Stefano Buono newcleo
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La storia di newcleo, la startup italiana del nucleare che ha raccolto 400 milioni di euro

Articolo tratto dal numero di ottobre 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

Era il 1994. Stefano Buono aveva 28 anni, era un fisico del Cern di Ginevra ed era pronto a partire per un giro del mondo a vela. Aveva già trovato gli sponsor, cercava la barca. Poi ricevette la chiamata del premio Nobel Carlo Rubbia, che lo voleva con sé per sviluppare un reattore nucleare pulito e sicuro. “Cancellai il viaggio e accettai”, ricorda Buono. “Ero convinto di cambiare il mondo”.

Non ci riuscì. Il progetto si arenò a cavallo del 2000. Ancora scosse da Chernobyl, l’Italia e gran parte d’Europa non volevano più sentire parlare di nucleare. Buono mise da parte il progetto, ma non lo dimenticò. Nel 2002 acquistò un brevetto sviluppato dal gruppo di Rubbia e fondò Advanced Accelerator Applications, un’azienda di medicina nucleare che quotò sul Nasdaq nel 2015 e vendette a Novartis per 3,9 miliardi di dollari nel 2018. Diventò investitore e presidente della società di venture capital Liftt e di quella di smart city Planet Smart City.

Che cos’è newcleo

“Non ho mai smesso di seguire ciò che accadeva nel campo dell’energia atomica”, dice Buono. “A un certo punto mi sono reso conto che l’esigenza di decarbonizzare aveva riavvicinato persone e governi al nucleare. E sapevo che un ingegnere con cui avevo lavorato negli anni ’90, Luciano Cinotti, aveva ricevuto finanziamenti americani per progettare una macchina basata sulle ricerche degli ultimi decenni”. Così, nel 2021, Buono ha comprato la società di Cinotti e alcuni brevetti e ha dato vita a newcleo, una startup con cui sviluppa piccoli reattori da 200 MWe. “Sono reattori ultra-compatti che possono essere prodotti in serie e trasportati nei siti di installazione. Costeranno meno dei reattori tradizionali e, a regime, saranno prodotti in tre anni”.

Il reattore di newcleo userà come carburante la miscela Mox (mixed oxide fuel, combustibile ossido misto), composta da uranio impoverito e plutonio e ricavata dagli scarti di altri impianti. In sostanza, promette di bruciare scorie anziché produrne. “Non avremo bisogno di estrarre uranio: per centinaia di anni potremo usare quello già estratto”, spiega Buono. “Produrremo meno di un metro cubo di scarti per ogni gigawatt elettrico annuo. E i rifiuti avranno vita breve: saranno radioattivi per 250 anni, contro i 250mila delle scorie delle centrali tradizionali”. Per il raffreddamento si userà il piombo invece dell’acqua. “Le proprietà del piombo rendono il sistema intrinsecamente sicuro. In altre parole, il design stesso rende impossibili incidenti come quelli del passato”.

Quanti soldi ha raccolto newcleo

Newcleo, che oggi ha 360 dipendenti, è stata costituita in Inghilterra e ha sedi anche in Francia e in Italia, dove impiega 130 scienziati nel centro di ricerca di Torino. I test – su sistemi non nucleari – cominceranno nel 2024 al centro Enea del Brasimone, sull’Appennino bolognese, che nel 2026 ospiterà anche un prototipo (sempre non nucleare). Un primo reattore da 30 MWe e la prima fabbrica di combustibile partiranno nel 2030 in Francia. Il primo reattore commerciale diventerà operativo nel 2032, in Inghilterra.

“Negli anni ’90”, ricorda Buono, “il progetto di Rubbia si fermò perché non si trovavano soldi pubblici. Ora cerco quelli privati”. Ne ha trovati parecchi: avviata con 100 milioni di euro, newcleo ne ha raccolti altri 300 nel 2022. A marzo ha lanciato un nuovo aumento di capitale da 1 miliardo. “Con i fondi iniziali, eravamo già l’azienda nucleare con più soldi in Europa. Con il primo aumento di capitale, siamo diventati la terza al mondo. Con il secondo, che contiamo di completare entro fine anno, possiamo essere la prima”.

