Lifestyle

“Sulle passerelle interpreto l’eredità delle corse”. La moda secondo Rocco Iannone, direttore creativo di Ferrari

Quando era solo un ragazzino, Rocco Iannone sognava la moda ‘a distanza’. A Catanzaro, la città in cui nasce nel 1984, si avvicina al mondo delle passerelle sfogliando con avidità quelle stesse riviste dove, qualche anno più tardi, sarebbe stato intervistato dai magazine di tutto il mondo come direttore creativo di Ferrari (dopo esperienze per Dolce & Gabbana, Giorgio Armani e Pal Zileri).

Non un brand ‘qualunque’, che affonda le sue radici nella moda e basta, ma un marchio che per due anni consecutivi, il 2020 e il 2021, si è confermato il più forte al mondo e secondo la Brand Finance Global 500 2024, con una crescita del 43% ha raggiunto il valore di 10, 6 miliardi di dollari.

Dal 2019, Iannone è chiamato a guidarne il lato creativo dopo il debutto nel segmento dell’abbigliamento e degli accessori di lusso di Ferrari a giugno 2021, e proprio tra gli uffici del marchio trascorrerà due anni a studiarne l’heritage e l’identità.

Se Ferrari è infatti parte dell’immaginario collettivo, e dalla sua fondazione, nel 1939, è diventato sinonimo di eccellenza basata su valori quali performance, innovazione, estetica e artigianalità, portarne la stessa visione in passerella è stata per il creativo una sfida.

Nell’ultima collezione autunno-inverno 2024, andata in scena a febbraio durante la fashion week milanese, Iannone ha scelto quindi di raccontare il corpo attraverso un gioco di contrasti e riflessi, linee e materie. Predominano il nero e naturalmente il rosso, declinati attraverso tessuti archetipi del tailoring come la flanella e le lane pettinate. Accessori e borse, infine, ricordano il mondo della corsa con driving shoe sportive, guanti presi in prestito dal mondo racing, occhiali con filamenti in titanio sottili e dinamici, montature a mascherina rivestite in pelle.

Abbiamo chiesto al creativo di raccontare a Forbes come si evolverà l’anima di Ferrari nella moda.

Cosa ricordi dell’infanzia in Calabria? 

Mi sono avvicinato alla moda attraverso le riviste, che mi hanno dato la possibilità di costruirmi un immaginario e di imparare a leggere le proposte estetiche dei brand, classificandole da un punto di vista emotivo e avvicinandomi a quelle a me più affini.

Quando intorno ai 16 anni ho maturato l’idea di intraprendere un percorso formativo che mi avrebbe portato dopo il liceo a studiare moda, ho iniziato a coinvolgere i miei genitori in questa mia passione, convincendoli dell’importanza di questo settore e dell’indotto che era in grado di generare.

Per farlo compravo gli inserti economici dei quotidiani italiani, dove la moda era trattata anche da un punto di vista del business, non solo della creatività. Questo li ha convinti ad appoggiare il mio percorso di studi che nel tempo si è trasformato in un lavoro attraverso il quale ho potuto esprimere il mio universo creativo, e raccogliere delle soddisfazioni.

Cosa significa guidare un marchio con una storia così importante come Ferrari? 

Quando si parla di Ferrari ognuno ha un’idea ben precisa, un punto di vista, e persino un primo ricordo di quando si ha avuto a che fare con il brand. È un nome che tocca le masse su scala globale, e questo determina anche la sua unicità.

Un brand che per molti rimane un sogno, un desiderio irraggiungibile ma emotivamente magnetico, e sintetizzare tutto questo non è stato semplice e si è rivelato molto diverso rispetto al dover guidare la creatività di un marchio dotato di codici visivi consolidati nell’immaginario collettivo.

Ho studiato le nostre auto e ho capito che c’è un fil rouge comune. Ci sono linee, volumi, curve, somiglianze muscolari quasi anatomiche con cui ho giocato e che ho ampliato con i miei disegni: la tensione tra forma e funzione, innovazione e artigianalità.

La ricca eredità delle corse è un altro elemento che ho interpreto nelle passerelle, ma come un’evoluzione moderna quasi futuristica sia nell’aspetto – attraverso codici precisi come la tuta racing che è diventata il nostro Ferrari Suit, i guanti da corsa, trattati in pellami pregiati e gli occhiali avveniristici e voluttuosi, ispirati ai visori dei caschi – sia nella componente emotiva, garantendo sempre un senso di adrenalina, emozione e forza nei vari show.

In che modo Milano influenza la tua visione? Quali sono i tuoi posti del cuore in città?

Milano mi ha consentito sin da subito di formare il mio mindset coniugando amore per il design e approccio intelligente al business. Nessun’altra città è in grado di fondere cosi armoniosamente art and science.

Ci sono chiaramente dei luoghi che mi appartengono di più e che fanno parte della Milano romanica, dall’area monumentale di Sant’Ambrogio fino alle cinque vie dove sorgeva il Circo Romano, un’area che oggi ospita un mix affascinante da un punto di vista architettonico, dove è possibile imbattersi negli affreschi di San Maurizio Maggiore.

