoltura anossica necessaria per evitare la decomposizione della biomassa, perché ha uno spesso strato di argilla. Di recente Carbon Sequestration ha comprato 15mila tonnellate di detriti dai proprietari di terreni a nord di Beaumont, che stanno disboscando foreste di pini per fare spazio a immobili e altrimenti li avrebbero bruciati. In questo modo, la società ha potuto vendere crediti di carbonio per 145 dollari alla tonnellata su Puro.

Knop pensa di poter raggiungere il pareggio di bilancio e contava sui crediti d’imposta federali per rendere redditizia l’attività. Il Congresso, però, non ha incluso esplicitamente la sepoltura della biomassa nella sua abbondanza di crediti fiscali. Ora Knop e i lobbisti della biomassa sperano che, quando il dipartimento del Tesoro scriverà le regole definitive per i crediti dovuti al sequestro del carbonio, ammetterà anche questo strumento. “Sto solo cercando una legittimazione di qualche tipo”, dice Knop.

Spugne di carbonio

Knop ha anche un’idea stravagante: trasformare le foreste americane in spugne di carbonio, abbattendo pini, seppellendoli e piantando al loro posto specie più assetate di carbonio, come il bambù, il kenaf o il pioppo. Negli Stati Uniti, centinaia di milioni di acri di terreno sono dedicati al pascolo o alla produzione di legname, spiega. “Perché non passare al carbon farming [cioè all’agricoltura che prevede di sequestrare il carbonio nel suolo o nelle radici, ndt]?”

A Kodama, Jenkins si concentra sulla sepoltura del legno che deve essere abbattuto in ogni caso per la salute delle foreste. Voorhis punta ad adattare miniere e cave dismesse per lo stoccaggio della biomassa, invece di scavare nuovi buchi nel terreno. “Misureremo il gas e il percolato e isoleremo completamente i flussi di carbonio”, promette Voorhis. “Se incontrate qualcuno con una vecchia cava di roccia inerte, fatemelo sapere”.

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