La crisi economica causata dalla pandemia e da una situazione geopolitica sempre più incerta ha messo a dura prova una buona parte della popolazione italiana. Un’ampia gamma di attività hanno chiuso e milioni di ore lavorative sono state pagate in sussidi salariali dalla previdenza sociale italiana. La spesa dell’Italia per le prestazioni sociali è una delle più elevate tra i paesi Ocse. Nel 2019 rappresentava il 28,2% del Pil del Paese, mentre la media Ocse era pari al 20%. A rivelarlo è l’ultima indagine di Statista, che racconta di un sistema di welfare italiano piuttosto forte, nonostante alcuni problemi, come i tempi di risposta alle emergenze, i tempi di attesa per i benefici o l’importo degli aiuti monetari.
Cresce il numero di pensionati
Il sistema di welfare del nostro Paese copre principalmente l’assistenza sanitaria, l’edilizia sociale, le indennità per l’occupazione, la disoccupazione e le pensioni, che costituiscono gran parte della spesa sociale. In Italia, dove l’aspettativa di vita è particolarmente alta e la popolazione giovane sta diminuendo, ci sono molti pensionati e quindi molte pensioni da pagare.
Nel 2019 si contavano 602 pensionati professionali ogni 1.000 dipendenti. Nello stesso anno, l’Italia ha speso il 16,8% del suo Pil per le pensioni, che normalmente coprono vecchiaia, infortuni sul lavoro, pensionamento, invalidità, malattia e pensioni simili.
La necessita di alloggi sociali per contrastare la povertà
Tra le misure che rafforzano lo stato sociale ci sono i benefici per i disoccupati, l’edilizia sociale e gli aiuti economici. Nel 2017, quasi l’1% del Pil italiano è stato speso per l’assistenza alla disoccupazione, la cui spesa comprende l’indennità di disoccupazione, che copre le indennità di licenziamento dai fondi pubblici e il pagamento delle pensioni prima dell’età pensionabile standard.
Per contrastare l’elevato tasso di disoccupazione nazionale, il Paese investe nel mercato del lavoro attraverso servizi pubblici per impiego, formazione, sussidi per l’assunzione, creazione di posti di lavoro e così via. Gli alti tassi di disoccupazione, il basso reddito e una parte della popolazione a rischio di povertà hanno portato alla necessità di alloggi sociali: nel 2018, il 3% del totale delle unità abitative era di edilizia sociale, con Napoli e Trieste ben al di sopra della media nazionale.
Ripensare il welfare dopo la pandemia
Nel 2019 è stato lanciato il Reddito di cittadinanza per provare a ridurre la povertà e la disoccupazione. Nel 2020, quasi 1,2 milioni di famiglie in Italia lo hanno percepito, mentre 135mila hanno ricevuto il reddito di pensionati. Tra aprile e agosto 2020 l’importo medio mensile per queste due forme di reddito è stato di 524 euro. La Campania è risultata la regione con la media mensile più alta, con il maggior numero di famiglie che hanno usufruito di questo servizio.
Tuttavia, i sussidi salariali coprono solo una percentuale dello stipendio. Nei primi sei mesi del 2020 sono aumentate le richieste di indennità di disoccupazione in Italia, in particolare durante la prima ondata di contagi da coronavirus e il relativo lockdown. Da marzo 2020, il governo italiano ha imposto il divieto di licenziamento dei dipendenti per motivi economici al fine di ridurre l’impatto della pandemia sul mercato del lavoro.
I nuclei familiari in gravi difficoltà economiche hanno ricevuto così ulteriori aiuti economici, pensati per l’impatto della pandemia sulle loro finanze. Altre risoluzioni attuate durante la pandemia sono state il congedo speciale dal lavoro per i genitori che devono prendersi cura dei propri figli a casa e il bonus baby-sitting per le coppie che lavorano.
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