Un altro luogo importante, dove vado a passeggiare tutte le volte che ho bisogno della mia comfort zone è la sede dell’Università Statale, in via Festa Del Perdono. Lì esiste una magia che mi consola e mi abbraccia facendomi sentire a casa, e poi il Mudec, la Pinacoteca di Brera, la Fondazione Prada. L’elenco è lunghissimo.

Anima tecnologica e alta sartoria: come convive questo binomio in passerella? E cosa rimane del mondo auto nella moda?

Vengo da molti anni di esperienza sartoriale, amo l’architettura e l’attenzione precisa ai dettagli necessari per la perfetta vestibilità e la forma, che magari sono invisibili a occhio nudo ma che fanno la differenza nella silhouette.

L’artigianato è sempre in primo piano nei miei progetti, in particolare quello italiano, che sperimento con materiali innovativi come il nostro tessuto QCycle by Ferrari (marchio registrato) che nasce dal riciclo di pneumatici. Per l’autunno-inverno 24/25 abbiamo introdotto un nuovo tessuto che assorbe e riflette la luce con un effetto degradante dal rosso al nero. La scelta di utilizzarlo sulla nostra sezione più sartoriale e da sera della collezione riflette come l’alta sartorialità e la tecnologia vadano di pari passo.

Per quanto riguarda i riferimenti al mondo della corsa, con le quali ho molto su cui lavorare, guardo alle auto e alle emozioni che danno, la potenza, il desiderio, l’ossessione, la nostalgia che la Ferrari suscita in tante persone, e cerco di progettare giocando con la tensione tra queste emozioni.

Quali saranno i progetti futuri riguardanti la linea? 

Sono molto orgoglioso del percorso che stiamo facendo per costruire il guardaroba della donna Ferrari lavorando sulla loro forza e audacia, come la sua controparte maschile. Incontrare così tante donne proprietarie di auto e conoscere queste personalità forti e indipendenti che allo stesso tempo sono “ultra-fashion forward”, è stata una gioia e vederle vestire con la collezione è molto gratificante.

Le ultime due stagioni sono state molto curate, la palette e la silhouette sono tornate all’essenziale e questo guardaroba perfettamente bilanciato si adatta al cliente Ferrari. Inoltre, stiamo assistendo a un aumento delle richieste di look da red carpet e da sera, il che dimostra che i celebrity stylist osservano e apprezzano l’attenzione all’artigianato e alla sartoria combinati all’innovazione dei materiali.

    Ferrari fall-winter 2024
    Ferrari fall-winter 2024
    Ferrari fall-winter 2024
    Ferrari fall-winter 2024

Se non avessi fatto lo stilista avresti optato per il ruolo di scrittore o regista. In realtà, anche questi due lavori hanno in comune col primo la capacità di pianificare e immaginare…

Si, il racconto è sempre stato l’elemento portante del mio percorso creativo.

Ho sempre cercato di creare delle storie che potessero dare vita a un immaginario, e questo è un approccio molto simile alla regia e alla scrittura dove l’intento è raccontare emozioni attraverso un mix fatto di immagine, suono e parole nel caso del cinema o ancora più potente nel caso della scrittura dove le sole parole devono contribuire a lasciare messaggi forti e a stimolare l’immaginario di chi legge senza alcun supporto visivo.

Quanto è difficile oggi per un creativo confrontarsi col cliente, il mercato e le tendenze?

Una delle parti che preferisco del mio lavoro è l’incontro con i clienti: imparo tantissimo e mi diverto a incontrarli e ad avere conversazioni profonde.

In Ferrari abbiamo molti momenti di incontro con i nostri clienti, dai circuiti di F1 alle nostre cavalcades. Mi piace cercare di entrare nella loro testa per capire cosa fa scattare il bisogno di avere più di 20 Ferrari, cosa spinge questa ossessione, come si fa a soddisfarla? 

Tutti questi elementi mi affascinano e li inserisco nel mio processo progettuale, insieme alla curiosità di osservare come vivono, comunicano e cosa cercano nella moda.

Dopo la prima certificazione Equal-Salary nel 2020 a livello italiano, lo scorso anno Ferrari ha ricevuto la certificazione a livello globale. A che punto è la moda italiana in termini di parità di genere?

Credo che la moda abbia molto lavoro da fare nel riconoscere alle donne che vi lavorano la possibilità di raggiungere posizioni apicali e di potere. Tanto è cambiato negli ultimi anni ma tanto ancora c’è da fare nel concreto, non limitandosi a narrazioni effimere.

È un grande sentimento di orgoglio per me e per il mio team che Ferrari abbia ricevuto questo riconoscimento e questo certificato. Fa la differenza, e quando facciamo i colloqui molte candidate lo menzionano: è sicuramente un altro elemento che ci distingue nel mondo.

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