Tra gli investitori ci sono Exor Seeds, Davide e Vittorio Malacalza, la famiglia Rovati, il Club degli Investitori, Liftt, l’ex Ubi Victor Massiah, la famiglia Drago (De Agostini), l’ex presidente di Cassa Depositi e Prestiti Claudio Costamagna, la dinastia svedese Lundin e la Novacapital di Paolo Merloni (Ariston). “Ho in mente un’azienda senza soci di riferimento, in cui tutti i dipendenti siano azionisti”, dice Buono. “Oggi abbiamo 650 investitori, di cui il 90% italiani. Il più grande è al 10%”.

Shopping di aziende

A giugno newcleo ha usato una parte dei fondi per comprare Srs e Fucina, aziende italiane di sistemi a piombo liquido per uso nucleare. Ad agosto ha speso 69 milioni per l’acquisizione di Rütschi, gruppo svizzero delle pompe nucleari. “Stiamo creando la catena di fornitura. Vogliamo mantenere sia i brevetti, sia la manifattura dei componenti chiave. Tutte le competenze devono rimanere a bordo”.

Nel frattempo la startup ha annunciato accordi con grandi gruppi italiani. Uno prevede di esplorare possibili collaborazioni con Enel. Un altro, con Fincantieri e Rina, è per studiare un mini-reattore da installare sulle navi. “L’obiettivo è diventare una multinazionale dell’energia elettrica da miliardi di fatturato, che ha il baricentro in Europa, ma guarda anche oltre”, afferma Buono. “Due anni fa c’erano 30 startup del nucleare ed erano quasi tutte americane. Oggi ce ne sono il doppio e crescono quelle europee. Noi, però, siamo gli unici a voler usare il Mox. Il mercato ha fame di energia pulita e sarà sempre più grande: il fabbisogno elettrico europeo triplicherà da qui al 2050”.

Contro il tabù atomico

Secondo un rapporto pubblicato nel 2022 dall’Agenzia internazionale per l’energia, il nucleare fornisce il 10% dell’elettricità globale e in un anno scongiura l’emissione di 1,5 miliardi di tonnellate di gas serra e l’uso di 180 miliardi di metri cubi di gas. Le economie avanzate dispongono del 70% della capacità mondiale, ma oggi investono poco: tra il 2017 e il 2022 sono iniziati i lavori per costruire 31 reattori; 27 erano russi o cinesi. L’agenzia riconosce che l’incidente di Fukushima del 2011 ha minato la fiducia nel nucleare e “ha evidenziato la necessità di un controllo normativo solido e indipendente”. Allo stesso tempo, aggiunge che mancati investimenti nel nucleare renderebbero “il raggiungimento delle zero emissioni nette nel 2050 più difficile e più costoso”.

Il nucleare, afferma Buono, “fa paura perché è ancora associato alle bombe. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, chi aveva il nucleare voleva che tutti lo temessero. C’è stata una stagione in cui si è pensato che l’energia atomica potesse far fiorire l’industria, ma quell’idea si scontrava con gli interessi delle lobby del petrolio. C’è sempre stata una spinta anti-nucleare”. Per abbattere il tabù, sostiene Buono, serve l’educazione. “Anni fa proposi all’Associazione europea di medicina nucleare di togliere la parola ‘nucleare’ dal nome della disciplina. Volevo ribattezzarla ‘medicina molecolare nucleare’, per poi far cadere ‘nucleare’. È ciò che è successo con la risonanza magnetica nucleare, che oggi si chiama solo risonanza. Dopo un po’, mi sono accorto che le persone non si preoccupavano più della parola. Sogno che la stessa cosa avvenga con l’energia”.

“Il nucleare tornerà in Italia”

Il processo, secondo Buono, è già avviato ed è portato avanti da ragazzi come Ia Aanstoot, la 18enne svedese che per tre anni ha partecipato ai Fridays for Future di Greta Thunberg e poche settimane fa ha chiesto a Greenpeace di abbandonare la sua posizione ‘antiquata e anti-scientifica’ sul nucleare. “I giovani hanno cercato dati e studiato gli incidenti del passato. Hanno capito che l’energia atomica è sostenibile e che sono stati ingannati”.

Buono è convinto che la nuova sensibilità riporterà il nucleare anche in Italia. “Non è uno scenario probabile. È uno scenario certo. Si tratta solo di capire quanto ci vorrà. È impossibile che l’umanità non usi l’energia atomica – oggi la fissione, domani la fusione, un giorno, forse, l’antimateria-. Abbiamo scoperto il fuoco e lo usiamo. Abbiamo scoperto la ruota e la usiamo. Per il nucleare sarà lo stesso”.

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