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Le sanzioni non fanno male agli oligarchi: la Russia non ha mai avuto così tanti miliardari

Il più ricco tra gli oligarchi russi è Vagit Alekperov, fondatore di Lukoil. Due anni fa si è dimesso dalla più grande compagnia petrolifera del paese dopo essere stato colpito da sanzioni britanniche. In quel periodo, secondo i calcoli di Forbes, il suo patrimonio era sceso da 24,9 a 10,5 miliardi di dollari. Oggi Alekperov non solo si è ripreso, ma è più ricco che mai: ancora proprietario del 30% circa di Lukoil, ha una fortuna personale di 28,6 miliardi di dollari.

Il caso di Alekperov non è isolato. Il secondo oligarca più ricco è Leonid Mikhelson, fondatore di Novatek, uno dei maggiori produttori mondiali di gas naturale. Il suo patrimonio ha seguito la stessa traiettoria: 24,9 miliardi di dollari nel 2021, 14 nel 2022, 21,6 nel 2023, 27,4 quest’anno. Lo stesso è successo al terzo in classifica, Vladimir Lisin, principale azionista del gigante dell’acciaio Nlmk Group.

In generale, secondo un’analisi di Giacomo Tognini pubblicata su Forbes.com, la Russia non ha mai avuto tanti miliardari come oggi: 120. Erano 117 nel 2021, 83 nel 2022, 105 un anno fa. Tra i 120, ce ne sono 55 sottoposti a sanzioni da almeno uno tra Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito. Di questi, 37 sono più ricchi di un anno fa e solo nove hanno perso soldi.

Gli oligarchi russi che fanno affari con l’esercito

Di certo la guerra in Ucraina e le sanzioni occidentali non hanno fatto male alla maggior parte dei russi più ricchi. Alcuni di loro hanno guadagnato direttamente dal conflitto. A luglio 2023 la testata investigativa Proekt scriveva che 81 imprenditori russi, tra cui 63 che compaiono nella classifica dei miliardari 2024, rifornivano l’apparato militare di Mosca. Tra l’occupazione della Crimea del 2014 e il 2023 avevano ottenuto contratti pubblici per 3 miliardi di dollari con l’industria della difesa.

La Severstal di Alexey Mordashov, la quarta persona più ricca della Russia, ha rifornito di metallo Kalashnikov Concern, uno dei principali produttori di armi del paese. La Normetimpex di Vladimir Potanin, il quinto della lista di Forbes, produce nichel che viene usato nella fabbricazione di aerei da combattimento. Mikhelson e Gennady Timchenko, sesto in classifica, sono tra gli azionisti di Sibur, una società petrolchimica che fornisce sostanze per produrre esplosivi.

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I benefici indiretti della guerra

Altri miliardari – almeno 11 secondo l’analisi di Tognini su Forbes.com – hanno tratto vantaggio dall’esodo di aziende occidentali dalla Russia cominciato nel 2022, dopo l’inizio della guerra. L’azienda di articoli sportivi Sportmaster, per esempio, ha colmato il vuoto lasciato sul mercato da marchi come Nike e Adidas e ha reso miliardari i fondatori, i fratelli Vladimir e Nikolay Fartushnyak, e il loro socio, Alexander Mikhalskiy.

Altri hanno approfittato di un decreto firmato da Putin nel dicembre 2022, che ha obbligato le aziende occidentali in uscita dalla Russia a vendere i loro asset nel paese a un prezzo scontato almeno del 50%. Forbes.com ha citato il caso di Ivan Tavrin, fondatore di Kismet Capital Group, una società che si occupa soprattutto di media. Kismet faceva parte del consorzio che nell’aprile 2023 ha comprato gli asset russi dell’azienda chimica tedesca Henkel per 660 milioni di dollari, circa la metà del valore di mercato. Tavrin è uno dei tre oligarchi sanzionati che quest’anno sono entrati per la prima volta nella classifica dei miliardari.

Come i miliardari russi aggirano le sanzioni

Non tutti i miliardari russi hanno rimediato del tutto al crollo del loro patrimonio seguito allo scoppio della guerra. I più colpiti sono stati coloro che avevano buona parte dei loro affari all’estero. È il caso di Roman Abramovich, che tra il 2021 e il 2022 ha visto la sua fortuna crollare da 14,5 a 6,9 miliardi di dollari. Da allora ha recuperato, ma non del tutto: oggi il suo patrimonio è di 9,7 miliardi.

Sarebbe andata peggio se non avesse trovato il modo di aggirare le sanzioni almeno in parte. Il 24 febbraio 2022, lo stesso giorno in cui la Russia iniziava l’invasione dell’Ucraina, Abramovich ha trasferito ai figli la quota di maggioranza di dieci fiduciarie offshore che, secondo documenti ottenuti lo scorso anno dall’Organized Crime and Corruption Reporting Project, possedevano asset per 4 miliardi di dollari. Nelle settimane seguenti ha spostato in Turchia, al riparo dalle sanzioni, i suoi yacht Eclipse (162 metri) e Solaris (139), ciascuno del valore di circa mezzo miliardo di dollari. Stratagemmi utilizzati anche da molti altri oligarchi.

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Le triangolazioni pericolose con l’Asia Centrale

Del resto anche molti paesi europei, secondo diversi analisti, aggirano le sanzioni tramite triangolazioni con altri paesi. In sostanza, venderebbero ad alleati della Russia, che poi farebbero arrivare le merci a Mosca. A febbraio l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) scriveva che l’export europeo verso la Russia si è più che dimezzato tra il 2021 e il 2023, ma quello verso nove ex repubbliche sovietiche – Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Kirghizistan, Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan – è aumentato quasi dell’80%.

In particolare, quello verso il Kirghizistan, un paese montuoso con meno di sette milioni di abitanti, è più che decuplicato dall’inizio della guerra: da 263 milioni di euro a quasi 3 miliardi. L’Italia è nella media: come ha scritto il 7 aprile Robin Brooks, ex capo economista dell’Institute of International Finance, tra il marzo 2022 e il dicembre 2023 ha aumentato del 1000% le vendite verso il Kirghizistan. La Germania, ha rilevato ancora Brooks sul Financial Times, ha aumentato l’export di auto verso il paese asiatico del 5000%.

Sempre l’Ispi ha sottolineato che l’export dei paesi dell’Ue verso la Russia è diminuito di 51 miliardi di euro tra il 2021 e il 2023, mentre quello verso le ex repubbliche sovietiche è aumentato di 16. Le triangolazioni compenserebbero quindi un terzo delle sanzioni.

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I numeri macroeconomici della Russia

L’andamento dei patrimoni degli oligarchi riflette, almeno in parte, quello dell’economia di Mosca. Dopo l’invasione dell’Ucraina, il Fondo monetario internazionale aveva previsto che il prodotto interno lordo russo sarebbe calato dell’8,5% nel 2022 e del 2,3% nel 2023. In realtà è sceso del 2,1% il primo anno ed è salito del 3% il secondo.

L’indice Moex Russia, che tiene conto delle prime 50 aziende quotate del paese, è crollato dopo l’inizio della guerra e ha raggiunto i livelli più bassi alla fine del settembre 2022. Da allora è risalito dell’85%.

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